Esordio assoluto per Anthony Valentino, chitarrista elettrico della scena rock e post-punk milanese. Si intitola “Walking on Tomorrow” quello che par esser finalmente il suo primo disco personale dopo anni di carriera come producer, direttore artistico e, ovviamente, musicista. Dunque l’ascolto di questo glorioso rock dalle forti tinte epiche e celebrative di un periodo davvero immenso della storia mondiale, quello che dagli anni ’70 fino ai tardi anni ’90 ha visto eretti a simboli sociali dai Deep Purple agli Aerosmith passando per tutte le derive possibili, prima e dopo. “Walking on Tomorrow” dunque suona rude e aggressivo, dai suoni decisi che si colorano di metal all’occorrenza, ricco di pathos ed energia cattedratica, solenne nei powerchord che, anche quando si adagia su soluzioni melodiche più romantiche – quando strizza cioè l’occhio al gusto pop – non nasconde quel ghigno dannato di rocker consumato. Un disco che ormai attinge alla storia in barba a tutti quelli che voglio morto e sepolto il grande suono del rock.
Dunque il rock non è morto. Da dove prende reale ispirazione questo disco?
In questo mio primo album solista ho voluto raccontare me stesso.
L’ispirazione è data dalle mie personali esperienze e dalla mia visione del mondo. Ad un certo punto della mia vita ho sentito il desiderio e l’urgenza di realizzare qualcosa che fosse soltanto mio, senza influenze esterne; in questo modo ho voluto nell’introspezione più totale scrivere e comporre, in modo autentico e senza limiti di genere o di temi, questo mio primo album solista.
Questo è infatti un disco che parla di me e nel quale convivono vari stati d’animo e varie atmosfere, si alternano amore, gioia, speranza, dolore, desiderio e paura, ma poi in realtà sono tante le sfumature che caratterizzano “Walking On Tomorrow” sia da un punto di vista sonoro che di temi trattati.
Dall’America di quale passato glorioso? O da qualche altro punto del tempo e dello spazio?
Sicuramente gli Stati Uniti d’America sono, per me, un punto di riferimento in termini sonori, poiché, pur essendo un compositore e chitarrista piuttosto vario a livello di generi musicali, se penso al Metal ed all’Hard Rock è senza dubbio lì che si forma il mio modo di scrivere, comporre ed intendere il Rock&Roll. Non ho mai badato troppo alla modernità sonora in termini di obiettivo quanto piuttosto alla naturalezza e spontaneità di composizione.
Vivendo quindi di questa urgenza sono andato ad esplorare quelle sonorità che sono sempre state dentro di me in modo forte, ovvero quel sound anni ottanta che ha fatto grande l’Hard Rock, seppur inserendo degli elementi più contemporanei. Di certo il mio modo di suonare Hard Rock è senza fronzoli, Marshall e Les Paul caratterizzano il cuore del mio suono e di “Walking On Tomorrow”.
Considero la musica senza tempo e, per quanto oggi il mondo del Rock&Roll abbia decisamente meno spazio da un punto di vista commerciale rispetto al passato, resta la linfa vitale di un’infinità di musicisti in tutto il mondo.
Un primo disco solista dopo anni di carriera “nei dischi degli altri”, come direbbe qualcuno. Perché questa scelta?
La collaborazione musicale è da sempre qualcosa che mi coinvolge appieno, poiché scrivere, comporre o più semplicemente suonare in progetti di altre band o artisti singoli è motivo di esplorazione; si ha la possibilità di esprimere le proprie emozioni congiuntamente a quelle di chi ti chiede una collaborazione. Questo per un musicista è sempre affascinante.
Tuttavia, qualche anno fa, dopo tanti anni all’interno di band, era diventato davvero importante per me raccontarmi in modo totale; sentivo che ero arrivato ad un giusto punto di maturità e che quello che avevo da esprimere poteva essere condiviso. Questo album per me è stato veramente un viaggio, un fluire di emozioni e la cosa più bella per un autore e compositore è quella di poter esprimere il proprio stato d’animo nella libertà più totale.
Qual è il mondo “chitarristico” a cui sei più debitore?
È un mondo vario, perché i miei ascolti sono sempre stati molti e diversi tra loro. Amo profondamente la scuola Hard Rock e Metal degli anni settanta, ottanta e novanta ma sono anche legatissimo al Rock&Roll degli anni cinquanta ed al Blues. Parte delle mie influenze provengono anche dal mondo Folk italiano e Spanish, quindi c’è molta varietà nella mia attitudine chitarristica.
“Walking On Tomorrow” è un album prevalentemente Hard Rock e Metal con sfumature Punk e Blues, quindi per quanto riguarda questo album, le grandi fonti di ispirazione chitarristiche arrivano dal mondo Rock. La stessa cosa vale da un punto di vista compositivo, sono veramente tante le mie influenze, anche se quando compongo non penso a nulla, semplicemente suono e mi faccio guidare dallo stato d’animo del momento.
Penso che in questo scenario della musica noi italiani abbiamo sempre rincorso il resto del mondo e in particolare l’America. Cosa ne pensi?
Sicuramente. Gli Stati Uniti d’America, così come l’Inghilterra, hanno rappresentato la nascita, il vero cuore pulsante, del Rock nel mondo. Le grandi band, i grandi locali e gli immensi palchi, che hanno reso il Rock così importante nel mondo, arrivano tutti da questi due grandi Paesi.
Per cultura musicale noi italiano siamo sempre andati in una differente direzione a livello Mainstream e questo succedeva già negli anni in cui il Rock&Roll dominava la scena musicale, nonché le classifiche.
Gli Stati Uniti poi sono stati un punto di nascita e svolta per molti altri generi, come il Rap e un certo tipo di Pop, che ha fatto la storia.
In Italia la percezione del Rock è sempre stata decisamente meno forte; ciò nonostante abbiamo avuto grandi band, che hanno fatto tanto per il Metal ma, probabilmente, paragonandolo alla grande presenza di musicisti e di band sul nostro territorio, è comunque poco rispetto a quanto il nostro Paese meriterebbe. È tutta una questione di cultura musicale, nel nostro Paese, i musicisti Rock esistono da sempre ma, la possibilità di suonare con continuità e su palchi importanti è decisamente inferiore rispetto allo spazio che viene concesso ad altri generi musicali.
Un video che però, a differenza del disco, hai voluto molto italiano, molto pop… non trovi? Perché?
Le atmosfere di “My Light Found In The Rain” sono decisamente più soft rispetto al resto dei brani presenti nel disco. Tratto il tema dell’amore e lo faccio con grande sensibilità, portando il messaggio che l’amore può vivere per sempre, anche se non può più essere vissuto concretamente; l’amore che vive nei ricordi, nel tempo, nei sogni, nella connessione, nell’empatia, è decisamente potente secondo me e, nel trattare un tema così emotivo e dolce, seppur anche triste se vogliamo, le sonorità e la composizione che sono emerse in modo spontaneo sono decisamente più morbide.
Così anche il videoclip, che racconta il ricordo di un amore passato ma ancora molto presente nel legame.