Torna in scena un producer che porta con se un nome e una carriera davvero interessante. E torna assieme alla sua compagna, di vita e di arte. Parliamo di Franco Naddei, al secolo artistico Francobeat, e di Sabrina Rocchi. Al primo il pregio di restituire suono e nuovi contorni, alla seconda di dare un volto e una voce a questo progetto davvero interessante: in arrivo un disco tutto dedicato a Jula De Palma, celebre voce ed icona beat della scena italiana degli anni ’50 e ’60. Ad oggi due i singoli pubblicati, realizzati in analogico presso L’Amor Mio Non Muore di Forlì e firmati dalla produzione di Roberto Villa. È da tempo che Franco Naddei ha investito il suo suono e il suo estro nella rielaborazione di grandi canzoni della storia ma questa volta sembra aver un poco “accantonato” la ricerca personale in luogo di un omaggio non solo all’opera ma anche al periodo storico, ai suoni e a quel certo modo di pensarli. Un bella intervista quella che segue.
Jula De Palma. Posso dirti che così d’istinto, non l’avrei mai accostata a Franco Naddei… tantomeno a Francobeat… è una mia impressione. Tu cosa mi rispondi?
In realtà guardandomi indietro ho capito che quando decido di fare un disco ho sempre bisogno di un “concept” col quale misurarmi. In ogni lavoro mi piace ci sia una parte di studio e di approfondimento sia in termini sonori che di conoscenza di storie e mondi diversi dalla famosa e cosiddetta “comfort-zone”. Poi l’idea di fare un disco dove non fossi io a cantare e suonare in prima persona mi affascinava molto.
Quando Sabrina, che è anche mia compagna di vita, ha espresso il desiderio di tornare a cantare, dopo le sue travagliate esperienze passate come cantante professionista, il primo nome che mi è venuto in mente è stato quello di Jula de Palma.
La sua storia conteneva qualche elemento comune che mi ha permesso di accostare la storia di due donne che amano la musica, la bellezza, la ricerca, la curiosità, la bella musica.
Quale modo migliore per buttarmi io stesso nella mischia di qualcosa che non avevo mai fatto prima, cedere il microfono. Così la mia indole di produttore artistico ed arrangiatore si è sfogata con del materiale di assoluto prestigio e, come accadde per “Mostri”, mi sono accorto che è molto importante capire quali e quanti pezzi di creatività e autorevolezza abbiamo perso per strada travolti dai cambiamenti intorno al mondo musica e creatività in genere. Non sono uno che dice che “una volta era meglio”, ma sono sempre attento a capire come noi, di questa generazione di cinquantenni, possiamo contaminare la modernità con la nostra esperienza e sensibilità da non sottovalutare solo perché presumibilmente datata. Mi piace pensare che si possano cercare punti di dialogo e stimolo con i più giovani e provare a buttare semi di curiosità da far germogliare. Sono ancora convinto che la musica debba contenere una visione del futuro e quella che rimane nel tempo di solito ce l’ha. Ce l’avevano i grandi cantautori che ho usato per “Mostri”, ce l’ha il mondo di Jula de Palma e tutto quello che aveva intorno.
Il nome di Jula de Palma mi venne fatto molti anni fa da Gino Corcelli nel periodo in cui lavoravo per una importante radio di Riccione (Radio Sabbia). Gino era un cantante della scuderia di Gorni Kramer, un crooner ante-litteram dalla voce profonda e allo stesso tempo solare. Nelle pause pranzo mi snocciolò una serie di racconti di quel periodo così florido e affascinante dove le grandi orchestre italiane giravano per il mondo a portare il jazz, lo swing e le belle canzoni scritte da grandi maestri come Lelio Luttazzi, Giampiero Boneschi, Carlo Lanzi e molti altri. Quel mondo e quelle storie sono forse l’oggetto vero e proprio di questo disco.
La valigia. Nel video e nelle grafiche sembra diventare una vera protagonista. Perché?
La valigia è stato un oggetto che ci ha da subito acceso delle lampadine. Di fatto è un contenitore di emozioni: ricordi, piacevoli ma anche spiacevoli, che pensiamo come in continuo movimento, come nella realtà. I ricordi cambiano nel tempo, sono in continua evoluzione nella nostra mente. Possiamo dire che questa valigia simboleggia i brani del disco: canzoni del passato, dei ricordi, che ritornato dopo un viaggio che li ha cambiati profondamente. Inizialmente avevo in mente che potesse contenere qualcosa di pericoloso come se si dovesse preparare un attentato. Per fortuna Sabrina ha trasportato quell’idea di pericolosità degli oggetti in qualcosa di altrettanto pericoloso come i ricordi che gli oggetti stessi possono far riaffiorare.
Nel video gli oggetti dentro quella valigia si sono trasformati in veicoli di gioia e di dolore e Sabrina appare a distanza ogni volta che un oggetto viene scambiato dagli attori, come se l’oggetto stesso uscisse virtualmente dalla valigia in quel momento, producendo reazioni varie. Sin dall’inizio l’idea del contenitore di ricordi che potessero avere a che fare col nostro privato ci intrigava molto, poi abbiamo esteso l’idea iniziale aggiungendo altri punti di vista che sono finiti nell’idea del video realizzato dal bravissimo regista e amico Francesco Zucchi.
E poi gli scacchi, la casualità, le tante combinazioni. Una chiave di lettura che torna… vero?
