di Riccardo De Stefano.
Francesco Motta, ormai lo saprete, è tra i nostri beniamini. Autore e performer, riesce a essere personale e universale al tempo stesso. Il suo secondo album Vivere o morire ha confermato Francesco come talento unico nel panorama nazionale, capace di evolvere il proprio linguaggio musicale senza perdere di efficacia, anzi, mostrando un lato ancora più intimo e personale.
Motta sale sull’Europe Stage dello Sziget quasi come un headliner, e regala uno show incredibile, all’altezza di ogni aspettativa e quasi come un artista da main event. Sceso dal palco è euforico e ci dice “Forse è il miglior concerto che ho mai fatto”.
Partiamo dagli ultimi avvenimenti, hai ricevuto per la seconda volta il Premio Tenco. Come te lo sei vissuto?
Bene, anche perché è l’unico premio che c’è per la canzone d’autore in Italia. Poi vincerne due su due dischi, mi fa domandare “il terzo come cazzo lo faccio?”.
Dopo quest’anno pieno di successi, ti trovi su un palco così importante. Che cosa provi e pensi che in Italia si potrebbe replicare una cosa del genere, un ambiente come lo Sziget?
Sarebbe bello, qui è organizzato molto bene. Spero di cantare anche per gli stranieri, perché non penso che il mio concerto sia legato strettamente al testo, si percepisce un racconto. Ovviamente non mi voglio paragonare a Bob Dylan, ma quando a 12 anni ascoltavo Blowin’ in the wind e mi venivano i brividi non capivo una parola di inglese ma si percepiva la forza espressiva. Poi quando ho tradotto il testo ho capito perché. Ora ho parlato del più grande di tutti però nei miei live c’è tanta musica.
La musica è un linguaggio internazionale…
Anche le parole, anche il testo è un linguaggio internazionale.
Parlavamo tempo fa del fatto che ti commuovevi cantando alcune canzoni, per esempio “mi parli di te”. Hai ancora questo impatto emotivo, nonostante i diversi mesi di tour, oppure le vivi con più distacco?
Fino adesso ho fatto una quindicina di concerti fino adesso e non c’è stata una volta che su “Mi parli di te” non ho pianto.
Hai citato Dylan che forse è l’autore della canzone per eccellenza; il Premio Tenco è un premio sulla canzone d’autore. Viviamo in tempi in cui un certo tipo di pop ci ha impigrito mentalmente, mentre tu di recente ti sei esposto su temi sociali.
Sì, ma su cose banali.
Banali ma non così dibattute dai musicisti oggi.
Poi ho sentito dire che può sembrare retorico parlare male di Salvini, a me sembra stupido dire che è retorico.
Secondo te il ruolo dell’autore è anche questo?
Secondo me è il ruolo di qualsiasi essere umano. Poi se hai tanta gente che ti ascolta, allora ha più responsabilità. Ma dovremmo avere tutti la responsabilità di dire che stiamo vivendo un momento pericoloso.
E ti senti adesso la responsabilità di essere un autore, magari dopo aver vinto il premio Tenco?
Anche prima in realtà.