– di Danièl Bidussa –
Dopo tutto questo tempo. È facile capire perché possa piacere già al primo ascolto. È perché fa venire voglia di sentire le tracce successive senza skippare, prendendosi il tempo che detta l’artista nonostante la voglia di sentire il resto il prima possibile. Ascoltandolo mi sono ritrovato a segnarmi a parte, come facevo quando ero bambino, prima che tutto potesse essere salvato con uno screenshot, i brani che mi sarei voluto riascoltare terminato l’ascolto.
Dà l’idea di un romanzo completo, ma non finito, in cui sarebbe facile aggiungere altri spunti, nuove immagini di pensieri quotidiani sulle sfide che ci pone la vita: forse per questo, è la mia impressione, l’ultima traccia non ha testo. Sessanta secondi di noi, un minuto senza parole in cui si potrebbe, nella testa dell’ascoltatore, riassumere i brani precedenti o pensare a come portare avanti questo progetto.
A conti fatti non manca nulla, perché in queste canzoni il cantante non è mai solo, ogni traccia parla di, e con, una collettività, mettendo senza sconti né peli sulla lingua l’individuo al centro, in mezzo alla gente, o perlomeno con un’altra persona: un ex, un bambino, gli amici o conoscenti casuali. Fin dalla prima traccia, già il titolo ce lo indica: Il sesso tra ex. Per poi andare avanti, senza cinismo, ma con ruvida ironia su come si gestiscono gli imprevisti, le emozioni degli altri e le proprie. La Municipàl parla di sé. Racconta di esperienze vere e realmente vissute, ma con contorni abbastanza sfumati da poterli facilmente universalizzare perché parlino di chi ascolta.
Fra le varie tracce, forse quella che mi pare riassuma in se stessa al meglio l’intero album è la numero cinque, Giacomo. Il ritornello in particolare, che per stile può ricordare alcune storie di De Gregori, da milanese mi ha commosso.
Da quando è nato Giacomo
Milano non mi fa più schifo
Da quando è morto il rock’n’roll
Io non mi sento più cattivo
Da quando sento che c’è un’altra
Parte di me che non conosco