Quando sarò vecio è il nuovo singolo di GIORGIO GOZZO, in uscita il 28 maggio per UMA Records. Il brano dà l’inizio al progetto solista di Giorgio Gozzo, membro dei Rumatera e una delle personalità più conosciute della scena musicale veneta.
Quando sarò vecio è il manifesto di un capitolo musicale che Giorgio Gozzo tiene ben radicato alla sua terra, che da sempre ha ispirato la sua musica in ogni sua esperienza: il Veneto. Il dialetto è il punto di partenza di un inno alla vita introspettivo, una lettera d’intenti per gli anni a venire con cui Giorgio si apre al suo pubblico. L’artista sembra intravedere il suo futuro, che non può essere lontano da una terra tanto amata. Un rapporto indissolubile che negli anni l’ha portato a diventare una delle anime musicali più note e apprezzate della regione, grazie alle esperienze con Rumatera.
Ecco cosa ci ha raccontato!
Quando hai deciso di avviare un progetto solista?
Durante il lockdown sono rimasto per 2 mesi a casa da solo in un periodo emotivamente difficile per me e quindi ho avuto tempo di scrivere un sacco di canzoni che si distanziano molto artisticamente da tutto quello che faccio con la mia band Rumatera. Ho pensato di riunirle tutte in un nuovo progetto.
Ci spieghi la scelta dell’utilizzo del dialetto?
Non credo sia più una scelta ma un’esigenza. Dopo tanti anni a scrivere e a cantare in Veneto sento che raggiungo livelli di onestà espressiva che non hanno paragoni con altre lingue e che emozionano me in primis quando scrivo e canto. Questa è la lingua che parlo tutti i giorni con i miei amici, con i parenti, coi vicini di casa, con la gente per strada. Sono io.
Dopo tutto questo periodo, c’è ancora voglia di futuro e di fare musica?
Credo che non ce ne sia mai stata così tanta. Credo che le limitazioni e le rinunce abbiano ispirato chi è sensibile e anche a far venire fame di cose nuove. Quando sei un artista a tempo pieno ti trovi in una routine di album/tour/album/tour che indubbiamente è piacevole ma fermarsi secondo me ha aiutato a far mente locale sul perchè di certe cose e ha aiutato le persone a capire le priorità della vita. Per me la conferma è stata che la musica è al primo posto e per l’ennesima volta mi ha salvato, facendomi scrivere cose che non avrei mai pensato e di cui sono estremamente orgoglioso.
E riguardo i Rumatera, qual è la connessione tra il punk californiano e Venezia?
Ce ne sono un sacco, Venezia era la Los Angeles del ‘700, i tempi cambiano ma lo spirito rimane. Il punk rock californiano esprime semplicità sia a livello musicale che nei testi e si addice perfettamente al nostro stile di vita. Dico sempre che, da convinto “toso de campagna”, le uniche due città al mondo dove vivrei sono Venezia e Los Angeles, le adoro entrambe per motivi diversi e per la loro diversità. Quando siamo stati a Los Angeles per un pò mi sono reso conto però di quanto io preferisca la vita a Venezia. Di quanto la tanto osannata Venice Beach sia solo un mega vorrei ma non posso con la semplice fortuna che ci sono le palme e l’oceano ad alzare il punteggio ( Attenzione, adoro quel posto ma fa ridere che sia una replica simpatica di una cosa artisticamente sopra qualsiasi cosa al mondo, irraggiungibile.). Quando con i Rumatera abbiamo avuto una chitarrista americana per l’estate 2016 ( Jen Razavi, trovata con un talent show girato a Los Angeles con protagonisti i Rumatera, per chi se lo fosse perso consiglio su Youtube : Rumatera The Italian Dream) ho aperto gli occhi su molte altre cose che davo per scontate. La ricordo scendere dalle scale durante una normale festa a casa nostra (150 persone molestissime, musica a tutto volume e gente che vola in piscina) e dire : “ F**K ! Da noi ste cose le fanno nei films ma voi le fate davvero!” Ahaha e pensare che eravamo convinti fosse il contrario! La cosa più bella che rimane ancora da noi mentre a Los Angeles è quasi sparita è il senso di comunità, dello stare insieme al di là degli interessi personali, di far cose semplici in gruppo, che è una cosa molto Italiana in generale.
Ti senti effettivamente parte di una scena veneta? Chi ne fa parte?
