È un ritorno che mi ha regalato meraviglia e semplicità. È un modo antico di pensare alla parola e al suono ma in fondo, percependo quanto sia tanto personale, è un modo sempre nuovo, unico, identitario. Luca Spaggiari della label Private Stanze torna con un disco potente per la sua capacità di rendere visibile tutto ciò che custodisce dentro come uno sfogo segreto: “Santa Miseria” mette a nudo la solitudine dell’uomo. Ma mette a nudo tantissime altre cose inevitabili… che ognuno lo ascolti con immersione e abbandono. Che questo disco ha mille facce mutevoli, ad ogni ascolto che faccio…
Fiumi di gente che parla e parla… quanto rumore di fondo… per questo la tua voce sussurra spesso?
Non ho la necessità di farmi sentire, preferisco farmi ascoltare. Una diretta conseguenza della tua considerazione. Potrei quindi rispondere di sì.
Quanta solitudine si deve accettare per scrivere un disco simile?
Troppa. Fortunatamente non mia, non ora almeno. È l’accettazione della solitudine che ti porta all’alienazione da te stesso. Siamo circondati da persone che non se ne accorgono ma non esistono.
E quanta luce si deve spegnere anche? C’è così poco colore ovunque…
Ho il ricordo che da bambino, il modo migliore per nascondersi dagli altri era spegnere la luce. Da adulti si spegne la luce per nascondersi da se stessi.
Presenza e poi assenza… e oggi queste due parole sono praticamente coese. L’improvvisazione che ne è scaturita sembra portare questo disco indietro nel tempo… dentro il cemento di qualche periferia anni ’90…
Questo disco contiene molto cemento, cemento su cui pare appoggiarsi una vita. Diventa quindi in essere uno strumento di sopravvivenza ma anche ciò da cui fuggire. Chi può riuscire a farlo è colui che sa di esservi appoggiato.
Questo disco è servito per abitarti un poco?
L’abitarsi è una lunga costruzione che ho iniziato un po’ di tempo fa, il limite di questo concetto è il non potere smettere mai di farlo.