– di Martina Rossato –
Alessandra Galantino, in arte Alexandra, è una giovane cantautrice originaria di Desio. Nel suo ultimo singolo, “Ora resta” (Greylight Records), immagina di sfrecciare a bordo di una Tesla, un’auto che sembra arrivare dal futuro, in un viaggio che la porta verso la consapevolezza di chi vuole essere e chi vuole avere al suo fianco. A ottobre 2020 aveva pubblicato “Fai parte di me”, il suo singolo di esordio, un dialogo tra una sé giovane, inesperta e timorosa, rassicurata dalla persona adulta che è diventata. “Ora resta” è il riscatto di quella ragazzina fragile contro coloro che non hanno saputo credere in lei.
Quando mi hanno proposto di intervistarti ero molto contenta perché ho visto in te una ragazza di poco più grande di me, con un passato magari non facilissimo, ma che grazie alla musica è riuscita a riscattarsi. Qual è stato il tuo percorso di crescita personale e musicale?
Ho iniziato a cantare quando avevo cinque anni, ero veramente molto piccola. I miei genitori mi avevano sempre vista cantare e mi hanno spinta ad entrare in un piccolo coro. Con gli anni mi sono resa conto che la musica era tutto quello di cui avevo bisogno per stare bene e per sentirmi me stessa; con la musica entravo in una specie di bolla e stavo bene. Sapevo che lì non potevo essere giudicata da nessuno. Con la crescita, con il bullismo e altre cose, è sempre rimasta il mio posto sicuro. Stavo molto bene quando cantavo, mi aiutava a non pensare a quello che succedeva intorno. Con il passare del tempo ho cominciato a definire meglio il mio carattere. L’unico vero sfogo era tornare a casa e mettermi a cantare, mi liberava la mente. Penso che la mia vita sia cambiata e penso di essere cresciuta soprattutto grazie alla musica.
Com’è essere una giovane cantante all’inizio della sua carriera? Il mondo della musica ti accoglie?
Allora, è un mondo veramente, veramente difficile [ride, ndr]. Il fatto di essere giudicata dagli altri è una cosa così normale che non ci faccio più tanto caso. C’è chi mi supporta, chi mi dice che sono brava, chi mi sprona a continuare ma c’è anche chi mi dice che non ce la posso fare, che devo rimanere coi piedi per terra e trovare un lavoro “normale”. In Italia, rispetto all’estero, è molto più difficile diventare qualcuno e farsi notare. C’è tanta competizione, anche tra artisti. Ti faccio un esempio: quando una persona mi dice che fa musica, a me piace cantare con quella persona. Cerco di ascoltarla e di incoraggiarla, non tendo a giudicare perché fa la mia stessa cosa e penso che sia talmente bella che non è giusto giudicarla. Invece, vedo che intorno c’è tanta gente che ti scoraggia.
Cosa rispondi a chi ti diceva che non saresti mai diventata una cantante?
Quando mi è successo la prima volta avevo più o meno sedici anni. A sedici anni non avevo la capacità di rispondere, l’avevo solo presa come una grandissima botta. Infatti, per un anno avevo quasi smesso di cantare. Non volevo nemmeno più ascoltare la musica, tanto mi aveva distrutto come frase. Se potessi tornare indietro, con la capacità di rispondere, penso che direi “ok, va bene, questo è il tuo giudizio, ma vediamo veramente cosa succederà”. Io ci provo, metto tutta me stessa in questa cosa. È il mio sogno, non vorrei mai avere un rimpianto nella vita.
Pensi che quel momento sia stato un motore che ti ha successivamente spinta a provarci ancora di più?
Dopo un anno da che avevo smesso, sì. Molti mi dicevano che è un mondo difficile, in cui nessuno ti vuole aiutare e ho capito che avevano ragione. Ma è proprio per questo che mi sono detta “Ok, so che ci saranno persone così, ma io devo essere più forte. Questo è quello che voglio fare io, non quello che vogliono fare gli altri”.
È uscito il tuo singolo “Ora resta”. Magari sbaglio, ma mi sembra un grido che fai a te stessa, come se stessi chiedendo alla persona che sei diventata di non andarsene.