Si, torna, perché anche gli scacchi fanno parte di quegli oggetti che generano un’emozione, definiscono la simbolica strategia raccontata nel video, dove si lascia pensare che esista un disegno che condiziona le fasi emozionali di ogni coppia. Sabrina, con la sua valigia, si fa portatrice di discordia e, nell’ultima parte della storia, è come se i protagonisti si prendessero la loro rivincita. Sono tutte fasi emozionali, anche nel finale infatti si passa dal ballare insieme alla rissa. Una partita di scacchi è un po’ così, come i rapporti d’amore: una danza dalle mille evoluzioni.
La scelta delle canzoni che poi comporranno la tracklist definitiva. Che logica seguono, come le avete scelte?
C’è stata una lunga fase di ricerca e selezione nel vasto repertorio di Jula. La sua grande flessibilità e preparazione le permetteva di cantare in diverse lingue e generi. In generale ho cercato i brani più vicini a noi sia in termini di complessità di scrittura musicale che di storie contenute nei testi. All’epoca esistevano gli autori che scrivevano per le cantanti e non sempre i brani erano pensati per una interprete specifica. Basti pensare che alcuni brani che abbiamo scelto hanno avuto diverse interpreti oltre a Jula (Mina in primis), ma noi siamo voluti partire dalle versioni di Jula perché il suo modo di cantare ci pareva più vicino a noi e alla nostra sensibilità. La De Palma è stata definita una innovatrice proprio per il modo con cui ha portato il jazz nel pop e viceversa. Credo che lei stessa si sia messa in gioco con la sua vocalità e soprattutto con la sua intenzione nel cantare in maniera estremamente naturale.
Un esempio sicuramente è “Tua” dove la censura, che segnò in qualche modo la sua carriera nel bene e nel male, l’accusò di “eccessiva sensualità” proprio per il trasporto naturale con cui lo cantò. In questo senso dico che la scelta è caduta sui brani suggeriti dalle sue interpretazioni e la riduzione degli arrangiamenti dalle big band ad una band di stampo moderno è stata infine molto divertente. Nel grande rispetto per questi autori, compositori ed arrangiatori mi sono concentrato nell’osservare più il punto narrativo delle canzoni e le atmosfere e come sempre ho cercato di vestire le parole ispirandomi agli arrangiamenti originali smontandoli e rimontandoli con i miei mezzi e le mie conoscenze.
Ne è venuta fuori una tracklist dove l’amore ancora una volta è al centro delle canzoni, un po’ come è accaduto in “Mostri”, dove le storie questa volta sono tutte dal punto di vista femminile, qualcosa che mi ha stimolato molto. La voce di Sabrina si adattava perfettamente al mondo sonoro che avevo immaginato e che le avevo cucito intorno. Le storie delle canzoni le abbiamo scelte insieme proprio per cercare i brani dove si potesse riconoscere, che la toccassero proprio nel suo essere donna.
Nella presskit c’è anche una dichiarazione della stessa De Palma. L’avete raggiunta in qualche modo? Ha ascoltato tutto? Come ha reagito al risultato finale?
Inizialmente, cercando un suo contatto, abbiamo provato a scrivere su un suo profilo social. Quando ci ha risposto, ci siamo commossi. Non pensavamo di poter instaurare un contatto così diretto. Ci ha risposto quasi subito via e-mail e devo dire che è stata una grande emozione leggere i suoi commenti al nostro lavoro. Personalmente mi sono sentito molto lusingato da un parere così autorevole considerata la sua grande esperienza. E anche Sabrina è rimasta incantata dalle sue parole. Nel suo modo di scriverci ci è apparsa con la sua grande umanità ed eleganza oltre a farci una recensione molto precisa che ha avuto l’effetto di una vera e propria benedizione. Mi sono avvicinato a questi pezzi con grande umiltà pur mantenendo intatto il modo con cui riesco a maneggiare la musica di generi che non mi appartengono direttamente. Non ho una formazione classica, sono un istintivo e conosco le note quel tanto che basta per giocare con la musica e i suoni ma avevo davvero temuto di aver esagerato! Invece le parole di Jula ci hanno incoraggiato e spronato ad andare avanti a fondo in questa operazione rivelando ancora una volta la sua natura curiosa e innovativa.
Nel disco c’è anche un brano che ho voluto cantare e arrangiare al modo Naddei, con un sound molto elettronico, che le è piaciuto molto, cosa che posso dire mi ha stupito e lusingato proprio tanto. Di Sabrina ha molto apprezzato il suo modo di cantare così personale e libero dagli schemi e anche che non scimmiottasse il suo modo di cantare. Insomma, ci ha reso consapevoli del fatto che stavamo facendo una cosa bella.
Sottilmente, e chiedo subito scusa se mi avventuro dentro territori proprio sbagliati, trovo che ci sia anche forte il tema della donna, della violenza, della non identità. In qualche modo la valigia l’ho codificata anche in questo senso… sono tanto fuori pista?
Il nostro primo pensiero è stato quello legato all’evoluzione delle emozioni che spesso è veloce, specialmente quando si ama: siamo capaci di passare dalla totale sintonia alla rabbia in pochi minuti. È di questo che parla il video. Basta un piccolo oggetto che riporta alla mente dei ricordi, un vissuto, e subito dentro di noi si accende qualcosa. Nel bene e nel male. Il video, come dicevo, si conclude con una sorta di rissa. Tutti ce l’hanno con Sabrina, come se si fossero accorti che le loro discussioni fossero state portate da lei, come una folata di vento.
Diciamo che abbiamo giocato con queste correnti, ma senza pensare alle differenze di genere.