Una storia al contrario in questo bellissimo concept dei Winter Dies in June. Nuovo lavoro di inediti in studio in cui troviamo 8 nuove canzoni che immancabilmente rimandano a scenari metallici, quel suono pop digitale che riporta ad un certo mood alla Radiohead, alle sonorità fredde dei Placebo, come quando sei in cammino su una terra di polvere bianca dalla quale non c’è uscita ne orientamento. Non è un incubo, ma non è neanche rilassatezza. E se “Space” ha quel sint che oggi diremmo alla Thegiornalisti (o meglio di chiunque figlio degli anni ’90), il quadro si completa con il singolo di lancio che apre l’ascolto “Aeroplanes” in cui il vertice di gusto non solo viene celebrato ma addirittura oltrepassato. Bello anche il video dal quale però avrei preferito uno stile di maggiore coerenza: troppo italiana questa clip non trovate anche voi? Una storia al contrario dicevamo perché “Penelope, Sebastian” è il viaggio del loro incontro che cammina, canzone dopo canzone, a ritroso sfogliando quartieri e atmosfere di metropoli europee. Un disco per niente italiano.
Il rock di oggi non è di chitarre distorte ma di computer e programmazioni. Secondo voi, visto anche questo lavoro?
Il rock di oggi come quello di ieri è ritmica. In questo lavoro c’è molta ritmica. Fusa con suoni analogici e digitali che comunque alla fine diventano tutti digitali.
Il rock di ieri invece a volte sui dischi manco ci finiva. Secondo voi si tornerà a quella musica?
Se ho capito bene la domanda vuoi dire che per fare un disco dovevi essere particolarmente bravo…mah secondo me alla fine nessuno ti fa fare più I dischi. Le etichette non esistono da tempo sono dei meri uffici stampa o dei booking. Nessuno ti paga il disco. L’etichetta quello deve fare a parte majors e casi rari…sono almeno vent’anni che chiamiamo etichette cose che non sono etichette. I gruppi si producono I dischi. Le pseudo etichette sono delle realtà di marketing e distribuzione
Dal vivo invece che musica viene fuori? Quanto il disco somiglia a chi siete per strada?
Il disco è stato praticamente suonato in presa diretta con pochissime sovraincisioni. Quindi ci somiglia molto.
Un punto di vista sulla scena indie che ci circonda?
Tanta offerta. Molta uniformità di contenuti e di soluzioni. Qualche punta di genialità. In realtà un’offerta molto giovane per ragazzini.
Ho l’impressione che si pensi sempre di più allo spettacolo che al contenuto. Al far vedere che al dire qualcosa…
La cosa che mi è interessante è la totale autoreferenzialità dell’immaginario narrativo. Tutto o quasi tutto è in prima persona e parla della poetica del Toblerone. Repliche di status di Facebook. Benissimo. Sicuramente colpiscono il target giusto.
Il vinile. Oggi tutti tornano al vinile. Voi?
La pesantezza del vinile e la leggerezza del bit. Mi vengono mente le “Lezioni americane” di Calvino – ride -. Noi abbiamo fatto il cd. Come vedi non abbiamo un gran fiuto per il marketing.