– di Assunta Urbano –
Si parla d’amore da sempre, dall’inizio della storia dell’uomo sulla Terra. Non sarebbe di certo necessaria una macchina del tempo per scoprirlo.
“L’amor che move il sole e le altre stelle” è uno dei temi di cui abbiamo parlato con Matteo Costanzo, collegandoci al suo ultimo singolo Eterno, pubblicato il 15 gennaio dall’etichetta T-Recs Music e distribuito da Pirames International. Ma facciamo un passo indietro.
Il compositore, cantante e produttore nasce a Roma nel 1992 ed inizia a muovere i primi passi sul palco nel 2013 come opening act di Syria.
La strada è tutta in salita. Nel 2016 inizia a collaborare con Wrongonyou, per il brano Killer, che vince il disco d’oro. Tra i tanti altri artisti con cui lavora, figura anche Ultimo, con cui, insieme a Prod by Enemies, ha contribuito alla realizzazione dei dischi Pianetie Peter Pan. At least but not last, il romano ha lavorato al pezzo Vai bene così insieme a Leo Gassmann, con cui quest’ultimo lo scorso anno si è classificato primo nella competizione sanremese, nella sezione “Nuove Proposte”.
Il pubblico, tra l’altro, aveva già visto Gassmann e Costanzo scendere in campo insieme, precisamente nel 2018, nella dodicesima edizione di X Factor Italia.
Con queste numerose esperienze nel bagaglio personale, è arrivato il momento di partire e Matteo Costanzo inizia questo nuovo viaggio pubblicando Vita, PreghieraedEterno, che insieme ad altri brani saranno poi inseriti in un album.
Venerdì 15 gennaio è uscito il tuo singolo più recente, Eterno. Parliamo di questa canzone.
Eterno è un brano che banalmente parla d’amore. È una riflessione sul tipo di amore, bello e sereno, che mi coinvolge in questo momento. Vedo che tante persone vivono le relazioni in maniera negativa, mentre io ho scoperto finalmente che c’è un’alternativa. Un sentimento in cui la mancanza non è fonte di ansia, quanto piuttosto un piacevole mancarsi. Volevo che questo mio stato d’animo e questa mia leggerezza fossero riproposti in una canzone, per alleggerire anche gli ascoltatori. La musica, alla fine, serve a quello.
Come suono, il termine Eterno riporta ad un immaginario universale. E questa caratteristica la avvicina anche al tuo pezzo precedente Vita. Prima di tutto, raccontaci anche del singolo pubblicato a novembre. Poi, mi piacerebbe sapere che ruolo pensi abbiano le parole nella tua vita.
Effettivamente uso sempre nei testi questi vocaboli che hanno un peso enorme. Nello specifico Eterno nasceva da una riflessione, dall’importanza che diamo alle cose che viviamo, in particolar modo nelle relazioni. E questa parola è stata scelta perché le relazioni stesse non sono eterne. Cito gli dèi, perché ultimamente sto leggendo l’Iliade, perché mi piace proprio come racconto. Ogni tanto faccio questi viaggi nel passato, adoro l’epica e la mitologia. Riguardando il film Troy, ho iniziato a realizzare che gli dèi ci invidiano la mortalità. Essere immortali significa non trovare le stesse passioni intense degli esseri umani. Il fatto che le cose abbiano un inizio ed una fine dà loro importanza. E così è nata la canzone.
Riguardo alle parole, invece, è uno studio che sto facendo nel tempo, perché io mi esprimo con la musica in realtà. Cerco sempre anche testualmente di restituire la stessa emotività che mi danno le note. Nel caso di Eterno, lo scopo è quello di comunicare leggerezza. Vita, invece, è letteralmente un inno alla vita.
Un aspetto che ha accomunato entrambe le canzoni è stata la loro pubblicazione su YouTube soltanto nella versione live. Quale motivo ti ha portato a questa scelta? Che differenza c’è, secondo te, tra una registrazione in studio ed una live?
