– di Vincenzo Gentile.
Foto di Laura Majolino –
In viaggio verso casa, Sarah si concede a qualche riflessione sul suo album“Prima che gli assassini”, scritto a quattro mani con Simona Angioni e in collaborazione con Kole Laca (Il Teatro degli Orrori, 2Pigeons) e Manuele Fusaroli (The Zen Circus, Nada, Andrea Mirò).
Perché questo titolo?
E’ la prima cosa che abbiamo definito io e Simona Angioni, sentivamo entrambi l’ingerenza dei pensieri assassini, pensieri che sminuiscono, giudicanti, che ti abbattono e ti limitano.
A chi è rivolto questo messaggio?
Si rivolge all’essere umano nella sua piccolezza. Siamo in un mondo che tende a dividere, tendono tutti a prendere una posizione sempre più netta. Ma quello che conta secondo me è che siamo tutti umani, con le nostre paure.
Come crei i tuoi brani?
La base per me è la parola, che ha un suono ben preciso quando la scrivo. Nutro un’attenzione maggiore all’aspetto melodico. In questo disco abbiamo dato un impronta molto massiccia. Abbiamo cercato di potare un po’ l’elettronica, per rendere il suono più pulito. Ognuno spesso è impegnato a difendere il proprio mondo musicale, ma in questo disco ci siamo messi tutti in gioco e ognuno ha portato un contributo per creare qualcosa di nuovo.
Lo definiresti un album “cupo”?
Il disco è oscuro, nei timbri è molto dark, la scrittura sicuramente non è conciliante.
Però è un disco di respiro perché contiene al suo interno la speranza, un nuovo slancio, un motore.
Riesci a trasmettere facilmente il tuo messaggio ai concerti?
Dal vivo è una grande soddisfazione, una sorta di rituale per me. La risposta del pubblico è partecipata. Malgrado non sia un disco di intrattenimento, la dimensione del live è quella che mi sta appagando di più.
In questo periodo ci sono molti album che parlano di paura. Coincidenze?
Il prodotto artistico è lo specchio delle tensioni che abitano un’epoca. In questo momento storico siamo lontani da qualsiasi scopo ideologico, il nemico esiste ma è invisibile. Lo spaesamento e l’inquietudine per forza sono presenti. Però credo che siano sentimenti che poi portano speranza.
Cioè?
Tutti noi, quando siamo inquieti o preoccupati, non stiamo bene. Viviamo un malessere.
Quindi maturiamo la voglia, la speranza, di migliorare la nostra condizione. Qualcosa vive, pulsa, il tuo corpo ti segnala che qualcosa non va.
Cos’è che non sopporti?
Il fatto di dover spiegare tutto in maniera logica, toglie spazio all’immaginazione.
A proposito di immaginazione: a fine telefonata mi sono immaginato Sarah in viaggio con il suo disco “a palla”, giustamente soddisfatta per un lavoro ben fatto ma soprattutto autentico.