– di Michela Moramarco –
I Sanlevigo sono una band romana che ha da poco pubblicato l’album “Un giorno all’alba”, di cui vi avevamo parlato qui. La band si esibirà il 4 giugno in un suggestivo live a Largo Venue.
Per saperne di più abbiamo scambiato quattro battute con i componenti della band Sanlevigo.
Il vostro nuovo album si intitola “Un giorno all’alba” ed è caratterizzato da una narrazione che segue un climax discendente che parte dai sogni, affronta i ricordi e arriva ai pensieri. Come è nato questo immaginario?
L’espressione “Un giorno all’alba” fa parte del primo brano, nonché la seconda traccia dell’album; il brano in questione si intitola “Le mie ombre” ed è un brano che, come band, abbiamo composto un bel po’ di tempo fa: è una delle tracce con cui i Sanlevigo hanno iniziato questa piccola avventura. Poi c’è l’idea dell’alba che è un elemento ricorrente nel disco. Si può dire che ogni brano parla di una piccola esperienza che ha vissuto ciascuno di noi, nelle relazioni, ma non solo. Di fatto questi brani inizialmente non li avevamo pensati per un vero e proprio concept album, ma col tempo ci siamo accorti che c’era un filo rosso nella narrazione e abbiamo deciso di portarne avanti la scrittura.
È un album sicuramente meticoloso. Come è andato lo studio e poi la scelta dei suoni?
Siamo molto perfezionisti, abbiamo avuto le idee abbastanza chiare da subito, anche se non abbiamo deciso immediatamente dove andare a parare. Si può dire che nuovi ascolti e periodo pandemico hanno contribuito a rimescolare le idee. Il segreto è stato quello di trascorrere molto tempo alla ricerca dei giusti dettagli. È stato tutto un evolvere.
Siete una band che propone un concept album: una proposta non così scontata all’interno del panorama discografico attuale. Voi come vi sentite a riguardo?
Il panorama è sicuramente molto saturo e molto omologato. Il nostro obiettivo è cercare di distinguerci. Avere una band oggi a Roma è anche una questione di sacrificio. Bisogna fare rodaggio e poi approdare alla vera sfida, cioè suonare fuori dalla propria città. È una cosa fondamentale anche a livello di crescita.
Come descrivereste un vostro live? Come pensate di essere percepiti?
Potremmo dire che ci sono molti elementi che ci rispecchiano per come siamo in studio, mentre altri che, come si dice a Roma, fanno emergere la nostra parte “de core”, in cui semplicemente si va oltre l’esecuzione del brano e si cerca di arrivare al pubblico in un modo più diretto possibile. Un nostro live in una parola? Impatto.