– di Roberta Staffieri –
Secondo la mitologia contenuta ne “Le metamorfosi”, le mènadi erano delle donne che, disinteressate al culto di Dioniso, vennero trasformate da quest’ultimo in esseri in preda all’euforia. Dioniso, Dio della forza vitale, da allora veniva accompagnato costantemente nei suoi viaggi e nelle sue attività quotidiane dalle sue ballerine estatiche e isteriche, le sue seguaci mitologiche, le mènadi, o anche conosciute come Baccanti. La danza è l’esternazione di questa forma infusa di vitalità, che, dall’essere una forma di espressione artistica, diventa simbolo della pazzia, della perdita del lume. La donna, da sempre associata alla vulnerabilità, in opposizione alla razionalità dell’uomo, è portatrice di questi effluvi che nelle ere hanno reso l’immagine femminile facile preda di violenze, scherni, immagine di stupidità e insensatezza, irrazionalità. La donna, a contatto con la nascita, si tramuta in un mostro, che volteggia, senza controllo, senza centrature. Ma è possibile provare ad unire un’immagine di libertà a una di creatività non lesiva per se stessi? È possibile pensare la libertà creativa unita a una consapevolezza profonda di sé che non alteri l’immagine maschile?
Da tempo queste domande, da tempo le questioni sul diverso attanagliano i nostri più profondi pensieri, molto spesso senza venirne a capo, una ricerca senza fine che non smette di alimentare le domande creative degli artisti. Casalayna, con il suo singolo “Balla Luna”, aggiunge un tassello a questo incastro incessante, ricerca su questa figura della donna espressione di interesse, mistero, desiderio; figurazione del tutto è il video, che mette in scena la danza di due ballerine in preda all’estasi, o, possiamo dirlo, semplicemente alla voglia di essere libere.
“Balla luna”: il testo presenta tante immagini molto vivide, risultando allo stesso tempo sospeso, che cosa racconti?
Racconto quanto hai brillantemente individuato nel tuo articolo. C’è tanta confusione ancora tra libertà e sregolatezza, e purtroppo si registrano tuttora situazioni aberranti come quello che abbiamo visto succedere in Iran, che erroneamente viene vissuto come lontano ma in realtà ci appartiene. Il sistema va sovvertito quando comprime i diritti fondamentali, al di là delle ragioni politiche e/o religiose, dovrebbe esserci uniformità di pensiero quando si parla di diritti umani.
Da dove nasce l’idea di parlare delle donne, in una società che sembra non trovare spunti esaustivi in merito?
In realtà di spunti ce ne sono e come, però probabilmente si limitano ad essere tali; se volgiamo anche il mio brano può essere considerato uno spunto, ma questo come tanti altri che emergono nella musica, nell’arte, anche in tanti movimenti, possono insieme essere punto di partenza, diffondersi, fino a diventare ideali da perseguire. L’idea quindi nasce da qui, dalla volontà di contribuire nel mio piccolo ad una battaglia ancora da combattere.
Il brano ha tante influenze, dal rock al folk, con una melodia incalzante che crea movimento ma ritorna sempre nello stesso punto, salendo però di dinamica e forza. Quali sono le tue influenze musicali e quali sono state quelle per “Balla Luna”?
La melodia incalzante vuole essere evocativa di quanto abbiamo detto fino ad ora e vuole dare forza a un concetto. Mi sono liberamente ispirato ad alcuni generi, per esempio alla taranta, la cui origine come noto ha a che fare proprio con la condizione femminile. Le mie influenze musicali sono tante, ho attinto dai generi più vari nella mia vita musicale e penso questo si evinca anche dal brano. Sono cresciuto con il Blues e il Rock, ma poi mi sono interessato a tanti altri generi, e ho cominciato a non dare più peso alle etichette ma semplicemente ad apprezzare la buona musica, quella che ha qualcosa da dire e che ti lascia qualcosa dentro.
Il video di “Balla Luna” si scioglie in due colori, il rosso e il nero, una vitalità che combatte contro l’annullamento, una creatività che sgomita per farsi è il tuo percorso?
Penso sia un po’ il percorso di ogni artista, alle volte bisogna destrutturarsi per ricostruirsi, e per poter affrontare certi temi credo occorra toccare il fondo per capire come ci si sente e come ritornare a galla. Parlo figurativamente certo, ma penso che sia un passaggio obbligato per l’espressione e per evitare discorsi patinati che non rispecchiano un vissuto e non raccontano storie.
Il cantastorie, anche ascoltando le ultime tue uscite, sembra il mondo che ti rappresenta di più. Ma non Dove ti vedi tra un paio di anni?
L’immagine del cantastorie mi piace molto ma è difficile dirti dove sarò o cosa farò fra due anni. Sicuramente starò ancora raccontando storie, ma chissà dove!