David Petrosino nasce a Roma il 21/09/1963. Inizia a suonare il pianoforte in giovanissima età, studia musica in Italia e negli Stati Uniti, e fin dai primi anni Ottanta è compositore, autore, interprete in vari gruppi (tra gli altri: Lunar Sex, Sailor Free, Handala), nonché insegnante, fonico e produttore (Pino Marino, Zezi, Claudio Lolli, Enrico Capuano, e tanti altri). Abbiamo chiacchierato con lui in occasione dell’uscita dell’ultimo album dei Sailor Free, Spiritual Revolution, parlando del disco, della sua genesi, della situazione del mondo della musica in Italia, raccogliendo suggerimenti utili e interessanti per chiunque voglia affacciarsi seriamente – o già lo sta facendo – al mondo della musica.
“L’idea di partenza del nostro nuovo disco Spiritual Revolution nasce una quindicina d’anni fa prendendo spunto dalla storia di Beren e Lúthien – un racconto contenuto all’interno del Silmarillion di Tolkien – che riesce, nonostante la sua brevità, ad avere l’intensità di un grande libro poiché affronta grandi temi universali come l’Amore, il Tradimento, la Ricerca, la Condivisione della Conoscenza. Il fascino di questo racconto ci ha portato a compiere un percorso di ricerca – musicale e non – lungo il quale abbiamo incontrato il sito www.srpeople.org (Spiritual Revolution People) che promuove un’idea attiva e pratica di Rivoluzione Spirituale. Il percorso del sito, che noi abbiamo fatto nostro, propone la liberazione dai meccanismi che il Sistema utilizza per tenerci imbrigliati e la preparazione al grande Cambiamento che sta arrivando suggerendo, in previsione di ciò, metodi pratici e strumenti vari. Unendo gli elementi del racconto di Tolkien e della Spiritual Revolution abbiamo scritto una storia originale che si sviluppa lungo tutto il nostro album: un racconto di fantascienza, ambientato in un futuro prossimo, dove i protagonisti vivono avventure che richiamano alla storia di Beren e Lúthien. Con Spiritual Revolution non abbiamo voluto solo scrivere un disco, ma anche contribuire al Cambiamento, aiutare nella formazione di un metodo, attraverso un disco che possa lasciare ad ogni ascolto “residui” utili a questo processo di cambiamento: in questo momento storico, e attraverso i molteplici mezzi di comunicazione a disposizione, molti hanno raggiunto la Conoscenza, la consapevolezza di ciò che sta accadendo, ma pochissimi riescono a metterla in pratica nelle loro vite, sia perché non ancora profondamente radicata, sia perché il Sistema lascia pochissima libertà di movimento, ed è perciò difficile portare attivamente nella propria vita questo tipo di consapevolezza.
Il problema è che quelle che noi definiamo scelte personali in realtà sono effettuate all’interno di pochi parametri che il Sistema impone. Questo discorso vale anche per quel che riguarda il problema dell’omologazione musicale, purtroppo. Noi Sailor Free ci riferiamo agli anni Settanta non tanto dal punto di vista musicale, ma per il loro spirito: in quegli anni c’era una libertà creativa enorme, non si seguiva uno stile imperante; ora invece sono pochissime le cose che escono fuori da un magma omologato che suona tutto uguale. Per questo penso che se avessi la possibilità economica e il tempo di farlo, vorrei mettere in piedi un’associazione che organizzi una campagna continuativa per distruggere i contest e tutto quello che c’è intorno.
Tutti quelli che a qualsiasi livello organizzano contest per me sono dei buffoni che devono chiudere: all’interno di questo mondo si muovono promoter e localari incapaci di fare il loro lavoro, che sfruttano il desiderio creativo e di esibirsi dei giovani per portare a casa la pagnotta senza fare serio rischio d’impresa, delegando alle stesse band parte del lavoro di organizzazione.
