Silvia Cignoli è una figura di spicco nel panorama musicale contemporaneo italiano, nota per la sua ricerca sonora che spazia dalla musica classica all’elettronica sperimentale. Nel 2025 ha curato la direzione artistica della rassegna Sonica Eterea, un progetto che ha portato la musica di ricerca in luoghi storici dei comuni di Pozzo d’Adda e Vaprio d’Adda, in provincia di Milano. La rassegna si è svolta nelle prime tre domeniche di ottobre, con concerti in location suggestive come la Chiesa Vecchia di S. Antonio Abate e la Chiesa di S. Colombano.
Ogni appuntamento ha offerto un’esperienza d’ascolto intima e immersiva, con performance solistiche o in formazioni ridotte, che hanno esplorato nuovi orizzonti sonori e creato connessioni tra diverse forme espressive. Gli artisti coinvolti – Francesca Bono, Stefano Pilia ed Elisa La Marca – hanno portato sul palco visioni musicali profonde e comunicative, in un dialogo tra innovazione e tradizione.
In questa intervista, Silvia Cignoli ci racconta come è nata l’idea di Sonica Eterea, la scelta degli artisti e delle location, e la sua visione curatoriale che ha trasformato ogni concerto in un’occasione di riflessione e scoperta sonora.

Qual è stata la visione alla base di Sonica Eterea e come hai scelto gli artisti da coinvolgere nella rassegna?
Ho cercato di fare una sintesi fra diversi temi: in primis ho selezionato artist* che avessero nel loro modo di fare musica una forte componente comunicativa ed emozionale. Ciò mi ha consentito di poter fare uno slalom fra vari “generi” musicali, rassicurata che la potenza carismatica della musica proposta avrebbe superato possibili barriere di accoglienza del pubblico. Sonica Eterea me la immagino come un oggetto ibrido, un mondo in cui seppur con vocabolari differenti, la musica possa mettere in vibrazione una coscienza comunitaria, quasi metafisica. A partire da questo assunto, avremo la voce ipnagogica della cantautrice Francesca Bono, la sperimentazione concettuale e carica di pathos di Stefano Pilia (chitarra elettrica ed elettronica) e il viaggio temporale del liuto suonato da Elisa La Marca.
In che modo la tua attività come musicista e le tue influenze personali hanno influito sulla costruzione della rassegna?
Nasco come musicista classica ma già da quando ero studentessa di Conservatorio fremevo per fare esperienze cross-mediali, sperimentali. Questa continua curiosità e la sempre viva voglia di uscire dal seminato, verso avventure diverse mi ha portato ad avere un approccio forse, spero, aperto nei confronti della musica. Sonica Eterea risponde un po’ a questo approccio, e all’idea di superamento del concetto per cui le rassegne e i canali musicali debbano per forza muoversi secondo “generi” definiti.
Quanto ha influito il luogo che ospita Sonica Eterea sulle tue scelte curatoriali e sulla costruzione del programma?
L’idea del programma c’era già, ma certamente i due luoghi dove poi abbiamo avuto la possibilità di confermare la rassegna (la Chiesa Vecchia di S. Antonio Abate in Pozzo d’Adda e la Chiesa di San Colombano a Vaprio d’Adda, entrambe in provincia di Milano) sono a mio avviso ideali per rafforzare l’intimismo e la spiritualità che in qualche modo accomuna le tre date.
Come hanno reagito i comuni e le istituzioni alla selezione degli artisti e alla proposta della rassegna?
Bene, e sono molto grata di questo. Nulla è scontato e lo sforzo comune è stato davvero grande. Però ho ricevuto tanta apertura e collaborazione da parte di Silvia d’Agostino Assessora alla Cultura di Pozzo d’Adda e poi da Marco Galli (Sindaco di Vaprio d’Adda) e Veronica Peracchi (delega alla cultura del Comune di Vaprio d’Adda).
Cosa ti aspetti da questa edizione rispetto alle precedenti e che tipo di esperienza speri che il pubblico porti con sé?
Penso che le location di questa edizione possano creare un vero punto di svolta nella fruizione dei concerti, poiché fare esperienza di questo tipo di musica, classica, elettronica e d’autore in due chiese medievali non è una cosa così comune!
Spero che il grande lavoro di diffusione che stiamo facendo porti con sé pubblico curioso, un pubblico avvezzo oppure no, che possa portare a casa una esperienza intensa e una curiosità nuova. Speriamo con questa iniziativa di portare “in periferia” un certo tipo di ricerca, fuori dal mainstream ma altrettanto accattivante.







