Parliamo di Stefano De Stefano, parliamo di questo progetto di soli 4 inediti, parliamo di “In Dephts”. Parliamo sussurrando qualcosa senza che si corra il rischio di disturbare la razionalità. Parliamo muovendoci in punta di piedi per non disturbare la disposizione geometrica delle cose. An Early Bird torna con questo lavoro acustico, intimo, sospeso con questi scenari indie pop di stampo inglese, quasi deriva di proprie riflessioni come nel bellissimo video del singolo “Stick it out” realizzato con un unico piano sequenza. Ci piacciono davvero tutti questi ascolti che cercando di rispondere alla plastica digitale che impera oggi con un sussurrato lavoro di artigianato acustico. E senza voltare le spalle alle ricche soluzioni digitali… ma sono arrangiamenti, non sono colonne portanti.
La scena indie italiana è spesso contaminata di forme espressive che arrivano da lontano. Le tue da dove giungono? Io penso ai paesi nordici…
Penso che tutta la musica oggi possa beneficiare delle influenze provenienti da altre parti del mondo.
In realtà più che guardare ai paesi nordici, mi accorgo che sto prestando molta attenzione ai cantautori irlandesi e americani. Anche se lo spettro di suoni etereo che aleggia sulle mie canzoni potrebbe dire il contrario: in fondo sono uno che gira con la chitarra e l’armonica.
Dall’Italia invece che cosa hai preso?
Nulla. Più guardo quello per cui si entusiasma la gente e più mi sento emarginato e disorientato.

La copertina dell‘EP
Perché non lasciare nude queste canzoni che comunicano introspezione e solipsismo? Il risultato finale funziona bene ed è assai evocativo ma ti chiedo: una sola voce ed una chitarra o un pianoforte perché non ti sono bastati?
Credo che se hai la possibilità di arricchire il sound su disco e rendere maggiormente l’idea che ti si agita dentro allora lo devi fare. C’è sempre tempo per tornare alla forma basica delle canzoni e magari il live è un momento unico in cui emerge più la pancia che il cuore e la testa messi in fase di registrazione.
Oggi parliamo spesso di Ep o di singole release… ormai decade proprio il concetto di disco. Tu che ne pensi?
Appartengo alla vecchia scuola e continuerò a ragionare così credo. Sto andando in tour con questo ep ma la settimana scorsa ho chiuso le registrazioni del mio secondo disco. E sono 11 canzoni, pensa un po’.
E spulciando la tua carriera come si passa dal britpop a questo etereo modo di fare canzone d’autore?
Semplicemente cresci e trovi la cosa che ti veste meglio. Quando ti avvicini alla musica spesso lo fai perché qualcosa si folgora, ti smuove e ti dà un calcio che ti sveglia. E quando sei un adolescente è probabile che questa cosa la facciano le chitarre elettriche. Poi finita la sbornia inizi a orientarti nel mare magnum della musica, degli artisti e delle influenze: ed è in quel momento che inizi a capire cosa possa uscire di genuino dalla penna.
Hai tanto suonato all’estero… e dunque, anche ascoltando “In Depths” l’Italia sembra non essere il tuo posto ideale o sbaglio?
Non penso abbia senso dare una risposta: io sono un musicista e scrivo canzoni. Potenzialmente voglio andare ovunque e raccontare cose a chiunque. Italia come Germania fino all’Oceania. Il mio posto ideale è dove ti ascoltano.
A chiudere: questo Ep apre la pista ad un full length?
Si. Ma anche rispetto a questo ep, che segna uno stacco netto rispetto al primo album, il secondo lavoro sulla lunga distanza sarà ancora diverso.