– di Gabriele Colombo –
Un allenatore molto forte con cui lavoro è partito, e in un discorso per la squadra, costruito insieme, è partito da una canzone di Niccolò Fabi.
La citazione è: «Costruire è sapere rinunciare alla perfezione».
Per lui, la perfezione è dei mediocri. E io condivido.
Si cerca la perfezione come unico strumento per il successo.
Per come la vedo io, se vuoi raggiungere l’eccellenza, è sempre meglio partire dalle imperfezioni.
Ed è proprio sulle partenze che Niccolò Fabi, nella sua canzone Costruire, si ferma fin da subito. Torna lì, alla bellezza dell’inizio, della prima volta.
Chiudi gli occhi
Immagina una gioia
Molto probabilmente
Penseresti a una partenza
Le partenze sono piene di gioia da prima volta. Come ogni prima volta, la novità riempie la nostra mente di cose belle, di sensazioni positive. Ma cosa causa, a livello chimico, questa sensazione?
La noradrenalina: il direttore d’orchestra nascosto del nostro cervello. Mentre tutti parlano di dopamina come la “molecola del piacere”, c’è un altro protagonista che lavora nell’ombra e che prepara il terreno per le nostre esperienze più belle: la noradrenalina.
Immaginate di essere a un concerto.
La dopamina è il momento in cui la vostra canzone preferita inizia a suonare e vi sentite euforici.
Ma la noradrenalina?
È quella che vi ha fatto alzare dal divano, vi ha convinto ad andare al concerto e ha acceso le luci del palco.
Senza di lei, la dopamina non avrebbe nemmeno la possibilità di entrare in scena.
La noradrenalina funziona come una sveglia biochimica. Quando incontriamo qualcosa di nuovo o potenzialmente importante, questo neurotrasmettitore ci mette in stato di allerta: dilata le pupille, accelera il battito cardiaco e affina l’attenzione. È come se dicesse al cervello: «Ehi, sta per succedere qualcosa di interessante, preparati!».
Solo quando la noradrenalina ha fatto il suo lavoro, creando questo stato di “prontezza”, la dopamina può entrare in azione e regalarci quella sensazione di ricompensa e piacere. È un po’ come preparare il terreno prima di piantare:
senza un suolo fertile (noradrenalina), il seme del piacere (dopamina) non può germogliare.
Questa partnership spiega perché le esperienze che ci coinvolgono emotivamente — dal primo bacio a un viaggio in un posto nuovo — sono così memorabili. La noradrenalina non solo prepara il campo alla dopamina, ma potenzia anche la formazione dei ricordi, rendendo questi momenti indelebili nella nostra mente.
E perché, mi ha chiesto un giovane atleta l’altro giorno, «dopo un po’, quando la novità svanisce, mi sento meno motivato?».
Ma tra la partenza e il traguardo
Nel mezzo c’è tutto il resto
E tutto il resto è giorno dopo giorno
E giorno dopo giorno è
Silenziosamente costruire
Ogni volta che raggiungi un obiettivo, le sensazioni che provi sono così belle che le difficoltà incontrate durante il percorso è come se si dimenticassero. Un po’ come il dolore del parto. Ma, come nel parto, quella fatica è stata fondamentale, e in un certo senso lascia un vuoto. Anche fosse solo il vuoto di una pancia enorme che non c’è più.
La fatica costruisce il sogno, giorno dopo giorno. Il paradosso è che la fatica serve! Come il silenzioso costruire di ogni singolo giorno. Non è essenziale, che sia chiaro. E soprattutto non è essenziale il dolore. Ma non puoi raggiungere un sogno senza superare ostacoli.
Il sogno è il coronamento della fatica, ma paradossalmente ne uccide la forza propulsiva. Se noti, dopo averlo raggiunto, hai meno voglia di sudare.
Cioè, quando hai un problema da risolvere, una fatica da affrontare, un ostacolo da superare, hai molto più forza di quando la tua esistenza è una piatta strada senza asperità, o di quando hai già raggiunto quello che volevi. Le difficoltà spesso le accettiamo a malincuore. Ma sono parte del processo.
E quando il processo non porta a risultati?
Il vero dilemma, di ogni sportivo e di ogni persona, è che poi devi avere a che fare con il risultato, che è la cosa più difficile da gestire. Come mi ha detto lo stesso allenatore dopo essere stato eliminato dai Playoff: «Giudicare una prestazione dal risultato è come guardare le cose solo considerando la fine, giudicare una relazione sulla base di come è finita».
Oppure tornando alla canzone di Fabi:
Ma il finale è di certo più teatrale
Così di ogni storia ricordi solo la sua conclusione
Così come l’ultimo bicchiere, l’ultima visione
Un tramonto solitario, l’inchino, poi il sipario
La mia idea è che, una persona che si rapporta alle situazioni complesse — come i brutti risultati o i risultati che uno non voleva vedere — come uno stimolo per migliorare, ha più opportunità per crescere.
Possiamo cercare di cambiare quello che siamo, sacrificando quello che facciamo all’altare della ricerca della perfezione,
oppure rendere l’imperfezione utile, valorizzando il fatto che siamo capaci di eccellere anche nella situazione peggiore.
Chi eccelle non si lascia sopraffare dall’ansia del perfezionismo e gode delle anomalie della vita. Gli imperfezionisti sanno, con Luis Borges, che soltanto insieme al disordine la simmetria trova il suo senso. In altre parole, sanno che “perfetto” significa “chiuso”, e cioè “che non lascia spazio” ad altri innesti.
Se vuoi divertirti mentre migliori, devi imparare ad accogliere l’imperfezione. Gli imperfezionisti non escludono affatto la perfezione dalla loro vita. Semplicemente smettono di cercarla nelle azioni e nelle persone.
Cadrà la neve a breve
Non costringono più il mondo ad entrare dentro le cornici: accettano che la penna assurda dell’esistenza scriva anche (e soprattutto) fuori dai bordi. Sentono la perfezione della Vita che si manifesta nella relazione generale tra le infinite imperfezioni dei singoli. Cercano e generano la quadratura degli “errori”.
Perché, come ha scritto Pascoli ne Il fanciullino: «Come è necessaria l’imperfezione per essere perfetti!».
Chi ha la forza di eccellere, crea dalle imperfezioni e ispira chi ha intorno con la sua capacità di andare fuori dalle convenzionali unità di misura del successo.
Come ripete Niccolò Fabi: «Costruire è sapere rinunciare alla perfezione».