– di Martina Rossato –
Nel nuovo disco, in uscita il 10 ottobre per Undamento/Warner Music Italy, Frah Quintale racconta la malinconia dolce del cambiamento, il coraggio di rischiare e la serenità che nasce quando impari ad ascoltarti davvero.
L’amor proprio va in controtendenza, in un tempo dominato dalla FOMO e dalla convinzione che tutto ciò che valga la pena vivere si trovi fuori da noi.
Quante volte abbiamo calpestato l’amore per noi stessi per inseguire qualcuno che forse non sapeva nemmeno che volto avesse il nostro cuore? Troppe.
Anche Frah Quintale si è stancato di queste situazioni e ha deciso di affrontarle nel suo nuovo disco, Amor Proprio, in uscita il 10 ottobre. È un lavoro che parla di malinconia e consapevolezza: dello stare bene alla fine dell’estate, quando il cielo si fa più arancione e le giornate cominciano ad accorciarsi.
Ho sempre associato le stagioni ai colori, e l’autunno mi è sempre sembrato il più sincero: non finge nulla, accetta il cambiamento. Frah sembra pensarla allo stesso modo: «Faccio sempre questo gioco di associazioni tra colori e immagini quando lavoro ai pezzi», racconta.
«Per questo disco, A prescindere, La notte e Chiodi hanno definito il mood. Questi pezzi per me sono la fine di una giornata che sfuma verso la notte. Amor Proprio è proprio questo: il passaggio dal giorno al buio, un momento di calma e consapevolezza. C’è un filo conduttore cromatico in tutto il disco: direi arancio, tramonto, crepuscolo».
Questo disco, però, non è solo una questione di colori. È anche un viaggio dentro se stessi, un modo per accettare la vulnerabilità e il rischio:
«Con te mi va di rischiare
Punto tutto su un colore
Siamo cinema d’autore
Noi due su un’auto veloce
In fuga da tutto il male»
Un frame che sembra uscito da un film, e che conferma la natura fortemente cinematografica del suo immaginario: «Sì», risponde, «ho sempre avuto un punto di vista molto visivo e cinematografico: lavoro per dettagli, momenti, colori. Per me Amor Proprio è quel punto in cui la luce si abbassa e tutto diventa più intimo, più vero».
Lo incontro in un giorno di sole d’inizio ottobre: tra un impegno e l’altro riesco a ritagliarmi un angolo di giornata per uno degli artisti che più ha influenzato la musica italiana dell’ultimo decennio. Mentre mi accomodo su una sedia gialla, di fronte a lui, mi rendo conto che siamo cresciuti insieme – apparteniamo a due generazioni diverse, ma in fondo le nostre generazioni sono cambiate di pari passo.
Io, come molti coetanei, ho ascoltato Frah mentre diventavo grande. Lui, intanto, cambiava linguaggio, stile, modo di raccontarsi, per avvicinarsi sempre di più a se stesso.
Amor Proprio è anche questo: la fotografia di un’evoluzione condivisa, di un modo diverso di sentirsi e capirsi. Non è un caso che il disco esca a inizio ottobre, quando il sole non è ancora freddo ma le foglie hanno già preso il colore dell’autunno. È un lavoro che profuma di passaggio e di introspezione: «In questo disco il momento del silenzio diventa anche un luogo, un tempo in cui riuscire a ragionare su se stessi e ad ascoltarsi», dice Frah.
Mentre parla, la sua voce è più pacata di quanto mi aspettassi. C’è qualcosa di domestico nel suo modo di raccontarsi, come se ogni parola fosse detta per farti stare comodo. Mi rendo conto solo avendolo di fronte che l’amor proprio di cui parla è anche la capacità di far sentire gli altri a casa propria.
Gli chiedo cosa significhi per lui “casa”, quando nel disco canta: «Pensavo fossi casa, invece non è cosa». Sorride, e risponde con semplicità: «Per me casa è un posto dove puoi toglierti le scarpe e rilassarti. Sono le persone di cui ti fidi, o un luogo dove ti senti a tuo agio, dove non hai paura di mostrarti per quello che sei. Può essere anche qualcosa di non fisico. Per me, ad esempio, il mio studio è casa: scrivere, dipingere, chiudermi nel mio mondo e riflettere su me stesso – quella è la mia casa».
