“RONRONEOS”, disponibile dal venerdì 28 marzo 2025 su tutte le piattaforme digitali, è il primo ed unico singolo estratto da “MOMI“, il primo EP di Muriel in uscita il prossimo18 aprile.
Il brano, scritto interamente in spagnolo, sembra voler consolidare ulteriormente l’identità di quello che è a tutti gli effetti un progetto audace dal sound internazionale. Contaminazioni elettroniche e latine coesistono in una dimensione cruda, accattivante e coinvolgente in grado di catapultarci in un mondo unico: quello di Muriel.
Figlia d’arte, nata nello stesso anno di pubblicazione di “Ok Computer” dei Radiohead, cresce con la musica. Dopo un’adolescenza passata all’estero ed un lungo periodo di sperimentazione ed autoproduzione, torna in Italia per dare vita alla propria visione artistica. E sta imparando a farlo senza scendere a compromessi.
Eterea, lontana, con questo suo modo di scrivere incredibilmente confusionario e distante, anche nelle interviste, l’abbiamo intervistata in forma scritta, e speriamo possiate venirne ipnotizzati, come è successo a noi.
“MOMI” è il tuo nomignolo e il titolo del tuo primo EP in uscita. Come mai hai scelto di rivelare così la parte più intima di te? Chi, in particolare, ti chiama Momi?
Il mio primo progetto meritava un regalo per chi m’avesse dato l’onore di ascoltarlo e condividerlo. Ho pensato che dare una parte di me fosse il modo migliore. Sono MOMI per tutte le persone a me care: amici, amori, famiglie.
Ci piacciono molto le tue influenze latine, che non sono così comuni per i progetti italiani. Te ne viene in mente qualcuno? E tu ti ispiri a qualcuno?
Grazie! Quello di Ethan è un progetto italiano che non solo ho estremamente a cuore, ma che è stato di fondamentale importanza nel consolidare ulteriormente la mia identità artistica. Il fatto di non sentirmi sola, di veder condivise le mie visioni da qualcuno di esterno al mio team, mi ha dato molto coraggio e fiducia in me stessa. Ascoltatelo!
Che cos’hai in comune con i Radiohead? E come riesci a far convivere delle vibes calde, come quelle latine che dicevamo prima, con altre glaciali, come tutta la tua estetica che hai deciso di costruire intorno al tuo progetto?
In comune con i Radiohead sento d’avere la voglia di sperimentare, seppur in maniera completamente diversa, di ricercare quel “fastidio estetico” paradossalmente piacevole tra suoni distorti ed armonie controverse. Mi chiamo Muriel, un nome celtico molto comune tra i repubblicani, e sono nata il 13 ottobre, lo stesso giorno dell’unionista più famosa al mondo, Margaret Tatcher. Più di vent’anni fa s’era capito che la mia vita sarebbe stata un’unione di visioni ed emozioni apparentemente contrastanti tra loro. Ce l’ho nel sangue. Col tempo ho imparato a far convivere tutto questo marasma confusionario dentro di me in maniera armoniosa. Come faccio? Non lo so, lo faccio e basta, senza pensarci troppo.
In che modo sei una figlia d’arte? Questa cosa ti ha influenzato o condizionato?
Mio padre era un eccellente chitarrista che ha in parte rinunciato alla musica per la stabilità. La cosa mi aiuta, specie in passato è stata di fondamentale importanza nel supportarmi e darmi nozioni e stimoli necessari alla mia crescita artistica, ma sotto certi punti di vista credo sia estremamente invalidante. Il parere di Lele (papà) é sempre stato crudo, diretto, oserei dire spietato ed in grado di influenzare totalmente ogni mio pensiero. Non è stato felice di vedermi scegliere la strada dell’arte. E lo capisco, è piena di buche e precipizi, ma avere contro lui equivaleva ad avere contro il mondo intero. Far valere le mie idee non è stato facile. Ad oggi sono ancora terrorizzata del suo possible giudizio (non ho ancora avuto il coraggio di fargli sentire il disco, vi farò sapere).
Quale regola del mercato non capirai mai?
In realtà il mercato non l’ho mai capito in generale. Non lo condivido, non mi piace. Trovo assurdo che una disciplina libera come l’arte debba sottostare a delle dinamiche gestite da chi di arte non ne sa niente. Il mercato è per i commercianti, non per i musicisti.