– di Martina Antinoro –
Ralph P ha pubblicato il 28 aprile singolo “Noi ce la siamo cavata”, omaggio a “Io speriamo che me la cavo” di Wertmüller. A seguito di ciò, il 5 maggio è uscito il videoclip del brano diretto da Adriano Pantaleo. Ralph P è riuscito a raccontarci con le sue parole il suo rapporto con “Io speriamo che me la cavo”, la sua amicizia con Pantaleo, ma soprattutto cosa vuol dire prendere parte ad un progetto che si interseca con la storia del nostro paese e con la storia personale dell’artista. Il tutto lasciandoci un messaggio importante: cavarsela è sempre possibile, anche se la strada può apparire lunga e tortuosa.
Il 28 aprile è uscito il tuo singolo “Noi ce la siamo cavata”, omaggio a “Io speriamo che me la cavo” di Wertmüller. Com’è nato questo progetto?
La canzone nasce dietro proposta di Adriano Pantaleo. Mi chiamò in piena pandemia, dicendo che aveva avuto un’idea a cui stava lavorando: produrre un documentario sui ragazzi di “Io speriamo che me la cavo”. Mi chiese se avevo piacere di scrivere una canzone originale che potesse accompagnare il film, così come avevo già fatto per “Il Sindaco del Rione Sanità”, e ovviamente gli diedi subito piena disponibilità ad essere parte del progetto. Oltre alle storie degli ex-alunni della 3B di Corzano, nella canzone ci sono tantissimi riferimenti al film originale, come il dottor Nicolella, Mimì ed il forfait sulla carta igienica, la condizione “sgarrupata”. Raccontare in musica un film di questa levatura, fra l’altro uno dei miei preferiti, è una bella sfida. È stato un lavoro lungo e tortuoso, anche a causa della pandemia, ma alla fine il docu-film e la canzone hanno visto la luce e per me ne è valsa assolutamente la pena.
Invece, il 5 maggio è uscito il videoclip del singolo, diretto da Adriano Pantaleo. Quali sensazioni hai provato? Ma soprattutto, come pensi che questa collaborazione abbia arricchito il tuo progetto?
È stato fantastico, emozionante e divertente allo stesso tempo. Quando lessi per la prima volta la sceneggiatura del video, pensai che sarebbe stato entusiasmante ma difficilissimo da realizzare. Mi piaceva molto l’idea dello scuolabus, che pure c’è nel docu-film, così da avere continuità fra i due elementi. C’è stato un vero e proprio casting per reclutare piccoli e grandi attori, ed io ero incredulo all’idea che avrei potuto incontrare anche gli altri protagonisti del film! È stato bello conoscerli ed avere il loro apprezzamento per la canzone di cui sono protagonisti. E quindi sì, un’ulteriore collaborazione nel cinema con un progetto così ambizioso ha rappresentato per me sicuramente un altro bel traguardo.
Il brano e il video sono stati composti per l’omonimo docu-film omaggio a Wertmüller: cos’ha significato per te far parte di questo progetto?
C’è sicuramente una grande responsabilità. Questa è la seconda canzone originale che produco, dopo ‘Rione Sanità’ per Il Sindaco di Martone. Ho cercato di dare una sorta di ‘impronta’ che potesse essere identificativa del mio modo di fare musica, una continuità che vorrei portare avanti e che possa in un certo senso contraddistinguermi. È stato un grande onore prendere parte a questo progetto, se qualcuno mi avesse detto 10 anni fa che avrei lavorato a stretto contatto con il cast di uno dei miei film preferiti, e sarei addirittura diventato amico con uno degli attori, non gli avrei mai creduto.
Questa non è la tua prima esperienza con Adriano Pantaleo, giusto?
Giusto, io ed Adriano abbiamo condiviso l’esperienza de “Il Sindaco del Rione Sanità” con la regia di Mario Martone, sia a teatro che al cinema. Abbiamo avuto modo di conoscerci e stringere amicizia mentre facevamo le prove per il debutto al teatro NEST, nel 2016-2017; condividevamo ogni giorno il tragitto per arrivare lì. La tournee teatrale che ne è seguita è stata il momento in cui abbiamo legato di più: in sei mesi abbiamo girato l’Italia intera, partendo dal NEST di San Giovanni a Teduccio. Un’emozione indescrivibile. Vederlo nel ruolo di regista per un mio brano è stato grandioso.
Quale ruolo ha avuto “Io speriamo che me la cavo” nella tua vita?
Questo film è un cult, su questo non c’è dubbio. Diciamo che ha agito a diversi livelli in base all’età in cui l’ho visto. Da piccolo era un film divertente, in cui quei ragazzini sfrontati mi ricordavano quelli del mio quartiere che avevano il ‘coraggio’ di trattare male i professori o dire parolacce agli adulti. Rivedendolo da grande, si riescono a capire ed apprezzare tante altre storie, prima fra tutte l’impegno del maestro nell’aiutare quei bambini a recuperare la spensieratezza della loro età. Il messaggio finale positivo del film (e quello che viene raccontato anche nel docu-film) è quello che mi piace portare avanti nella mia musica: cavarsela è sempre possibile, anche se la strada può apparire lunga e tortuosa, e le storie di Adriano e degli altri ragazzi ne sono la prova.