In occasione dell’uscita del primo disco “Erdring”, abbiamo fatto due chiacchiere con i LUFTIG, trio siciliano composto da Simona Di Gregorio (voce, organetto, chitarra, kalimba, marranzano, tamburi a cornice), Giovanni Arena (contrabbasso), Riccardo Gerbino (tablǡ).
Il progetto propone l’arduo (e a mio giudizio ardito) compito di conciliare tradizione e innovazione, unendo suoni e melodie in un nuovo concetto di musica.
La curiosità mi ha spinto a fare alcune domande, leggendo forse ne viene qualcuna in mente anche a voi.
Il vostro percorso esce fuori dai classici schemi musicali: questo nel tempo si è rivelato uno stimolo o ancora cercate una quadratura perfetta?
Giovanni: Credo che la quadratura perfetta non rientri affatto nei nostri intenti. Poi in musica è forse un’operazione di scarso interesse, se non addirittura futile. Sarebbe come voler tracciare un confine e sancire qual è la musica assoluta o il genere perfetto e quale non lo è. Il fatto che la nostra musica esca, come tu dici, fuori dagli schemi, non è lo stimolo o la motivazione che sta alla base del nostro percorso musicale; bensì, al contrario, per noi è stimolante tutto ciò che musicalmente può darci l’opportunità di ricreare un equilibrio, tra i tanti possibili, che per forza di cose sarà sempre un po’ in bilico, in quanto utilizziamo elementi e strumenti musicali che hanno tradizioni e approcci disparatamente differenti, e talvolta persino inconciliabili. Ecco, forse questo stare sempre in bilico dà quel risultato che tu definisci fuori dai classici schemi musicali.
Come nasce il progetto LUFTIG? qual è stata l’idea, l’incontro, l’episodio che ha dato il via a questo viaggio?
Riccardo: Quello di Luftig è un viaggio nato da un viaggio! Andavamo a suonare, e con Giovanni è nata l’idea di dar vita ad un nuovo progetto musicale nato dalla voglia di aprire un nuovo “spazio” nel quale far confluire da una parte le esperienze precedenti, e dall’altra nuove possibilità espressive non ancora messe in atto. Abbiamo pensato di coinvolgere Simona, Giovanni aveva già collaborato con lei un paio di volte (l’ultima durante le registrazioni delle musiche di “Acqua fuori dal ring”, il secondo film del regista Joel Stangle, per il quale Simona aveva composto le musiche), che ci è sembrata la persona adatta.
Tradizione vs innovazione due correnti di pensiero a prima vista antitetiche, credete che con la vostra arte siate riusciti a trovare il giusto equilibrio?
Giovanni: Sì, infatti, a prima vista sembrerebbero due correnti di pensiero antitetiche. Penso che la questione però sia più complessa, e che la contraddizione fra tradizione e innovazione abbia radici lontane nel tempo e in diversi luoghi, e difficilmente sarà possibile riassumerla in un pensiero che può essere descritto in maniera precisa. Esistono alcune culture musicali in cui il problema dell’innovazione non si pone, perché non si pone neanche il problema della musica come arte; mentre in altre, come ad esempio nella cultura nostra occidentale, le avanguardie di volta in volta si fanno carico di riconoscere esaurite le possibilità espressive dei linguaggi e delle modalità precedenti del fare musica, e nei casi più estremi fino a tagliare completamente i ponti con il passato e quindi anche con la tradizione. Trovare il giusto equilibrio tra questi estremi o nel senso di questa importante contraddizione, significherebbe che forse il complesso e misterioso mondo dell’espressione musicale è giunto al capolinea, quindi si scende tutti!
Nel vostro album sono presenti 10 tracce scritte in diverse lingue non avete il timore che sul territorio nazionale possa essere uno svantaggio?