Se i musicisti devono occuparsi di queste cose, rubano tempo al loro lavoro, alla loro ricerca musicale e artistica. I giovani devono capire di avere loro in mano il potere, che il loro lavoro viene sfruttato e proprio per questo spesso ne risente dal punto di vista qualitativo: proprio per questo devono concentrarsi maggiormente su di esso, dedicarsi di più alla loro ricerca facendola con sincerità, e ribellarsi contro chiunque chieda loro dei soldi per suonare; se tutti loro prendessero questa decisione, non ci sarebbero più queste realtà di sfruttamento, e i giovani potrebbero organizzarsi i loro concerti nel modo migliore, riuscendo anche a fare seria impresa. A volte ai giovani manca anche un serio progetto di lavoro a lungo termine, un altro problema nel quale possono far breccia i contest che danno la possibilità di partecipare a grandi eventi: si pensa che l’eventuale partecipazione all’evento sia un punto di arrivo, ma se non è inserita all’interno di una visione più ampia del proprio lavoro artistico, rischia di diventare una situazione fine a se stessa, non programmata e quindi non sfruttata nel modo più corretto e utile. Il fatto è che per imparare un lavoro, qualsiasi tipo di lavoro, ci vuole tempo e dedizione: un altro meccanismo utilizzato dal Sistema per ottenere l’omologazione è indurre un’errata percezione del tempo che passa, facendo credere che bisogna correre, fare in fretta, trovare scorciatoie, essere sempre i più veloci, e spesso si ha la pretesa di saper fare qualcosa solo se la si impara a fare nel minor tempo possibile. Questo atteggiamento porta ad accettare condizioni di lavoro assurde, portando a un abbassamento generale della qualità del lavoro: bisogna riscoprire l’apprendistato, la cosiddetta “bottega”, in qualunque tipo di lavoro, compresa la musica, e scoprire così se si ha veramente la passione per quel lavoro.
Noi per Spiritual Revolution abbiamo impiegato quattordici anni (con un lavoro continuativo negli ultimi due), avendo a disposizione pochi mezzi, ma mantenendo un atteggiamento serio di ricerca e muovendoci al di fuori dei grandi meccanismi economici, perché ci abbiamo creduto e ci crediamo, e per noi questo è molto importante: l’artista deve muoversi per fede, per convinzione, per ottusa passione, per esaltazione, deve ricercare o provare a farlo costantemente. Anche perché con l’omologazione non si arriva comunque a grandi guadagni. In Italia la gente che vive di musica con un percorso artistico serio la possiamo contare sulle dita di una mano; e allora tanto vale fare il musicista rispettandosi: bisogna suonare per se stessi, non per fare soldi. Visto che non si può vivere di sola musica, visto che saranno sempre di più i soldi spesi che i soldi guadagnati – questo qualunque musicista lo sa – allora tanto vale fare musica con serietà.
Chi, con l’alibi del dover campare, si omologa, non ha niente a che fare con la musica o la ricerca artistica: questo è fare intrattenimento. Non ho nulla verso chi fa questa scelta, ma in questo modo è inevitabile che si vada a intaccare la ricerca e la sensibilità artistica: come faccio a scrivere musica pensando di accontentare qualcuno o di assomigliare a qualcosa, e allo stesso tempo essere sincero? Non parlo ovviamente dell’essere ispirati dalla musica ascoltata e fruita, che è naturale e inevitabile. È anche grazie a questo spirito che il nostro album suona come un disco internazionale, è la dimostrazione pratica di qualcosa di possibile se si ha volontà, e se si ha volontà si riesce a trovare il tempo necessario per portare a termine i propri progetti. Più tempo si riesce a dedicare al proprio progetto, più si potrà ottenere un ottimo risultato.
Su un disco internazionale molta gente si dedica a tempo pieno alla realizzazione dell’album; un gruppo giovane non può pretendere di avvicinarsi ad un risultato simile con una quantità di tempo non paragonabile a quella utilizzata dalle grandi produzioni, e questo può essere molto frustrante. Ma è un meccanismo che va accettato, altrimenti si lascerà la musica e l’arte in generale solo a chi se la può permettere, determinando una divisione classista degli artisti.
Bisogna quindi ritagliarsi il tempo in maniera faticosa, lavorare molte notti, ma si può fare. Noi speriamo che Spiritual Revolution abbia una buona diffusione, e che possa ripagarci degli sforzi fatti, anche economicamente, ma sappiamo che tutto questo deve avvenire dopo la realizzazione di uno scopo artistico: il denaro nell’arte e nella musica non deve essere l’obiettivo da raggiungere, ma un effetto secondario”.
Ringraziando David Petrosino per la splendida e piacevole chiacchierata, vi ricordiamo che Spiritual Revolution dei Sailor Free è acquistabile ordinandone una copia fisica attraverso il sito www.sailorfree.com, oppure in digitale su iTunes o su Amazon.
Flavio Talamonti
ExitWell Magazine n° 0 (gennaio/febbraio 2013)