I Karma in Auge sono un gruppo nato al sud Italia, precisamente in Puglia, nella città di Taranto. Il loro lavoro si concentra molto sull’analisi dell’attualità ma soprattutto sulla critica dei mass media e più in generale della società occidentale. Emblematici sono infatti i loro due lavori principali: l’album “Rituali d’uso e consumo” e il loro ultimo EP “Socialnoia”.
ExitWell ha avuto l’occasione di intervistare il cantante e chitarrista della band Salvatore Piccione, che ci ha raccontato qualcosa sul gruppo.
Karma in Auge. Cosa vi ha spinto a chiamarvi in questo modo?
La giovinezza! È probabile che inconsciamente cercassi un nome che ricordasse quello degli Alice in Chains, una delle band che più ascoltavo in quel periodo. Agli altri è piaciuto sin da subito, perciò la scelta è ricaduta su quel nome. Si tratta di un augurio: portare il proprio karma sul punto più alto della vita.
Parliamo di “Socialnoia”, vostro EP uscito lo scorso settembre. Ci avete detto che “Socialnoia è una sensazione che nasce dall’uso compulsivo dei social network”. Vogliamo approfondire questo discorso? Come secondo voi avete tradotto questa sensazione in musica?
L’idea era di raccontare i nostri tempi partendo da un tema che riguardasse un po’ tutti: quello dei Social Network. Siamo infatti al giorno d’oggi bombardati di informazioni (per la maggior parte futili) che spesso e volentieri creano una grande confusione. Abbiamo scelto di affrontare il tema da un punto di vista fortemente critico: i Social Network, secondo noi, ci stanno portando verso un mondo di rapporti e idee superficiali, se non proprio usa-e-getta.
Il vostro modo di fare musica come secondo voi è cambiato rispetto all’ultimo lavoro “Rituali ad uso e consumo”?
Nell’Ep “Socialnoia” c’è più velocità ed è tutto molto più d’impatto rispetto a “Rituali ad uso e consumo”. C’era un’urgenza comunicativa che ci ha spinti a comporre quei quattro brani con quell’idea di fondo.
Le canzoni di “Socialnoia” sembrano ricalcare continuamente i concetti ripetendoli a più riprese. Secondo voi è così?
Diciamo che c’è un filo conduttore che lega i 4 brani, che però si presentano con caratteristiche espressive molto differenti tra loro. “Music for McLuhan”, ad esempio, è un brano strumentale, una novità assoluta per noi, una sperimentazione elettronica che ci ha permesso di esplorare altri orizzonti sonori.
Qual è invece il vostro genere che caratterizza tutti i vostri lavori? Credete che oggi si possa ancora parlare di genere?
Parlare di genere può servire all’ascoltatore ad orientarsi tra le migliaia di proposte che si ritrova in rete. Per quanto ci riguarda, ci viene difficile ormai identificarci in un genere perché crediamo nell’evoluzione artistica della band. Perciò, diciamo pure che la cartella principale è il rock e i diversi brani possono trovarsi in varie sottocartelle!
Programmi e progetti futuri?
Il nostro progetto sta vivendo una fase di passaggio perché adesso vivo a Torino, mentre la base è rimasta a Taranto, dove tutto è nato e dove tuttora vivono gli altri due componenti della band, Mimmo (batterista) e Giovanni (bassista). Non è facile, vista la distanza, ma ci prenderemo tutto il tempo necessario per comporre nuovi brani e registrare un album di qualità.
In ogni caso, ci sono delle novità e una di queste riguarda la collaborazione con Anna Maria Stasi, cantante delle CFF, un progetto pugliese di alto profilo. Stavamo lavorando ad un brano (ma non possiamo dirvi quale, essendo legato ad un progetto più ampio) e abbiamo pensato che lei potesse impreziosirlo con la sua bellissima voce. Così è stato e non vediamo l’ora di farvelo ascoltare!
Intervista di Eleonora Vasques