L’idea è presto detta: un rimettere in piedi il suono e quello storico disco e poi qualche nuova scrittura con un organico nuovo di zecca. Tornano in scena Gli Avvolti ed esce in vinile e sul loro canale Bandcamp la riedizione di quello storico disco titolato “Il nostro è solo un mondo beat”. Sono passati 40 anni e “il manico” non è per niente deforme, anzi: il beat sembra sfoggiare tutte le carte per tornare a vivere nuove primavere.
La formazione del gruppo ha subito vari cambiamenti nel corso degli anni. E qui la centralità di Moreno Spirogi in che modo ha cementato una certa continuità e coerenza?
Più che la mia centralità la continuità viene dal progetto stesso, da un percorso iniziato con certi principi musicali e sviluppato nel tempo con varianti portate proprio da elementi che si sono alternati nel gruppo, ognuno ha sempre portato con se un qualcosa che ci ha permesso nel tempo di esplorare, seppur rimanendo sempre legati a certe sonorità.
Oppure è stata una rivoluzione anche in questo senso?
Come dicevo prima, inevitabilmente quando cambi uno o più elementi, gli stessi portano, oltre ad una rinomata freschezza e volontà di ripartenza, un tocco personale, quel tassello che ti permette di ridisegnare il progetto con una nuova forma senza mai dimenticare da dove si è partiti.
“Il nostro è solo un mondo beat”, sembra una dichiarazione d’identità. Un mondo beat che oggi ha ancora la forza di dialogare con le nuove realtà?
Quando è uscito il disco eravamo giovani e, per chi arrivava dalla mia generazione, l’identità e il senso di appartenenza erano davvero forti, adesso i tempi sono cambiati, vedo ragazzi che hanno ancora voglia di appassionarsi ma sono ogni giorno distratti e hanno troppe informazioni con la conseguenza di perdere il gusto della scoperta che è stata proprio la nostra forza e delle generazioni antecedenti alla nostra. Noi continuiamo a metterci la passione per chi ha voglia di stare con noi.
Nel 2009 Gli Avvoltoi hanno celebrato il loro venticinquennale con un album tributo che ha coinvolto esponenti importanti della scena musicale italiana. Cosa dice questo della loro eredità culturale e del modo in cui sono percepiti dai colleghi?
Diciamo che molti artisti che hanno fatto parte di quel progetto sono cresciuti parallelamente a noi, magari con progetti diversi ma in fin dei conti abbiamo calpestato spesso lo stesso suolo, con alcuni siamo cresciuti insieme. Nel 2015 abbiamo tenuto un po’ la stessa formula però questa volta dal vivo, celebrando il trentennale con tanti ospiti/amici. A fine anno ci riproveremo ma questa volta sono 40!
In un’epoca digitale, la scelta di ristampare l’album in vinile assume un significato particolare oltre che manifesto di tanta qualità e appartenenza storica. Cosa rappresenta oggi il vinile per una band come Gli Avvoltoi e per il loro pubblico?
In realtà il grande ritorno del vinile ha creato molti adepti anche fra i giovani. Quando abbiamo iniziamo il vinile era l’unico supporto (musicassetta a parte), tanto che il termine usato per identificarlo era semplicemente Il Disco, oggi con l’avvento di nuove tecnologie la definizione è diventata vinile.
Il nostro pubblico predilige il vinile, forse come dici tu per appartenenza storica, per il calore e per l’oggetto stesso e non posso che essere d’accordo.