È disponibile da venerdì 30 maggio 2025 per Piuma Dischi, il nuovo EP di Desìo, cantautore classe 2003 – cresciuto in una famiglia amante della musica, si è avvicinato presto al pianoforte e alla batteria, sviluppando una passione che lo ha portato a intraprendere la carriera musicale.
“Via”, questo il titolo disco, è un nuovo è importante capitolo di un viaggio interiore, un percorso che attraversa sette canzoni nate in un grande momento buio. Un giorno tutto sembra andare per il meglio, e quello dopo, improvvisamente, crolla ogni certezza. Paure, ansie e dubbi diventano compagni di viaggio inevitabili. Come si supera un periodo del genere? Non esiste una risposta semplice, ma una possibilità è mettersi in movimento: viaggiare, cambiare prospettiva, liberare la mente da tutto ciò che la opprime. “Via” è proprio questo: la ricerca di un’uscita, di una strada nuova, anche quando sembra impossibile trovarla.
La provincia di Varese, un nuovo inizio, e un disco che vi consigliamo davvero di ascoltare quest’estate. Ecco cosa ci ha raccontato!
Crescere nella provincia di Varese e poi vivere Milano: che cosa hai portato con te e cosa hai dovuto lasciarti alle spalle?
La provincia offre sicuramente meno occasioni, soprattutto nel mondo musicale, ma ha un grande pregio: è molto più autentica e radicata nelle sue tradizioni. C’è una calma che la rende un luogo ideale per stringere legami sinceri, senza il rumore e la frenesia della grande città. Io, per fortuna, non vivo a Milano, e anche se la frequento quasi giorno per l’università, non potrei mai viverci davvero. Il caos che attraversa ogni strada mi stanca, anche se apprezzo il fatto di avere tutto a portata di mano, una comodità che in provincia, come a Varese, spesso manca.
Milano è veloce, affollata, piena di stimoli. La provincia, invece, spesso ti costringe ad ascoltarti. In quale di questi due mondi nasce meglio la tua scrittura?
In provincia riesco a riflettere di più, proprio perché ci sono meno distrazioni. Ho tempo per ascoltarmi, per osservare meglio ciò che mi circonda e anche ciò che ho dentro. Spesso scrivo durante i viaggi in treno, al ritorno da Milano verso casa, durante i quali mi lascio ispirare dal paesaggio fuori dal finestrino, dalle luci, dalle ombre e da quei frammenti di vita che scorrono veloci.
C’è un rischio di omologazione vivendo a Milano, anche nella scena indipendente? Come fai a mantenere viva la voce “laterale” che ti arriva dalla provincia?
Milano è una città piena di talento, ma proprio per questo il rischio è l’eccesso: troppi artisti, troppi progetti e poche vere occasioni per emergere. E quando troppe persone fanno le stesse cose, inevitabilmente si finisce per assomigliarsi un po’ tutti. Però c’è anche un lato positivo, ossia che a Milano esistono spazi, locali, momenti per suonare e creare musica insieme, cosa che in provincia è molto più rara.
Che ruolo ha avuto la noia, quella tipica dei pomeriggi vuoti in provincia, nel tuo diventare desìo? È ancora una risorsa o è qualcosa che ora ti spaventa?
La noia, per fortuna, non ha mai avuto un ruolo importante nella mia vita. Riesco sempre a riempire le giornate fra lavoro, studio e momenti per me. Spesso, anzi, mi manca proprio il tempo per annoiarmi, ma vivo immerso in mille cose diverse, e questa dinamicità mi piace.
Pensi che un progetto come il tuo avrebbe potuto prendere forma restando solo a Varese, o Milano è stata una tappa necessaria per legittimarti?
Gli stimoli di Milano sono stati fondamentali per la mia crescita, sia artistica che personale. Se fossi rimasto solo a Varese, forse la mia scrittura sarebbe stata diversa, magari più semplice e legata a esperienze più quotidiane. La provincia insegna a rimanere con i piedi per terra, mentre la città ti insegna a sognare in grande, ad alzare lo sguardo. Milano ti fa credere che tutto sia possibile, se davvero lo vuoi.
Se “Via” fosse un paesaggio, somiglierebbe più a una strada tra i campi lombardi o a un marciapiede trafficato sotto i palazzi di Porta Venezia?
Mi riconosco di più nel secondo contesto, perché ho sempre associato la mia musica a paesaggi urbani piuttosto che a quelli provinciali. Se dovessi pensare ad un’immagine che rappresenti il mio mondo musicale, vedrei una città trafficata, con semafori e rumori, tutto quel caos organizzato che pulsa vita.