Simona: Più che svantaggio per noi, e per chi fruisce, è una ricchezza !!! la musica è un linguaggio anch’esso, con tutte le sue sfumature, e al di là del significato letterale del testo domina la percezione sensoriale ed emozionale attraverso cui ogni persona, coinvolta all’ascolto, può elaborare qualcosa di personale. Questo è il motivo per cui abbiamo scelto di non inserire, nel libretto del disco, le traduzioni dei testi.
Spesso si parla della Sicilia, in maniera superficiale, come di una regione priva di opportunità la vostra formazione si è svolta principalmente a “casa” o siete stati costretti a trovare soluzioni alternative per studiare e vivere di musica?
Simona: La Sicilia, in verità, di opportunità ne ha avute e offerte, e ne ha tuttora, tantissime; il problema è che chi gestisce il management del lavoro artistico favorisce l’amico, il parente, ecc., e non elargisce le stesse opportunità a tutti gli altri. Come buona siciliana, la capacità di arrangiare e inventarsi qualcosa non manca …per quanto riguarda la mia storia, anche in relazione alla crescita di mio figlio, la didattica da una parte e lo stage dall’altra hanno contribuito al sostegno della mia formazione.
Prima della 49Records qual è stato il vostro rapporto con il mondo della musica cosiddetta emergente o indipendente?
Riccardo: Nel percorso dei Luftig, a dire il vero, non c’è stato alcun rapporto con il mondo della musica cosiddetta emergente o indipendente, semplicemente perché siamo stati molto fortunati ad incontrare immediatamente, al primo tentativo fatto, il favore di Emmanuel Maccarrone (deus ex machina della 49Records) che ha accettato di produrre il disco dopo aver visto il video di “Voar”, il nostro primo brano originale, girato e diretto da Joel Stangle, e ascoltato un altro paio di brani.
Gestire le vostre sonorità in 3 sul palco durante un concerto dal vivo immagino sia molto impegnativo malgrado la vostra preparazione ed esperienza avete mai pensato di ampliare la vostra formazione? anche solo per i live?
Giovanni: Sul palco cerchiamo sempre di gestire al meglio le sonorità e l’equilibrio tra i nostri strumenti e la voce: siamo in tre e quindi ciascuno di noi ha il compito di sostenere i propri suoni e il proprio ruolo. Questo ovviamente se vi sono mezzi tecnici e personale adeguati, perché è sempre una questione di collaborazione e talvolta anche di compromessi, specialmente sui palchi grandi dove può essere impegnativo se mancano queste condizioni: se anche uno solo di noi non ha una buona percezione della qualità del suono del proprio strumento, difficilmente si riesce a imprimere il giusto rilievo espressivo alle piccole sfumature di cui spesso sono fatti i nostri brani. Abbiamo anche suonato totalmente in “acustico”, in piccole sale da concerto dove non è stato necessario amplificare gli strumenti ed è anche quella una dimensione che ci piace molto. L’esperienza di certo può aiutare a gestire quelle situazioni in cui talvolta non si ricreano le condizioni ottimali, e pertanto anziché essere in tre ci si ritrova da soli sul palco, ma nonostante ciò non abbiamo mai pensato finora di ampliare la formazione di Luftig.
Il vostro album è appena uscito, ma avete già in mente qualcosa per il futuro? magari qualche collaborazione?
Riccardo: Sì, “Erdring” è appena uscito, e contiamo di portarlo in giro tanto, in concerto e nei festival. Ma in effetti ogni album ha una gestazione che richiede tempo, per cui, contemporaneamente, stiamo già lavorando ai nuovi brani che comporranno il prossimo disco. Sul fronte delle collaborazioni ci piacerebbe continuare ad approfondire da una parte quelle già avviate nel primo album, con il poeta tunisino Moncef Ghachem e lo scrittore catanese Sal Costa, dall’altra ci piacerebbe collaborare ancora con Joel Stangle, stavolta magari per un suo lavoro! Inoltre abbiamo in cantiere, insieme a Giovanni Moschella, l’idea di uno spettacolo teatrale tratto da “Ventimila leghe sotto i mari” di Jules Verne.
Vincenzo Gentile