– di Assunta Urbano
foto di Ilaria Ieie-
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La più recente scommessa di Bomba Dischi risponde al nome di Ariete. Una nuova giovanissima artista si aggiunge nel ricco palinsesto dell’etichetta che vanta nella sua crew nomi come Calcutta, Franco 126, Giorgio Poi e moltissimi altri. Il tutto, però, aveva bisogno di tinte più rosa. Infatti, a fare compagnia a Mesa è arrivata per l’appunto Ariete.
Nata e cresciuta ad Anzio nel 2002, Arianna Del Ghiaccio ha preso in mano la chitarra a soli otto anni ed il pianoforte subito dopo. La scorsa estate ha pubblicato il suo primo inedito su Youtube, intitolato Quel Bar, superando in poco tempo le diecimila visite. A dicembre 2019, poi, il pubblico ha avuto la possibilità di ascoltare 01/12, il secondo singolo che segna un’ulteriore conferma delle potenzialità della cantautrice.
Il 15 maggio 2020, invece, è uscito l’EP d’esordio, Spazio, e tra i sei pezzi figurano Amianto e Riposa in Pace (quest’ultimo in collaborazione con Drast degli Psicologi).
Abbiamo intervistato Ariete per conoscere al meglio questa artista appena emersa nel panorama musicale italiano.
Sei una delle più giovani artiste della scena contemporanea. Che rapporto hai con la musica e per quale motivo hai deciso di intraprendere questa carriera?
Con la musica io ho un rapporto che va avanti da tanto tempo. È fin da quando ero piccola che me ne sono appassionata. Credo che sia una cosa in comune tra tutti gli artisti. Ho deciso di intraprendere questa carriera perché non riuscivo a vedermi altrove, volevo fare musica. Ho iniziato da piccolissima a scrivere canzoni, le prime con la pianola risalgono alle scuole medie. È stato tutto molto naturale e mi sentivo a mio agio nel farlo.
C’è stato qualche artista in particolare che ti ha ispirato?
Artisti “attuali” non molto. Più che altro mi sono sentita ispirata da cantautori del passato e forse questa caratteristica l’abbiamo in comune io e tanti altri ragazzi. Uno che sicuramente mi ha segnato è stato Francesco Guccini. Così come anche Pino Daniele o Fabrizio De André. Sono cresciuta con la loro musica, perché in macchina li ho sempre ritrovati, grazie a mio padre. Sono stati per me grande fonte d’ispirazione.
Sei stata anche molto fortunata in questo senso. Il 15 maggio è uscito il tuo EP d’esordio. Le sei canzoni di Spazio quando e come sono state scritte? Se prima del lockdown, i pezzi sono cambiati in questi mesi di reclusione rispetto a come erano nati?
Sono il tipo di persona che sforna continuamente canzoni. Se mi gira bene, faccio anche due pezzi in un giorno. Queste le ho scritte quasi tutte prima del lockdown. Tutte, tranne Pillole, che l’ho un po’ modificata in quel periodo, perché era incompleta. C’è Insicuri che è nata in una notte in piena quarantena. Il 27 marzo ho compiuto diciott’anni, avrei dovuto festeggiare con tutti i miei amici e invece è capitato quel che è capitato. Non ho potuto fare nulla, neanche vederli. Quei giorni lì mi sono chiusa in me stessa ed ho scritto questo pezzo che di tutto Spazio è forse il più… intimo. Parla proprio di me, dei miei amici, della mia vita qui nella mia città. Quindi, Insicuri è il brano del lockdown, l’unico nato e cresciuto in quarantena. Ho lasciato via libera al mio stato d’animo, soprattutto in quella settimana che dovevo godermi sicuramente in altro modo.
Prima mi parlavi di Anzio. La tua cittadina, presente come sottofondo in Spazio, un EP su di te e sul tuo personale percorso di vita. Raccontaci di questa tua necessità di “avere spazio”, un sentimento frequente soprattutto tra le persone che sono cresciute in una realtà di provincia.