La scelta è stata dettata dal fatto che volevo mostrare ciò che faccio. Invece di farmi vedere mentre canto in playback, come si fa solitamente nei video, mi sono detto di adottare questa soluzione. Oggi esiste il social della musica ed è Spotify, che è il corrispettivo della MTV di anni fa. A distanza di tempo, però, fare un video musicale non ha lo stesso valore di prima. Ho pensato, dunque, che cercandomi su YouTube, deve essere subito evidente il mio lavoro, senza fare finta di farlo. C’è un dettaglio che mi piace molto del mio approccio alla musica: ogni volta che affronto una canzone, la stessa cresce, si evolve e subisce dei cambiamenti. Questo, secondo me, è molto interessante. La differenza principale tra lo studio ed il live è innanzitutto il momento, cioè la situazione che si crea con te stesso e con chi ti sta intorno. Noto questo aspetto soprattutto con i musicisti che suonano con me. Ad esempio, in Eterno la batteria è suonata da me, ma nel video ognuno ha una sua parte ed ha delle sfaccettature differenti, anche nel modo in cui dinamicamente esplode. Ha una vita propria quella canzone, ha una sua anima.
Ed è giusto che sia così.
Più volte ti sei cimentato nella collaborazione con altri colleghi, come la produzione dei dischi di Ultimo Pianeti e Peter Pan, ma anche il lavoro con Leo Gassmann sul brano Vai bene così. Che approccio c’è per una canzone che farà parte del tuo canzoniere e quale per quello di un altro artista?
Sono proprio due aspetti differenti. La creazione di una canzone è un collegamento con una tua parte più inconscia o addirittura con qualcosa di “superiore”. Il mio approccio creativo si basa di solito sull’improvvisazione. Quindi, ogni volta per me è una sorpresa. Anzi, più non so cosa andrò a fare e più il risultato finale è migliore. È tutto un altro mondo, sono due realtà artistiche distinte tra loro. Mentre nella produzione si tratta di un processo diverso. Il pezzo è già scritto e lo scopo è quello di renderlo al meglio. Paradossalmente, se la produzione si sente meno, il lavoro è riuscito. L’artisticità nel produttore consiste nel realizzare il vestito giusto alla persona che ha di fronte.
È interessante, perché scrivere un pezzo viene visto spesso come “mettersi a nudo” e il ruolo del produttore è invece quello di cucirti un vestito che ti stia bene.
Esatto. Anzi, mi rivenderò la tua riflessione!
Insieme a Leo Gassmann, poi, hai partecipato all’edizione di X Factor Italia del 2018. Che tipo di esperienza è stata quella del talent show per te, che rispetto ad altri eri già più attivo, e forse anche completo, nel panorama musicale?
Per quanto avessi già avuto delle esperienze da musicista, la macchina di X Factor è stata anche per me una novità ed è stata di sicuro qualcosa di formativo. Mi è stato utile per imparare a gestire i giornalisti, la mia immagine, il palco enorme, le luci, il coreografo. Tutte cose che mi hanno arricchito. Anche essere in grado di sopportare i riflettori che si abbassano, a prescindere che tu vinca o perda. Bisogna ricordarsi sempre che esiste l’alto e il basso.
Ritorniamo ad Eterno, con cui abbiamo dato il via alla nostra chiacchierata. Riguardo alla canzone, hai scritto sui tuoi profili social “L’amore (per me) è stare bene, il resto è un’altra cosa”. Ti chiedo di spiegarmi questa tua stessa citazione e del motivo per cui, secondo te, siamo così legati alla tematica sentimentale e la ricerchiamo nelle canzoni.
Vuoi la risposta intelligente o la risposta più intelligente, ma banale? [ride ndr] L’amore mette tutti sullo stesso piano, perché tutti lo vivono. È qualcosa in cui puoi rivederti, riconoscerti. L’emozione sentimentale è universale ed è condivisibile.
Gettando un occhio verso il futuro, invece, come sarà quello di Matteo Costanzo?
Come lo vedo il futuro? Al momento mi dispiace non poter vedere le persone, ma per fortuna ho il mio tempo per suonare e lavorare. Il mio augurio è che si torni a suonare presto fuori dalle mie mura, perché la musica è una forma di comunicazione, ma soprattutto condivisione.