di Marco Beltramelli
La passione per gli acronimi, un passato nei C.O.D. con i quali ha anche aperto le date italiane degli Skunk Anansie, tante collaborazioni importanti (Federico Fiumani, Tre Allegri Ragazzi Morti, Max Collini), Emanuele Lapiana, polistrumentista trentino, è uno dei primi veri pionieri della musica indipendente italiana. A otto anni dal suo ultimo lavoro solista “I Racconti dell’amor malvagio“, tra una digressione sulle colonne sonore ed un riferimento ai pittori coreani, abbiamo incontrato N.A.N.O. per farci raccontare la genesi di “Bionda e Disperata”, un album raffinato ed interessante nel quale partecipano diversi esponenti della scena trentina.
Hai una passione per gli acronimi. Prima i C.O.D ora N.A.N.O.
Mi sono sempre piaciuti. Il mio ultimo nome varia in base alla situazione, ognuno può dargli l’interpretazione che vuole, ultimamente, mi piace interpretarlo come “ Neve azzurra nell’orto”.
Perché hai scelto proprio questa immagine della Bionda e disperata?
Inizialmente, volevo realizzare un progetto fotografico con una ragazza molto brava, ma era dispendioso. Mi sono imbattuto in questo pittore coreano per puro caso. Gyo Boum An disegna donne bellissime poi le smembra col colore, trovai un suo dipinto molto evocativo ed il titolo del progetto è traslatò nell’album.
Sono passati otto anni dal tuo ultimo lavoro solista.
Un’era geologica nel campo musicale. Prima di pervenire a quest’album avevo composto almeno quaranta canzoni, mi sono riapprocciato all’ambiente solamente intorno al 2015. Non è scoppiata una vera scintilla che mi ha costretto a chiudermi in studio, è stato un percorso che ho trovato registrando.
Beh, sei sulla scena da almeno venti anni.
Sono più di venti anni che faccio musica, non essendo i Pooh, ho potuto permettermi tanti esperimenti. Il mio pubblico è sempre cambiato con me. Ho sempre avuto un pubblico fedele, magari non ampio a livello numerico ma qualitativo, in cui spiccava qualche importante esponente della musica italiana. Penso che collaborare sia una grande opportunità di crescita, motivo per il quale la band mi stava un po’ stretta.
Motivo per il quale hai composto il tuo album da solo?
Comporre da solo mi da molta più liberta, ma è difficile. Sto già pensando al prossimo album. Con la band che ha iniziato a supportarmi per il tour di “Bionda e disperata” mi trovo bene. Abbiamo ascolti ed età diverse ma un grande potenziale. Se riuscirò a dare un senso a questo sound vorrei tornare a ragionare come gruppo in studio. Dopo tre album solisti sento un po’ la mancanza.
In compenso ci sono dei feat, tutti made in Trentino.
Ci sono i Bastard Sons of Dioniso che, seppur usciti dai talent, sono un fenomeno a parte, e Noireve, una ragazza che mischia pop ed elettronica. Non per vantarmi, ma sono stato forse il primo esponente di un’ipotetica scena trentina. C’è gente che continua a scrivermi alla ricerca dei dischi dei PopX, quando ancora non si chiamavano così. La situazione negli ultimi anni è cambiata parecchio, l’università attrae molti ragazzi, Dutch Nazari e il suo producer si sono conosciuti a Trento. È una scena molto diversificata ma in grande crescita, non esiste un vero sound trentino quando un modo di approcciare la musica. Abitare in provincia ha anche suoi vantaggi. Il nostro sound è a statuto speciale.
Cosa ti ha spinto ad attuare un crowdfunding?
Ho un produttore e un’etichetta, la Soviet Studio di Cittadella, non avevo una necessità prettamente economica ma si è rivelata un’ottima iniziativa per tastare il polso della situazione. Non sono un big, la mia proposta musicale è molto volubile, a quanto pare il mio pubblico no. Ho uno zoccolo duro di fan che mi segue a da anni senza sapere cosa aspettarsi, è una sensazione rassicurante.
Fra tutte le ispirazioni, quella a Battiato è abbastanza palese?
Io sono anziano, ma ultimamente mi sembra che tutte le band si copino. “Moravia” è un pezzo che parla di letteratura e il sound di Battiato mi sembrava perfetto, ho preso in prestito il suo coro, la sua impostazione vocale. Vengo da una generazione in cui era necessario essere originali a tutti i costi, il citazionismo forzato è stato un espediente per mettermi alla prova, per provare qualcosa di nuovo.
Altre ispirazioni?
Il mio gruppo americano preferito sono i R.E.M., i più inglesi fra i gruppi americani, in generale, sono sempre stato un grande consumatore del rock britannico. Ma il tratto comune degli ultimi anni è stata la musica francese: M83, Benjamin Biolay, un musicista classico che si cimenta nel pop. Mi sono soffermato molto anche sulle colonne sonore, non è detto che nel prossimo album non canti nemmeno.
Se non sbaglio, con le colonne sonore lavori. Quanto hanno influenzato il tuo ultimo album? Scriverai mai una colonna per un film?
Anche i miei Testi hanno un’impostazione cinematografica, sto molto attento al suono di una parola non solamente al suo significato. A mio avviso il discorso di destrutturamento di Young Signorino è molto interessante. Ho un’agenzia “O suono mio” che lavora con i sound logos, bisogna racchiudere il senso di un brand in un suono che non superi i tre secondi. I trapper, anzi, i producer dei trapper lo fanno ormai da anni. Ci sono compositori di colonne sonore e gruppi, artisti, prestati a questo mondo. Sicuramente Santaolalla, il compositore dei film di Inarritu divenuto celebre con “Amores Perros”, è uno dei mie preferiti. Pur essendo un chitarrista ed utilizzando principalmente strumenti a corda sta avendo una grande diffusione nei videogiochi. Assurdo. Poi sicuramente Micachu & The Shapes, un gruppo che faceva rock esclusivamente con strumenti elettronici, la sua cantante, negli ultimi anni, si è presa una pausa da gruppo dedicandosi alla registrazione di colonne sonore. Per quanto riguarda il sottoscritto, mi piacerebbe, ma non ne ho mai avuto l’occasione. Divido molto nettamente l’aspetto del marketing da quello artistico, il primo deve intrattenere, il secondo prendere a schiaffi. Devo trovare un progetto che mi coinvolga, altrimenti forse non ne sarei nemmeno in grado, è un appello a tutti i registi scomodi d’Italia.