In rarissimi casi la vita è così generosa da offrirti cose che apprezzi immediatamente e tantissimo pur conoscendole ancora poco. Non è solo una sciocca fantasia romantica. È questione di incontri, intuizioni e di cose così belle da solleticare prima il sistema nervoso che non la razionalità. Ecco come tenterò di incuriosirvi:
Kruscev è rivoluzionario.
Difficilmente oggi capita di ascoltare musica solo strumentale senza rimpiangere la presenza di un bel testo che le renda uno scopo o che non risulti sfoggio di costruzioni sonore, anche troppo complesse, che finiscono solo per rivelarsi inespressive.
Quindi, a meno che non si tratti della buona vecchia guardia, quasi ogni tentativo contemporaneo di comunicare qualcosa per sola via strumentale risulta spesso una colonna sonora mancata o un sottofondo prog rock a qualcosa di non specificato.
Kruscev è un altro mondo. Esiste da poco più di un anno e, a quanto dimostra dalla manciata di live fatti finora, sembra avere le potenzialità giuste per abbattere tutti i cliché sopra elencati.
Andrea Ruggiero fonda il trio Kruscev in seguito a una richiesta dello Sparwasser di Roma che gli propone un live di mezz’ora di violino solo. Suonare da solo però non lo diverte e decide di affiancarsi Luciano Turella, ex Criminal Joker, e Giorgio Maria Condemi, parte della formazione vincente di Motta e attivo in altri progetti interessanti da scovare nei live club della capitale.
La chitarra di Condemi e la batteria di Turella però non sono affatto un accompagnamento. Viaggiano a piena forza noise senza nessun bisogno di contenersi per lasciare spazio a un violino con manie di protagonismo. Non siamo di fronte a uno di quei tentativi di rendere rock uno strumento classico, né di rimodernare stili che non ne hanno alcun bisogno. Semplicemente Andrea Ruggiero, che di giorno si dà allo studio della musica antica, compone per il suo strumento la parte adatta a renderlo protagonista senza scadere in virtuosismi autocompiaciuti e stantii.
Sfida rischiosa quella di tentare la strada dello strumentale in un panorama musicale che va matto per i versi dei nuovi cantautori.
“Qualche anno fa ascoltavo uno fra i miei gruppi preferiti, i CSI, costantemente alla ricerca di qualcosa in più da imparare sia dalle liriche che dall’aspetto musicale. Oggi i testi sono venuti in secondo piano e nel caso di Kruscev voglio dare libero sfogo alla musica e liberarmi dal peso del testo. Credo sia una bella scommessa quella di riuscire ad affermarsi soltanto tramite uno strumentale. È quello che sono riuscite a fare in Italia band come gli Zu e i Calibro 35 spianando la strada al genere. Il pubblico è pronto e maturo per ascoltare anche un trio come Kruscev.”
Senza il vincolo di un testo c’è più spazio per l’immaginazione e anche per un tocco di ermetismo, forma da cui Andrea Ruggiero è molto affascinato. Per questo, per i suoi pezzi, sceglie titoli piuttosto evocativi. Nomi di città, nomi di icone storiche e personaggi realmente esistiti.
“C’è un pezzo a cui tengo molto che è dedicato a Gian Maria Volonté. L’ho scritto dopo aver visto per la centesima volta “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”. Generalmente lascio libera interpretazione a partire dal titolo con cui do una piccola traccia e poi cerco di essere comunicativo attraverso la musica. In quel caso ho pensato a una musica che tenda all’inquietudine perché è quello che i suoi film mi hanno sempre comunicato.
Kruscev, in fondo, è anche un progetto che necessita di immagini. Sono affascinato dalla forza evocativa che possono avere e per questo durante i live proiettiamo film, concerti sinfonici anche a contrasto col nostro sound. Penso anche che delle immagini su un motivo siano veramente potenti e mi è sempre piaciuto musicare film. È proprio un chiodino fisso che ho io.”
In realtà alla musica di Kruscev non servirebbe aggiungere altro. Se le immagini ispirano il processo creativo, il momento del live ne suscita di nuove e personalissime in chi ascolta.
Andrea Ruggiero rivela una sincera modestia nel non attribuirsi grandi capacità neanche quando gli sono riconosciute da grandi musicisti della scena internazionale. Dal 2016 infatti, Micah P. Hinson, uno degli ultimi veri storyteller dei lontani Stati Uniti, lo ha scelto per i suoi tour europei e per una collaborazione al nuovo album che vedrà la pubblicazione in autunno. Sia sul palco del Monk, dove si sono esibiti insieme il 2 aprile scorso per il decennale di “The Opera Circuit”, che nei loro scambi personali, Hinson non ha risparmiato gli apprezzamenti.
“Micah è molto esagerato in realtà. Lui è uno che ti esalta e l’esaltazione a volte fa bene, gratifica tanto e dà sicurezza. È bellissimo andare sul palco con la consapevolezza che quell’artista ti stima. Forse Micah è stato il primo in tutti questi anni che mi ha gratificato come volevo, perché i suoi complimenti sono sinceri. Esagerati ma sinceri. Sembrava realmente innamorato di quello che facevo e questa cosa io l’ho riscontrata soltanto in lui. Ho suonato con tanta gente e più o meno con tutti quanti ho sempre dovuto mediare sia in studio che nel live. Micah mi ha detto ‘Mi fido di quello che farai’. Con lui c’è stata libertà.”
Di gratificazione forse se ne incontra a fatica nel rigido ambiente classico da cui viene Andrea Ruggiero, diplomato in conservatorio. La caratteristica sonorità di Kruscev non sarebbe completa, però, senza uno studio serio alla base, visto che è un equilibrato incontro fra una tecnica solida e un estro creativo curioso, un po’ malinconico che non conosce tonalità maggiore.
L’ispirazione viene dal lontano nord-est europeo che col suo fascino storico, la travagliata vicenda politica e il clima durissimo ha impressionato l’immaginazione di questo giovane musicista che crea un folk inedito dalle nostre parti, più introspettivo e nordico di quello delle tradizioni mediterranee. La forza vitale del suo sound arriva potente come una fitta nevicata sulla Piazza Rossa, corre su lunghe distanze e riempie grandi spazi. Leggero ma anche aggressivo, essenziale e al contempo imponente.
Per il primo lavoro di Kruscev Andrea Ruggiero prevede qualche collaborazione a patto che si abbia una visione comune dell’obiettivo finale. Gli amici illustri non mancano ma il trio Kruscev è attualmente work in progress. Perciò capita di riferirsi ad alcuni brani con nomi ancora approssimativi. Gli ultimi live si sono conclusi con un pezzo che lui chiama “Unabomber” e che io ho immediatamente battezzato “Cazzo, i Motörhead col violino!!!”, mentre sulla scaletta stropicciata rubata a fine concerto c’è annotato un “Parapà”.
Comunque si chiami quel pezzo, li aspettiamo.
Alessandra Virginia Rossi
Grazie a Carolina Alabrese per le foto