Torna il suono esoterico, digitale, sociale di OTTODIX: esce “Entanglement” e questa volta, il viaggio operoso dell’occhio clinico di Alessandro Zannier, si muove lungo tutti i continenti lasciando che in ogni luogo si celebrino connessioni umane e spirituali. La coerenza di questi nuovi inediti, 9 brani di un viaggio diviso in “capitoli” i cui ponti di collegamento sono notevoli pitture strumentali di una sospensione davvero introspettiva, mi lascia davvero pensare a questo concetto di connessione, di questa correlazione spirituale che deve esistere tra gli esseri umani nonostante il tempo e la distanza, nonostante la cultura e l’etichetta sociale. Penso che “Entanglement” sia forse uno dei più importanti lavori di Ottodix, sotto il piano dei contenuti sicuramente. Ritroviamo Flavio Ferri e ritroviamo il piglio futuristico, in quel magico equilibrio tra i Bluevertigo e la New-wave inglese. E non a caso ritroviamo anche la Discipline Records. A mio modo di ascoltarli, questi sono forse i brani più “punk” di Ottodix. Ma questo è il mio modo di starci dentro. Ora lascio la parola a lui e alle sue interessantissime risposte…
Questa volta viaggiamo sulla terra dell’uomo. E non dentro l’uomo. Te la butto li: tutto il mondo è paese oppure in questo viaggio ipotizzi l’esistenza di un’isola felice?
Esagerando un po’, ti direi – Tutto il mondo è un paese abbastanza infelice.
Ogni luogo del mondo “è paese”, nel senso che l’uomo sotto sotto si comporta allo stesso modo in ogni cultura, se lasciato a sé stesso e ai suoi istinti più bassi. Per questo credo che la globalizzazione andrebbe utilizzata ben di più per diffondere cultura, positività, ricerca, idee condivise. L’iper connessione mondiale, economica, mediatica, migratoria, coloniale, bellica, insomma, la rete (compresa quella web) è usata di gran lunga più per propagare veleni ambientali, etici e sociali, che per una contaminazione positiva.
Oggi in piena crisi da coronavirus questa ripercussione immediata dei fenomeni da una parte all’altra del mondo è sotto gli occhi di tutti. Non volevo essere così profetico, né tantomeno uscire con questo album proprio in questo periodo, ma è davvero sconcertante perfino per me constatare l’aderenza dei testi di queste canzoni scritte nell’arco di tre anni. “Entanglement” è l’analisi delle cause di una probabile eruzione imminente, pubblicata durante l’eruzione stessa.
Dai tuoi dischi, che in qualche modo cercano di denunciare il prossimo futuro, che insegnamento consigli di prendere? Una denuncia per migliorarci ora, la speranza di poter cambiare qualcosa o l’avviso a tenerci pronti a quel che sarà? Posto che nessun ha la palla di cristallo, sia chiaro…
Come auspico da tempo, bisogna ritrovare secondo me il gusto del bello. Se si rivalutasse questa importante parola e la si mettesse al centro della nostra società, scopriremmo quanto può influire profondamente a catena in ogni ambito. Un popolo acculturato capisce che la vita non è solo lavoro e beni di consumo, ma relax, riposo, famiglia, studio, tempo per riflettere, contemplare (il bello), conoscere, viaggiare. La bellezza una volta assaggiata genera empatia, il “mettersi nei panni altrui” anche slo per convenienza. Un vicinato altrettanto sereno, non conflittuale, non invidioso della tua ricchezza, ti garantisce di mantenere la tua tranquillità, quindi è fondamentale coltivare la consapevolezza che ogni società non possa crescere a dismisura nei profitti lasciando spazio anche alla crescita altrui, in sinergia. Un sistema instabile e disuguale crea tensioni fisiche che non si placheranno fino alla sopraggiunta equità, con le buone o con le cattive. Meglio con le buone, direi. E’ fisica, non politica. Se si innescasse un atteggiamento virtuoso di intelligenza collettiva, il branco-uomo, iper connesso come è oggi, potrebbe sfruttare al meglio questa rete fittissima per diffondere sapere, tecnologia, risorse, cibo, idee, per il collettivo. Bisogna andare tutti più piano e condividere le (poche) risorse maggiormente, come fanno le comunità nelle isole remote. Ti sto descrivendo una mia utopia, eh? Ma non sto inventando nulla di nuovo, ci sono ad esempio fior di architetti che da tempo dibattono sulla messa in pratica di simili visioni e mai come ora (ci voleva una pandemia per ascoltarli) stanno scendendo in campo con i loro progetti innovativi di comunità e di città. E’ ora di ascoltarli, è il momento dei visionari, finalmente. Stiamo lavorando per creare un collettivo interdisciplinare assieme ad alcuni di essi che porterà presto a grandi eventi e collaborazioni internazionali, a cominciare da Venezia. Vi consiglio di seguire gli sviluppi di Entanglement anche a questo proposito, visto che sta riscuotendo già molto interesse in ambiti universitari.
