• di Laura Berlinghieri •
“Le mie stagioni colorate”. “Stagioni” come metafora della vita. Ma “Le mie stagioni” anche come una delle tracce del disco («La mia preferita», ci confida).
È il titolo del nuovo album di Alberto Massidda, musicista cagliaritano, ma milanese d’adozione, che fa il suo debutto nel mercato discografico ora che, come rivela lui stesso, il suo rapporto con la musica dura già da diversi decenni.
«Sono canzoni nate tra gli anni Novanta e gli anni Duemila. Le suonavo, le ascoltavo e le riascoltavo. Continuavano a piacermi e volevo avere un riscontro esterno, per trovare il mio (e il loro) piccolo spazio nel mondo. Ho chiamato Emanuele Esposti, pianista con cui collaboro da anni, e insieme abbiamo curato gli arrangiamenti e registrato il disco».
E poi i colori. Nell’estetica dell’art work («Sono i colori di mia madre, che era pittrice. Non sono un esperto d’arte e sono negato per il disegno, i suoi lavori mi hanno sempre affascinato. Ho voluto farle questo omaggio, perché è stata molto importante per me»); ma anche come (ulteriore) metafora dei suoni, con una musica che attinge a piene mani dalla tradizione chitarristica brasiliana e napoletana, tra bossanova e riferimenti a Pino Daniele: «Sono cresciuto con la musica della west coast, con il rock e con i pezzi dei Led Zeppelin. Poi è arrivata la musica nera. Insomma, i miei primi ascolti andavano sempre oltre i confini nazionali. La folgorazione? Pino Daniele. Prendeva la musica internazionale e la rendeva italiana, napoletana. È stato grazie a lui che mi sono avvicinato alle canzoni di casa nostra: quelle di Fabio Concato, Sergio Caputo. L’altro colpo al cuore è stato il sound brasiliano. Ho ascoltato Gilberto Gil e Caetano Veloso e mi si è spalancato un nuovo mondo fatto di ritmo e armonie jazz».
E ancora un riferimento italiano, un certo Battisti (con Mogol, come quello di “Innocenti evasioni”): «Quale autore italiano non ha preso qualcosa da lui? È l’inventore del pop nel nostro Paese, un musicista da cui non si può prescindere». Riferimenti musicali, ma anche testuali, con quell’ironia (colorata, ça va sans dire) che permea il testo di ogni canzone: «Scrivo quello che sono: non mi piace prendermi troppo sul serio e, nonostante con la musica sia capace di commuovermi, non potrei mai cantare dell’”amore assoluto”. Nella vita sono una persona molto ironica, quindi anche le mie canzoni lo sono. Scrivo d’amore, perché è la cosa più naturale e universale che ci sia, ma lo faccio con il sorriso. Anche se parlo di abbandono cerco sempre una via d’uscita».
Abbandono come presupposto di “Le mie stagioni”, title-track del disco: «È un’esperienza che abbiamo vissuto tutti. Ho provato a renderla universale, costruendo un parallelo tra la fine di una relazione e i grandi disastri ambientali. In entrambe le situazioni è necessario ricominciare: ricostruire dalle macerie, mattone dopo mattone». Concludiamo con l’inizio: “All you got to do”. Manifesto programmatico dell’album? «In realtà è l’ultimo pezzo che ho scritto, però può essere considerato il riassunto dell’intero lavoro. C’è la depressione di una giornata vuota, riempita dal senso dell’abbandono. E dall’arrivo di una vicina americana in grado di dare i giusti consigli…».
E il consiglio di Alberto Massidda qual è? «Amarsi un po’ di più: è l’unico antidoto contro le difficoltà. Non essere troppo severi con se stessi, cercare il lato positivo di ogni situazione, perché in tutto c’è del buono».
Massidda presenterà il suo nuovo album live il 29 marzo al BFLAT di Cagliari. Insieme a lui, sul palco, Emanuele Esposti (piano e tastiere), Loredana Casula (voce), Roberto Deidda (chitarra), Alessio Povolo (basso) e Daniele Russo (batteria).