Il concetto di spazio è davvero significativo, sia per come hai detto anche tu, che ne ho bisogno, ma anche perché nella città di provincia, tutti ti conoscono, sanno chi sei e cosa fai. Facendo musica le persone si sentono libere di esprimere un parere su di te. Il bisogno di “avere spazio” nasce, in primis, da questa vita che mi sta stretta. Così come il tipo di mentalità di paese in cui il tipo di obiettivi sono diversi, lontani dall’ambito puramente artistico. Mi sono sempre sentita con le spalle al muro per questo motivo, ho pensato che questa scelta potesse essere sbagliata. Ho pensato di dover preferire un “lavoro normale”. Per fortuna, con questo progetto un po’ di spazio si è aperto anche per me.
Ritornando alla musica, i brani riguardano il mondo di Ariete dai tredici anni in poi, quindi c’è un’eco all’adolescenza e non all’infanzia. E questo ci riporta a Solo te di cui ti cito: “essere giovani fa schifo/ e non poter decidere fa tanto male/ essere giovani non fa per me”. Che cosa significa questo e cosa, secondo te, essere giovani oggi?
Quella frase l’ho scritta perché effettivamente quando hai diciott’anni devi finire il liceo e vivi ancora sotto il tetto dei tuoi genitori, non puoi mai prendere decisioni a 360 gradi. A questo si riferisce “non poter decidere fa tanto male”. Per quanto io possa essere maggiorenne e indipendente con le mie cose, una parte di me deve sottostare a delle regole, come tutti i miei coetanei. Ovviamente non penso in generale che “essere giovani fa schifo”. Penso che essere giovani sia bello e significhi anche avere una marea di opportunità. Come dicono tutti, è un periodo della vita che non torna più. Poi, però ci sono tanti fattori, le relazioni non accettate dai genitori, i litigi frequenti, che mi hanno portato a scrivere Solo te.
Un’altra canzone di Spazio di cui vorrei parlare è Riposa in pace, che vede la collaborazione con Drast, degli Psicologi. Com’è stato realizzare questo brano con lui? E c’è qualcuno in particolare con cui ti piacerebbe lavorare in futuro?
Con Marco (De Cesaris, in arte Drast, ndr.) ho un rapporto di amicizia, da un po’ di tempo. Il lavoro su Riposa in pace è nato in modo tranquillo, genuino. Inizialmente è stato proprio Marco a scoprirmi su Spotify, casualmente, ed è stato lui a farmi firmare con i ragazzi di Bomba Dischi. Da quando mi ha scoperta, siamo entrati in contatto e il giorno dopo ci siamo visti in studio anche con Alessio (Aresu, in arte Lil Kaneki, ndr.). Abbiamo continuato a sentirci e lui mi ha proposto di scendere a Napoli per provare a fare qualche pezzo insieme. Ovviamente tutto prima del lockdown. Quindi, io l’ho raggiunto a Napoli ed è nato questo pezzo. L’abbiamo scritto insieme. In un primo momento non doveva uscire con lui. In realtà, all’epoca io avevo scritto solo la prima strofa e il ritornello. A lui era piaciuta, ma non pensavo finisse così. Mi ha ricontattato, con un file audio in cui mi faceva sentire la sua parte già registrata. È stato davvero super naturale come approccio.
In futuro poi mi piacerebbe molto collaborare con Franchino (Franco126 ndr) e anche con Madame sarebbe interessante.
Ci salutiamo con un’ultima domanda, continuando a parlare di futuro. Come ti vedi tra dieci anni?
Tra dieci anni è un po’ complesso perché è tanto tempo. Però, spero di poter vivere di questo, di quello che faccio, di musica. Spero di aver raggiunto i miei obiettivi, di essermi realizzata dal punto di vista sia musicale, che vitale. Sono due cose che si completano e si sente anche nella musica che fai.