La casa è da sempre un simbolo di sicurezza e amore, ma oggi quei valori sembrano un po’ sfumare. Francesco lo sa bene: «Secondo me oggi abbiamo un po’ i valori sballati. Siamo continuamente bombardati da distrazioni di ogni tipo, e quindi l’amor proprio diventa un momento di ricerca personale, di cura di sé. È un modo per prendersi i propri spazi, capire cosa si vuole e cosa non si vuole – parlo di persone, atteggiamenti, luoghi».
Parlando con lui è subito chiaro che non c’è niente di costruito. Frah è rimasto genuino, con quello sguardo disarmante che attraversa anche i suoi testi. Parla del dolore e della fatica con una calma che spiazza, come se certe ferite avessero trovato finalmente un posto dove stare: «Oggi forse c’è più consapevolezza sul tema della sofferenza e della salute mentale», dice, «ma a volte mancano i mezzi per affrontare certi problemi. Le generazioni più giovani sono abituate ad avere tutto subito, mentre noi forse avevamo più pazienza, più voglia di andare a fondo nelle cose».
Su cosa l’abbia aiutato nei momenti più difficili, non ha esitazioni: «La musica, in primis. La scrittura, il coltivare dei progetti, avere delle ambizioni. Sono cose che mi hanno fatto restare in piedi, che mi hanno impedito di perdermi. Ho visto tanti amici che invece non avevano un gancio, qualcosa che li tenesse, e qualcuno si è perso. Io ho capito che la musica mi ha salvato».
In Amor Proprio torna spesso l’immagine della cassetta degli attrezzi, una metafora della sua crescita personale e creativa. Non è un dettaglio casuale: è proprio lei a finire sulla copertina del disco, raffigurata in un quadro che Frah stesso ha dipinto. Un modo per ricordare che, alla fine, tutto nasce dalle proprie mani.
Tra gli strumenti di quella cassetta, però, ce n’è uno che più di tutti l’ha aiutato: la determinazione.
«Sì, la determinazione», racconta. «E anche la capacità di guardare il lavoro dall’alto, di staccarmi per vedere il quadro generale. Prima lavoravo pezzo per pezzo, in modo istintivo; stavolta ho imparato a prendermi tempo, a guardare tutto insieme. È come quando dipingi e ti allontani per vedere l’opera nel suo insieme».
Sorride, poi aggiunge: «La produzione è durata quattro anni. Mi sono preso i miei tempi, ho vissuto altre esperienze nel frattempo, e questo ha fatto maturare le canzoni».
C’è spazio anche per un po’ di nostalgia — ma mai troppa. «Il periodo che più ha determinato chi sono oggi è il liceo, l’ho vissuto con spensieratezza, in un posto bellissimo: un liceo artistico dentro un palazzo decorato con affreschi. Quello rimane un ricordo puro. Ma costruirsi un futuro migliore per se stessi è la chiave, chi vive troppo nel passato rischia di restare fermo».
Eppure la nostalgia, in questo disco, non pesa. Si trasforma in consapevolezza, in una forma di coraggio gentile.
In uno dei versi canta:
«Io per paura di restare nel dubbio
Ho deciso che alla fine è meglio giocarsi tutto»
E quando si racconta, capisci che non è solo una frase: è un modo di stare al mondo. «La vita è bella anche perché è imprevedibile», dice. «Se fosse tutto prevedibile, vivremmo in una zona di comfort che alla lunga stanca. Penso che sapersi ascoltare e aprirsi ti faccia riconoscere le cose che devono accadere. Magari poi va male, ma se sento una cosa e la visualizzo, so che posso andarmela a prendere – e questo già, in parte, è farla succedere».
Quando l’intervista finisce fuori dalle grandi vetrate che ci separano da Milano la luce ha preso quella sfumatura arancione che Frah continua a nominare, come se fosse un personaggio del disco.
E penso che Amor Proprio non sia solo un album, ma un piccolo esercizio di equilibrio: un invito a fermarsi, respirare e imparare a volersi bene — anche quando sembra la cosa più difficile del mondo.








