Eccolo un canto leggero, di legno e di carta, dal sapore che ha l’aria arsa di quelle estati torride nel silenzio di un piccolo borgo che piano piano resta da solo. “Sapesati” è un singolo che raccoglie in se la preghiera e la speranza ma anche un romantica quanto “violenta” fotografia dell’abbandono. Torna Luca Di Mertino e lo fa con il potere cantautorale della suggestione, delle parole e delle immagini, che sembrano sempre fatte come in antichità, di pietre, di piccoli borghi ormai disabitati… in rete il video ufficiale girato per le strade di Racalmuto in provincia di Agrigento. Un nuovo disco a Giugno. Intanto ecco il primo estratto, in siciliano ovviamente…
Il fenomeno dell’abbandono dei piccoli borghi è una sconfitta per la nostra cultura. Pensi si possa in qualche modo arrestare?
Si, credo rappresenti una sconfitta per la nostra cultura. In realtà è sempre stato così, il popolo siciliano è stato da sempre un popolo con una forte storia migratoria. Molti siciliani hanno lasciato l’isola per cercare lavoro e nuove opportunità, sia in Italia che all’estero, per molteplici ragioni; negli ultimi anni, si è visto un nuovo fenomeno emigratorio, con molti giovani siciliani che si trasferiscono all’estero per studi, lavoro o per realizzare progetti di vita. L’emigrazione ha un impatto significativo sulla demografia siciliana, con una perdita significativa di popolazione e un invecchiamento della popolazione residua. Generazioni di persone “spaesate”, sempre più disorientate, pronte a remare contro il proprio destino. Nella canzone ho voluto usare una frase provocatoria: “Semu varchi luntani du mari, fommu ricchi ma ni scurdammu a turnari ”. Una continua corsa verso la ricerca della “propria strada “, che porta con sé l’emigrare dalle proprie radici, dai propri affetti, un allontanarsi dalla propria identità che rischia di estinguere secoli di storia e tradizioni, compromettendo l’esistenza stessa futura di “un paese”. Oggi forse il fenomeno dell’abbandono in parte si potrebbe arrestare, grazie allo smart working ad esempio o grazie a varie alternative offerte dalla tecnologia.
E questa canzone che ruolo pensi possa giocare in merito?
Questa canzone penso abbia un ruolo importante; potrebbe essere un potente veicolo per scuotere le coscienze, per rafforzare il senso di appartenenza, di identità di un popolo e di un paese. Credo che questo sia uno dei compiti che oggi gli è rimasto alla canzone d’autore, in mezzo al caos di uscite discografiche mainstream.
Il dialetto è come un paese… anche questo dobbiamo preservare. Cosa ne pensi?
Si, sicuramente l’accostamento è corretto. Il dialetto indubbiamente va preservato, è ricchezza, è identità, è quel paese sconosciuto che mantiene intatto il suo fascino. Come recitano alcuni versa della poesia di Buttita: “Un populo diventa poviru e servu quannu ci arrubbano a lingua addutata di patri: è persu pi sempri”.
Il disco parlerà il dialetto?
Si, il disco contiene dieci tracce cantate interamente in dialetto. Non è stata una preferenza, ma una scelta istintiva, necessaria, una forma naturale e sincera per comunicare in un modo più diretto e familiare con il pubblico.
E a tuo figlio cosa tramanderai?
Un paese o una città? Mi piacerebbe tramandare un paese, farlo crescere in un ambiente di pace e tranquillità, dove il senso di comunità è più forte, e il rapporto è più diretto con la natura, dove i ritmi della vita sono più lenti e sinceri. Per la frenesia e il caos della città avrà sempre tempo.
https://open.spotify.com/intl-it/track/58AH76IndjDZd1rpWSKVi3?si=8d7c144169d84b07