– di Giacomo Daneluzzo –
Classe 1982, Jaboni (all’anagrafe Simone Iaboni) è un cantautore e architetto. Originario di Frosinone, a vent’anni si trasferisce a Roma, dove studia architettura e frequenta l’Accademia Scarlatti. Partecipa a diversi concorsi musicali, tra cui il Tour Music Fest del 2017, occasione in cui frequenta il Music Camp del CET di Mogol. Nel 2018 entra nel coro All Over Gospel Choir, con cui si esibisce in vari teatri e palcoscenici di Roma; parallelamente entra anche nel coro di voci a cappella Le Mani Avanti diretto dal Maestro Gabriele D’Angelo, con cui partecipa a diverse manifestazioni canore tra cui il Vokal Fest. “Love Comes Back to Me” è il suo primo singolo da solista, prodotto da Giorgio Lorito per GIL Produzioni. Gli ho fatto qualche domanda sul suo percorso artistico e umano e sul suo nuovo singolo, un brano che parla di un amore a distanza, capace di tornare indietro a chi lo dona.
Ciao Jaboni, come va?
Bene, sto cercando di conciliare un bel po’ di cose, più che altro la musica con il mio lavoro, visto che sono anche architetto.
Volevo parlarne di questa cosa, nell’intervista. Sei cantautore e architetto: come coesistono questi aspetti, ci sono dei punti di tangenza o sono aree separate?
Esatto, volevo parlarti proprio di questo; sei cantautore e architetto: come coesistono questi aspetti? Ci sono dei punti di tangenza tra i due?
Sono due sorelle: la musica e l’architettura partono entrambe da un processo creativo, anche se completamente diverso. L’architettura ha più regole, ci sono alcuni ambiti un po’ rognosi, mentre la musica vive più di passione e d’istinto. Farle coesistere non è sempre facile, anche perché l’architettura è una professione che richiede moltissimo tempo e io voglio dedicare la maggior parte del tempo alla musica. A volte sono due mostri che si scontrano.
Ho sempre voluto fare musica, ma da bravo ragazzo ho scelto anche un percorso che mi permettesse di vivere a Roma da solo e ho studiato architettura. Sono nato e cresciuto a Frosinone e nell’adolescenza ho iniziato un ascolto quotidiano folle. Erano gli anni ’90, gli anni dei R.E.M. e dei Nirvana, e io sono stato folgorato dalla musica. Ho iniziato a studiare chitarra e percussioni – in seguito a Roma ho scoperto la passione per il canto e per la scrittura, ho preso lezioni e ho partecipato a manifestazioni e concorsi. Al primo anno di università mi sono trasferito a Roma da solo per studiare. È stato un anno pazzesco e Roma mi ha dato molte possibilità.
La musica ha sempre fatto parte della tua vita, quindi, ma solo ora esce il tuo singolo d’esordio. Quando hai deciso di creare un tuo progetto solista?
Ho iniziato a scrivere canzoni a vent’anni, forse anche prima. Non sapevo che potessero essere canzoni ma scrivevo. Poi ho iniziato a creare melodie e a registrarle sul telefono, ovunque, anche se ero in metropolitana, per poi, a casa, provare a riportarle e a scriverle con la chitarra; però lo facevo per hobby, non ci credevo. L’occasione è arrivata quando ho partecipato al Tour Music Fest nel 2017: ho partecipato al Music Camp presso il CET di Mogol, un’esperienza pazzesca. Lì ho conosciuto molte persone che hanno influito molto, uno su tutti Giorgio Lorito, produttore di GIL Produzioni, nonché uno dei coach. Ha ascoltato la mia voce e le mie idee e mi ha fatto capire che potevo fare qualcosa. Prima di “Love Comes Back to Me” le uniche altre mie pubblicazioni erano quelle dei due cori di cui faccio parte, con cui abbiamo pubblicato un po’ di cose.
Come ti stai trovando nella dimensione dell’artista solista?
Mi sto trovando benissimo, mi dà un’emozione pazzesca. Tra l’altro sto avendo un riscontro molto positivo, sia da amici che da persone che conosco, che è la cosa più bella; il singolo sta avendo ottime recensioni e questa cosa mi dà molto piacere.
È un brano molto internazionale per musica e testo, in cui si sentono molte influenze. Quali sono i tuoi principali riferimenti?
I miei riferimenti sono sicuramente artisti internazionali, spesso nordeuropei. Gli artisti che ascolto maggiormente sono semrpe alla ricerca di nuove sonorità. Non ho generi di riferimento né artisti “alti”. Tra i più importanti per me ci sono James Blake, Bon Iver, Lykke Li, Sigur Rós, BANKS… In Italia mi piacciono i Coma_Cose e Cosmo. M’interessa tutto questo mondo “nuovo”, la parte un po’ più sperimentale della musica contemporanea. Nel brano abbiamo cercato di proporre questo: abbiamo utilizzato alcuni synth che restituiscono delle atmosfere anni ’80 insieme ad alcuni effetti, come il Vocoder, che invece creano un’aria più fresca.
Non avevo dubbi su Bon Iver!
Il testo di “Love Comes Back to Me” parla di una relazione a distanza. È autobiografico? In che modo l’amore “torna indietro”?
Tutti i miei testi si riferiscono al mio vissuto. Ho vissuto la storia di cui parlo in “Love Comes Back to Me” con la difficoltà della distanza, della lontananza, e il messagio vuol essere quello di rendere le difficoltà punti di forza: la distanza, per esempio, rende l’amore più vivo, più passionale a ogni incontro. Ognuno arricchisce l’altro della propria esperienza. Il messaggio è di lasciarsi andare, nell’amore, perché l’amore ci illumina, ci salva e ci viene restituito. Ci torna indietro.
Ho letto che scrivi anche in italiano; ci dobbiamo aspettare nuovi brani in italiano o proseguirai su questa linea, per ora?
Adesso stiamo completando il progetto discografico di cui “Love Comes Back to Me” fa parte, in inglese e con sonorità pop elettroniche, che spero di pubblicare entro quest’anno. Per il momento manterrò l’inglese, cercando di mantenere uno stile coerente. Poi si vedrà.