Parliamo del grande Stefano “CISCO” Bellotti che torna con un bellissimo nuovo disco disponibile anche in vinile 33 giri. Si intitola “Indiani & Cowboy” e questa volta il nostro folk singer di stampo irlandese è volato fino in Texas, precisamente ad Austin dove ha trovato l’ispirazione giusta per raccontare la società che l’uomo civilizzato si trova ad aver creato. Con la magistrale produzione di Rick del Castillo, Cisco canta di barriere e di emarginazione, canta di società decadente nella cultura e nella bellezza, canta dell’erba cattiva come di quelle anime ancora rivoluzionarie e vive dentro che non ci stanno all’omologazione. Canta la figura dello sceriffo e del baffone, del padrone e dell’amministratore, canta di Don Gallo e lo fa pensando al rock americano più che alle sviolinate irlandesi. Una “nuova” cifra stilistica, un video ufficiale a cui forse avremmo chiesto di più e una nuova occasione per “ammirare” da vicino la splendida voce di Cisco. E non prendiamocela se ci si rivede in quella massa di gente che lui vede irrimediabilmente triste.
Nuovo disco. L’America questa volta… l’Irlanda del folk dov’è finita? Domanda scenica che vuol parlare di scrittura e di produzione…
Sì è un nuovo disco che guarda più verso ovest e l’America, verso quell’immaginario americano di frontiera dove le culture si mescolano, dove non sai bene in che punto finisce il Messico e iniziano gli Stati Uniti e viceversa. Dove l’America è fatta da messicani e il Messico da americani. E’ un territorio molto interessante, multiculturale, molto stimolante e quell’America lì ha un sacco di storie da raccontare e suoni da cui attingere. Questo non toglie, però, che l’Irlanda del folk non sia sparita, anzi. L’ho suonata per anni e decenni e magari adesso non si sente in questo disco, ma la lezione irlandese è sempre qui con me, nel mio lavoro e nella scrittura dei miei brani, Perché io ho imparato a far musica in quel modo lì, guardando alla condivisione della musica che hanno gli irlandesi e non è una cosa che posso perdere. Semplicemente a un certo punto della carriera e della vita si inizia a toccare altre parti del mondo in cui capiti per assaporare altri gusti e altre sensazioni, ma vi garantisco che quella parte lì del mio mondo di riferimento irlandese non verrà mai a mancare.
Secondo te oggi l’America rappresenta ancora una terra promessa?
Personalmente non l’ho mai vista come una terra promessa, non sta nella mia cultura. È un luogo che dà tanti stimoli per i contrasti che vive e ciò che rappresenta, nel bene e nel male. È una terra molto affascinante, ma non l’ho mai vissuta come un posto dalle grandi opportunità, piuttosto dalle grandi differenze, dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, con forti stimoli culturali al suo interno e personalità interessanti. Anche dentro questa grande America però, a me interessano soprattutto i posti di frontiera di cui raccontavo prima.
Parli di tanti temi sociali. Mi colpisce come racconti dei luoghi che ormai non ci appartengono più. A te personalmente cosa pensi non appartenga più?
Non lo so, io canto quello che sento e mi rappresenta, quello che mi stimola.
Come ti sei trovato a “sperimentare” altri linguaggi anche grazie a Rick del Castillo?
Sono sempre stato uno molto aperto alle collaborazioni, soprattutto a livello musicale. Perché io mi reputo un principiante della musica, per cui quando incontri dei musicisti del calibro di Rick non puoi fare altro che rimanere a bocca aperta e metterti a disposizione della sua arte e della sua musica. Rick ha raccolto delle canzoni che abbiamo scritto in Italia e le ha fatte fiorire, rendendole uniche e particolari ed ha rappresentato il valore aggiunto di questo disco. È abituato a lavorare ad altissimi livelli e ha avuto un approccio molto professionale anche con il nostro disco, si è buttato a capofitto nel progetto e ci ha regalato delle chicche di cui sono molto fiero.
E che momento “sociale” è questo per CISCO? Un momento di rivoluzione o di resa? Non penso che tu sia tipo da resilienza…
È un periodo interessante, perché quando ci sono grandi mutamenti e cambiamenti ci sono anche tanti stimoli. Io rimango ancorato ancora alle mie basi, ai miei valori che credo non possano scadere come uno yogurt o un latte. Quando parli di valori universali, come quello della convivenza civile, stai parlando di qualcosa che non passa mai di moda. Guardo con interesse quello che succede a livello sociale e politico in Italia, non mi fascio più la testa come succedeva in passato, non penso tutto bene o tutto male, penso sia più interessante vedere come le persone si muovono, quello che fanno, a condizione che poi queste persone si prendano la responsabilità presente e futura delle loro azioni. Perché mi sembra che oggigiorno, in generale, poche persone abbiano voglia di prendersi responsabilità.