Il 6 settembre torna Streben, all’anagrafe Mattia Pecoraro, per raccontare le sue riflessioni mentre passeggia sul Lungomare di fine estate.
– di Paolo Pescopio –
Fra spiagge e onde che fra poco diventeranno un ricordo romantico di ciò che è stato, Streben torna, chitarra in mano, a raccontare dei mesi intensi, sicuramente liberi, ma che portano molti pensieri, spesso anche meno leggeri.
L’estate è una stagione strana. L’evasione dalla quotidianità e la spensieratezza convivono e devono farsi posto fra gli addii, le lontananze, le mancanze e i ritorni.
“Ho sempre avvertito questo forte contrasto tra la voglia di spegnere la mente ed una emotività amplificata”
Queste le parole del nostro Streben, che racconta quella tensione interiore, quel senso di contrazione e distensione che, non solo emotivamente, ma anche fisicamente, ci affligge nella fine dell’estate, come quella morsa allo stomaco che ci prende quando realizziamo che quella è l’ultima spiaggia, l’ultima notte, l’ultimo bacio, l’ultimo amore.
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La bolla in cui cerchiamo rifugio si rivela trappola, illusione che ubriaca la mente e confonde il cuore. È facile immaginare un futuro che non esiste, soprattutto in queste notti ancora così afose, in cui tutto sembra annebbiato e confuso nella densa aria di un’estate che, in fondo, non c’è più. Eppure esiste dentro ognuno di noi qualcosa in grado di farci scorgere la direzione, di farci cogliere cosa è attuale e cosa invece, anche se presente, in realtà appartiene già al passato. E non si può spiegare, lo si capisce e basta mentre si buttano parole su un foglio bianco. Questo è il senso di Lungomare: possiamo immaginare qualsiasi scenario possibile, ma l’intuito rimane la luce che ci guida anche attraverso le preoccupazioni delle distanze, oltre i dolori degli addii, anche tra le paure dei ritorni.
Una canzone per farci coraggio, per crescere insieme e superare quelle ansie, così umane, che spesso ci prendono nei momenti che invece vorremmo cristallizzare nella nostra mente.
Streben nasce da un risveglio, dalla necessità di emergere dalle macerie di un passato che non c’è più, dalla voglia di ritrovare se stessi tra il caos che dentro di noi scatena gli eventi che la quotidiana vita ci pone davanti. Il nome stesso, termine tedesco che significa anelito o struggimento e con cui si esprime una concezione della vita come sforzo incessante, manifesta il continuo tentativo di superare qualunque ostacolo sia materiale che spirituale, al fine di vincere la battaglia per la conquista della propria ritrovata umanità. Dopo anni di inattività, questo progetto solista ha come unico obiettivo l’esigenza puramente intima e personale di portare in superficie il maremoto di pensieri ed emozioni dentro cui, altrimenti, annegheremmo.