Ma torniamo alle origini: come nasce questo concept? Fermiamoci su questa parola: Entanglement…
Ho preso l’aspetto poetico di un principio della fisica quantistica chiamato entanglement (intreccio, groviglio) per cui due particelle unite all’origine (come lo è tutta la materia del cosmo) e messe anche a grandi distanze tra loro, interagiscono istantaneamente l’una con l’altra, non a velocità della luce, ma istantaneamente. Questa interazione immediata mi è sembrata un modo efficace di rappresentare il tema del mondo attuale, iper connesso, dove il principio di causa-effetto è sempre più rapido anche dagli antipodi. Ho immaginato un viaggio per mare, elemento che collega tutte le terre emerse, studiandomi le mappe dei navigatori, delle colonizzazioni, fino alle rotte migratorie, commerciali, gli oleodotti, le reti di cavi internet sotto gli oceani, un po’ di tutto. Tutto quello che ci unisce in un unico organismo, come fossero vene, arterie, nervature. Come fare a tradurre in canzoni una cosa simile? Ascoltatelo e vedrete. Si parte dall’Artide, passando per l’Europa, l’Asia, il continente dei rifiuti nel Pacifico, attraversando i principali oceani, le Americhe, le isole remote, l’Africa, l’Oceania e infine l’Antartide. Un giro del mondo abitato e disabitato parlando della natura e dell’uomo, del perché ci sono certi conflitti, certe mentalità, certe aberrazioni e perché l’ambiente sta collassando. Un viaggio alla caccia delle cause remote degli effetti attuali che abbiamo sotto gli occhi.
Più che di questo polipo gigante mi incuriosisce il tuo nome “sfocato”… ha un significato? Io lo sto leggendo come segno di impersonificazione…
Beh, mi immedesimo sempre molto in quello che scrivo. Il logo “Ottodix”, è semi trasparente per richiamare l’elemento dell’acqua in cui tutto l’album è immerso: così come lo vedi è ottenuto sdoppiando la scritta e suggerendo la correlazione dell’entanglement, tra due parti gemelle e opposte.
L’iper-piovra, invece, rappresenta benissimo il significato di intreccio, ovviamente con molti più tentacoli aggiunti da me. Poi suggerisce bene il viaggio fanciullesco verso i luoghi remoti alla Jules Verne. La piovra è il mostro marino più classico, lo spauracchio dei racconti dei marinai fin dall’antichità (pure in “Ventimila leghe sotto i mari”, guarda caso). Mi sono vestito idealmente da Capitan Nemo per portare in giro l’ascoltatore attraverso canzoni-continente e brani strumentali ambient per gli oceani e le zone polari disabitate. Sotto l’abile co-regia di Flavio Ferri, a Barcellona che ha prodotto con me questo viaggio anche sonoro.
In qualche modo, il tuo modo di scrivere, resta confinato dentro se stesso… se mi permetti la critica, trovo i tuoi dischi sempre molto riconoscibili e sempre molto attenti ai suoi ingredienti che ritrovo puntualmente, piccole variazioni a parte. Sbaglio? Non è questo un modo per NON contaminarsi?
Più che una critica mi stai dicendo che ho una personalità che si riconosce subito, la cosa non può che farmi piacere. Ho sviluppato un mio codice di suoni e di scrittura, sono attivo da vent’anni, quello che senti è già il frutto di molti percorsi e contaminazioni avvenute in cui ho sperimentato a lungo. E’ la mia personalità giunta a un’età artistica matura, quella che ascolti, in cui le cose si consolidano. Cambiare giusto per cambiare, non è sempre sinonimo di genio o di valore. Spesso può voler dire non sapere dove andare a parare, insicurezza, o cambiare a seconda delle mode per restare a galla. Nel mio caso voglio cambiare solo le cose che credo non vadano ancora bene per i miei obbiettivi o di cui ho già parlato. Ho fatto un album dedicato alla fantascienza, uno alle utopie del ‘900, uno alla fisica del cosmo, uno ora alla geo storia del pianeta Terra. Semmai, mi sembra di essere uno dei pochi artisti a mettere in gioco il mio sound nell’ affrontare testi dai temi poco battuti e quindi sconfinare ben più di altri in territori ignoti.
Non mi rifugio quasi mai in comode canzoni d’amore, di noia esistenziale-adolescenziale, di sballo, ribellione o malinconia, o le solite cose che fanno tanto rock’n’roll.In realtà ogni anno ci sono degli spostamenti di ricerca sonora, forse meno evidenti perché lavorano al servizio di un’atmosfera generale, da gregari, ma pur sempre inediti. La maggior parte dei dischi si fanno in fondo con basso, chitarra e batteria, mentre con l’elettronica proponi sempre suoni nuovi e inediti. L’elettronica non è “uno strumento”, è un territorio in cui creare infiniti strumenti da zero. Già solo per questo motivo un disco di elettronica suonerà sempre del tutto diverso dall’altro. In Entanglement ho inserito la novità di brani strumentali – ambient/drone e nelle canzoni elementi etnici, cori africani filtrati, strumenti orientali, rumori naturali e altre suggestioni del tutto inedite nei miei dischi precedenti, studiando anche armonie non occidentali (“Mesopotamia”, “Gengis Khan”). Ma il maggiore sforzo lo faccio per comporre armonie con accordi non scontati, pezzi di sinfonie, temi evocativi,e parole e argomenti sempre diversi. Questo credo faccia la differenza, ancora. Le armonie e i contenuti, che io reputo essere ancora la Sostanza della musica. Il sound è un importante vestito da sera con cui presentarla in pompa magna al gran ballo, in pubblico.
Un mondo in cui l’egocentrismo è la chiave di tutto. Sembra paradossale che esistano ancora parole come correlazione… non trovi?
Correlazione non vuol dire ahimè per forza condivisione. Come dicevo all’inizio, la correlazione, l’iper connessione, in sé non è un male, è un potenziale a disposizione, è come la scoperta dell’energia atomica. È l’utilizzo che si fa di questo potenziale, il pericolo. Possiamo propagare in un attimo veleni, inquinamento, crisi economiche, epidemie e fake news, ma se vogliamo possiamo anche propagare cultura, equità, cibo, medicine, idee e bellezza. Se vogliamo.