– di Angelo Andrea Vegliante –
Su Walter Celi possiamo immediatamente desumere un concetto: finalmente c’è un nuovo polistrumentista serio in città. Non siamo di fronte a un artista che prova o gioca con gli strumenti così, a naso, per il gusto di farlo. Con lui, invece, c’è sempre una ricerca sperimentale (quasi spasmodica) dell’organigramma musicale più adatto. Il frutto che viene morso, di fatto, è saporito, un prodotto sempre ricco e incline a far percepire nuove dinamiche sonore all’ascoltatore. “Blend”, il nuovo album di Walter Celi, è l’esempio lampante.
In primis, ovviamente, concentriamoci sulle melodie. Gli 11 inediti di “Blend” oscillano tra malinconia ed energia pura, capaci di raccontare un percorso interiore lungo, virtuoso e dinamico da parte dell’artista. Attraverso la propria duttilità, Walter Celi dipinge un quadro abbastanza colorato e multiforme di alcuni concetti tipici dell’arte musicale, come l’amore, la famiglia, il sé e la ricerca del proprio posto del mondo.
Un quadro che, a nostro dire, potrebbe essere tranquillamente esposto in un museo. “Blend”, infatti, incarna i tipici tratti che rendono canonicamente identificabile l’album al proprio artista – sicuramente dal punto di vista del sound. Il vigore che affiora da quest’opera è frizzante, fresco, gioviale e piacevole all’ascolto. Si nota l’emersione di un complesso emotivo che ha bisogno di esplodere in un flusso di coscienza quasi senza freni, la cui onda è direzionata proprio dallo sforzo delle sonorità create.
Insomma, nel comparto musicale, Walter Celi si mostra quasi senza eguali. Abbiamo un’identità fissa, una sperimentazione non volta a improve il proprio modus operandi, ma a intensificare il messaggio da divulgare. Un messaggio che, tuttavia, a tratti, misura confusionario, forse preda proprio di quel flusso di coscienza di cui si accennava poc’anzi. C’è un dislivello tra le due formazioni, quella testuale e quella musicale, che un po’ stona con il valore complessivo dell’opera.

La copertina del disco
Attraverso la parola, Walter Celi prova a rappresentare questo dipinto sonoro grandioso, che però – inevitabilmente – resta uno sfondo in grado di dare maggiore forza alla componente musicale. L’esplorazione di sé, dei propri affetti, dei propri cari e del proprio mondo emerge grazie alla fulgida abnegazione verso l’accumulo (sensato) di ampie tonalità. I testi, purtroppo, lasciano spazio a una breccia di una sorta di non-identità, quasi a mostrare le debolezze di questa volenterosa ricerca della perfetta alchimia sonora.
Eccepibilmente, “Blend” è un album dai contorni liquidi e sereni, in grado di trasmettere un complesso senso di emozioni grazie solo al potere degli strumenti imbracciati. Nondimeno, mostra ancora alcune lacune identitarie identificabili nel comparto testuale. In linea generale, l’opera è ‘gayarda’, come dicono quelli di Roma, e ‘dall’ampio respiro europeo’, come dicono quelli bravi. Aggiungiamoci, però, che “Blend” può essere la pietra miliare per qualcosa di più grande.
Walter Celi mostra un potenziale enorme, misurabile con la figura di un diamante grezzo pronto solo a essere scoperto. Un po’ di rifiniture qua e là potrebbero consacrarlo ancora di più nella scena underground e, chi lo sa, renderlo protagonista di un nuovo filone filosofico sull’importanza di amalgamare sonorità emozionanti.