Bella domanda. Credo che molte persone pensino che siccome qualcuno canti in Veneto allora faccia parte di una scena Veneta. Non è così. Trovo assurdo che ci siano poche persone che cantano in Veneto, molti lo parlano tutti i giorni e poi cantano in Inglese (non sapendolo neanche bene e non rendendosi conto di quanto si mettano in ridicolo) o in Italiano perchè “dove vuoi andare cantando in Dialetto” . Se la domanda è questa io rispondo : “ Ad essere me stesso al 100%”. Se il mercato musicale per la mia lingua non esiste, meglio ancora, voglio aprirlo io, e se tornerà qualcosa per me, bene, sennò qualcun altro beneficerà dei miei sforzi e ne sarò felice. Ho avuto la fortuna di trovare dei meravigliosi compagni di Viaggio nei Rumatera che da sempre condividono la stessa fede e la stessa missione, in particolare il nostro leader, il Bullo (Daniele Russo), che in materia è sempre stato coerente ed illuminante. Partendo dal presupposto che ognuno debba fare quello che si sente e non essere giudicato in nessuna scelta artistica, trovo triste che i ragazzini imitino sempre più lo slang Milanese e Romano, falsificando accenti e anche atteggiamenti, perchè ritengono che i loro naturali non siano all’altezza, però capisco che è normale, anche io lo facevo in adolescenza imitando gli americani. Può risultare una buona palestra ma se ti focalizzi troppo su essere qualcosa che non sei al 100% e vuoi durare come artista nella lunga distanza stai perdendo tempo. Questo non ti fa diventare figo ma fa perdere la personalità fondamentale per essere credibili. Una cosa di cui non ci si rende conto da subito è che ad un Veneto di provincia può anche far figo il Milanese o il Romano che parla nel suo slang (adoro Er Califfo da sempre), ma al Milanese e Romano non fa figo il Veneto che parla in Milanese o Romano, ti smascherano subito. L’immaginario connesso alla nostra lingua non arriva ancora a tutti come dovrebbe arrivare, ci vorrà ancora del tempo e degli artisti molto validi che si diano da fare e poi devi far parte di un contesto per poterlo raccontare, e per farlo devi usare i termini reali, ci sono le eccezioni ovviamente ma sono comunque in contesti rari e diversi, non ci si può basare su quelle. Quindi o prendi e vai a far parte di un contesto a tempo pieno o lavori nel tuo e per il tuo, tutti hanno un contesto nel momento in cui vengono al mondo.
Ho molti amici che cantano in Veneto, alcuni mi piacciono, altri no, come dovrebbe essere normale. La scena nasce di solito con un genere musicale ben preciso e con un movimento culturale annesso più che con una lingua, di sicuro mi piacerebbe che ci fosse chi canta la mia lingua in ogni genere musicale ma questo appunto non vorrebbe dire che poi faremo parte della stessa scena. Possiamo sicuramente provarci ma dobbiamo essere affini a livello personale in primis. Credo che sia responsabilità di ogni artista quella di fare delle belle canzoni che superino ogni confine. Ascolto molta musica cantata in Inglese, in Tedesco, in Napoletano e c’è molta gente fuori dal Veneto che ascolta musica Veneta. Credo molto nella meritocrazia, soprattutto da quando c’è internet e credo che se il Veneto non è ancora in cima alle classifiche vuol dire che nessuno ha ancora fatto la canzone degna di esserlo. La sfida è eccezionale e c’è un posto libero che nessuno ha ancora preso, cosa c’è di più bello e stimolante per me ma soprattutto per le nuove leve? Di sicuro non scimmiottare cose che sono già scoppiate nelle grandi città e passare la vita ad essere i numeri 165 o 3345567 quando ti va bene. La top 10 è già salda perchè gli artisti hanno fatto loro stessi. Più cresco e più mi rendo conto di essere diverso da quello che solitamente “ funziona”, faccio parte di una minoranza e ne sono fiero ma voglio far sentire la mia voce a tutto il mondo e l’essere diverso non è una scusa per non riuscirci ma anzi una battaglia interessante, una missione di vita, per me e per tutti i “diversi” come me.
Come sarai quando sarai vecio?
In molti mi chiedono quanto andrò avanti a fare questo mestiere, e rispondo sempre che finché avrò fiato lo farò. Per me è un esigenza non un obbligo. Il mio grande esempio è il grande Gianni Dego, leggenda del liscio nostrano e caro amico. Gianni è riuscito a continuare la sua passione crescendo una meravigliosa famiglia e quando canta si emoziona ancora come un bambino, riesce a donare felicità a chi gli sta attorno e mantiene quel brio nel cuore e negli occhi che non ho più trovato alla maggior parte dei cantanti famosissimi e ricchissimi che ho conosciuto nella vita. Quindi quando sarò vecio vorrei essere anch’io così, pieno di amore e passione, del resto non mi interessa. Che poi uno come Gianni non diventerà mai realmente vecio…. quindi è un affare!