In realtà “Ora resta” è più un riscatto. Il grido di aiuto l’avevo tirato fuori in “Fai parte di me”. Quello era proprio una me più piccola che chiedeva aiuto e una me grande, che in risposta le dice che andrà tutto bene, che tutto si risolverà. Questa canzone parla di un riscatto, del fatto di fare un viaggio, che possa essere un viaggio della Vita in generale, in cui devi far restare le persone che ti vogliono davvero bene e allontanare quelle che non credono nei tuoi sogni.
In “Fai parte di me” ti rivolgi a una te più piccolina dicendo che “a ogni fiaba c’è il suo lieto fine”. Cosa vuol dire per te “lieto fine”?
Il lieto fine, che poi credo sia rivolto a tutti quanti, è il riuscire ad accettarsi. E, cosa ancora più importante, riuscire ad accettare gli altri, avere la capacità di non giudicare, di rispettare ogni animo di ogni persona. Credo che questo sia il punto di arrivo e di partenza di tutto. Credo che sia quello il lieto fine. Io ancora non ho un lieto fine, non mi sento assolutamente arrivata. La mia idea è quella di riuscire a passare a chiunque un’emozione: vorrei portare emozioni positive alle persone. Penso che il mio lavoro sia concentrato su quello. Poi vorrei vivere di musica, quello sì.
Rispetto a come eri, come ti senti? Ti sei accettata?
È stato davvero difficile. Se ripenso a quando ero più piccolina, verso le medie, ero una persona che si vestiva con maglioni tanto larghi. Ero molto magra – lo sono anche adesso, ma adesso me ne frego [ride, ndr] – e avevo gli occhiali, i capelli sempre a coprire la faccia. Adesso i capelli sono corti, fanno vedere completamente il viso e non ho più gli occhiali. Non mi vesto più in un certo modo per non far vedere parti del corpo; le braccia erano la cosa che mi mandava più fuori di testa perché avevo paura che gli altri mi giudicassero. È stato davvero difficile, ma penso sia una cosa che scatta a tutti prima o poi. Arriva un giorno in cui dici “ma che cacchio me ne frega?”. Vero che è molto cliché da dire, ma stare bene con se stessi è la chiave per tutto. Non metto in dubbio il fatto che ci sono ancora delle parti del mio corpo che non mi piacciono o parti del mio carattere che so di avere e che non sono le migliori, però sto imparando ad accettarlo piano piano. Secondo me è la cosa più bella.
Le persone che hai attorno ti hanno aiutata in questo?
La mia famiglia è sempre stata dalla mia parte in tutto e per tutto. Ho sempre avuto la fortuna di avere dei genitori che mi spronavano a fare qualsiasi cosa io volessi fare. Poi ho una sorella più piccolina, che è la mia luce. Tutto quello che faccio, cerco sempre di farlo nel migliore dei modi perché so che sono un po’ di esempio. Lei mi aiuta e io cerco di farcela anche per questo, perché so che c’è lei.
Fare musica vuol dire anche questo: sei un modello per chi ti ascolta. Senti di avere questo ruolo?
Quando qualcuno si “sbilancia” e decide di andare a cantare per alte persone, credo che abbia comunque una responsabilità. Parlo soprattutto di persone che sono già molto conosciute. Ci sono persone magari più piccole che ti seguono, ma anche adulti e credo sia giusto far vedere la parte migliore di te stessa. L’idea è quella di cercare di essere le persone migliori ogni giorno che passa e quindi di essere di esempio sempre.
Hai cantato la cover de “La cura”. Qual è la tua cura?
La mia cura? Credo che la cura a tutto sia l’amore, in generale. L’amore per se stessi, l’amore per gli altri, l’amore in quello che si fa, l’amore nei piccoli gesti, l’amore incondizionato che ho per mia sorella, il mio volerla proteggere da tutto e da tutti, l’amore che può esserci per un paesaggio. Trovare quella piccolezza che ti fa vivere davvero la vita e non ti fa solo sopravvivere.
Dove ti porterà la tua “Tesla del futuro”?
Spero tanto lontano [ride, ndr], nel senso che la Tesla è qualcosa di molto futuristico, è stata portata anche su Marte, ed è ecosostenibile. Io spero di riuscire a vivere di musica e di poter portare in giro tutto il meglio di me. Spero di fare serate, di tornare ad abbracciare persone e a vedere i concerti insieme. Spero che il futuro, ora come ora, sia in realtà molto vicino.