Il MuMo Festival si conferma appuntamento imperdibile: ecco com’è andata
di Sara Fabrizi
A chi mi chiedesse come è andata questa terza edizione del MuMo Festival risponderei partendo dall’atmosfera del tramonto prima e del crepuscolo poi che ha avvolto la location, o venue che dir si voglia, dell’evento.
La torre quadrata al cui cospetto si erano tenute le 2 edizioni precedenti ha camminato un po’ fino a scendere a via Valle all’altezza della terrazza panoramica del borgo di Monte San Giovanni Campano (FR). E questo spostamento è stato una scommessa, vinta. L’aria solenne del Castello è stata ben rimpiazzata dalla splendida veduta e dal brusio, insolito, che si è creato alle porte del paese che per una sera è stato teatro di musica indipendente e dell’impegno di chi ci ha messo il cuore per rendere l’evento possibile.

È saltato subito all’occhio che le scelte sottese alla realizzazione del festival sono state nette, improntate ad un’ottica più spartana e finalizzata alla Musica che è davvero ciò che conta e crea essa stessa contorno di convivialità, socializzazione, bellezza.
Quindi spazio a 4 band tutte del territorio, di diversi generi, tra indie, hip hop, cantautorato (da quello più classico a quello più moderno e contaminato con l’elettronica), alternative rock e grunge. E con un dj set eclettico, sempre ciociaro, ad aprire e chiudere la serata.
Risorse del territorio, troppo spesso scarse o inesistenti, mentalità provinciale che ha qui purtroppo delle sacche di resistenza e che vorrebbe smorzare l’entusiasmo di chi la musica la vuole vivere in grande, non hanno potuto nulla contro la tenacia di un ristretto gruppo di persone, amici, che ci hanno creduto fino in fondo trovando delle vie e delle opportunità dove sembravano non starci.
Quindi si è partiti dal cantautorato vivace di RiLi che ha dosato sapientemente suono acustico, elettronica, campionatori e persino armonica a bocca (sua cifra distintiva) per poi passare alla freschezza anagrafica e sonora del collettivo Saz, poi è stata la volta del cantautore Diego Nardozi con la sua support band che ha proposto un pop leggero e frizzante ma con una vena di profondità e malinconia, fino alla chiusura con i Bleach che hanno decisamente fatto salire le temperature con il loro rock di ispirazione grunge.
E mentre il pubblico saltava sotto il palco la musica ha continuato a fluire con il dj set che ha accompagnato la serata fino a chiusura. Sul tardi ancora un po’ di gente a godere del panorama, della frescura, delle vibrazioni positive di cui almeno per una sera ha riecheggiato un luogo solitamente non avvezzo a tanta armonia.








