Chi nel secolo scorso è stato adolescente (almeno) se lo ricorderà benissimo come e quanto la televisione investiva spazio per il cinema “hard”… anzi, meglio dire, erotico. Le pellicole italiane avevo un gran successo e la cultura in merito ha sfornato tasselli divenuti riferimenti per un genere in bilico tra il cult e il trash. Ed il suono anche: un marchio di fabbrica importantissimo per definire tutto questo mondo che oggi purtroppo non esiste più. Ritorniamo nella Lobello Records di Tobia Labare: non si arresta la sua produzione che di recente ha dato alle stampe il suo nuovo disco personale dal titolo “Heart in a Meat Grinder”. Qui, sempre in collaborazione puntuale con la batteria di Andrea Miccoli, da vita al proggetto Orchestra Erotica Italiana e ricerca quei suoni e quelle forme per scrivere composizioni inedite come fossero colonne sonore di quel cinema e di quel tempo. È un viaggio a ritroso questo disco eponimo, un viaggio dedicato ai nostalgici e a palati decisamente fini. Niente computer… la potenza di questo disco è proprio questa.
Ennesima deriva di Tobia Lamare… ti mancava questo aspetto della scrittura musicale? Oppure in qualche modo nel tuo caleidoscopio passato l’hai sempre cullata?
Le colonne sonore sono una mia passione. Le colleziono e sin da piccolo sono stato sempre stregato da Henri Mancini. Ho avuto la fortuna di lavorare spesso sia per il teatro che per il cinema. Con il teatro ho avuto esperienze bellissime e molto divertenti come, ad esempio, “W l’Anarchia” di Induma Teatro ispirata a un’opera di Fassbinder, ovviamente delirio totale. Mentre per il cinema l’ultima è stata nel 2024 per “L’ultima settimana di settembre” di Gianni De Blasi con Diego Abatantuono.
Una colonna sonora immaginata oppure per la scrittura hai ripescato pellicole precise? Magari hai scritto proprio guardandole…?
Si. In alcuni casi ho composto andando in sincrono con i fotogrammi. E’ stato molto divertente. “Serena” è stata scritta su una parte de “La signora della notte” mentre “Estate con Nadia” viene da un’installazione che avevo preparato per la residenza artistica K-Now dove avevo allestito una classe, vera, in una scuola con gigantografie di Nadia e altre protagoniste del cinema “scolastico”. Quindi in questo caso entravi nel film sedendoti al banco dove trovavi dei libri, ovviamente degli anni ottanta, e il brano in loop permanente in sottofondo. “I Ritornauti” invece è stato un regalo di Michele Gentile e Maria Luisa Santella che mi hanno permesso di riscrivere la musica per questa loro opera di video arte per me molto psichedelica.
Michele Gentile e Maria Luisa Santella credo siano due grandi protagonisti a latere di questo disco o sbaglio? È da li che nasce l’idea di questo progetto?
Sono due persone con un bagaglio artistico veramente pesante e unico. Ho avuto il piacere di parlare più volte con loro e anche di intervistarli. Maria Luisa Santella la conoscevo dal suo personaggio iconico di Iside in “Brutti Sporchi e Cattivi” di Ettore Scola. Quando ho conosciuto anche Michele e la loro storia insieme si è aperto un secondo mondo: visionario, sperimentale e avventuroso. Sono stati un momento importante per questo nuovo progetto. Ho capito che aveva senso scrivere e fare conoscere una parte delle storie e della loro vita.
Ed è sua la voce di “Black Donna”?
No, la voce di “Black Donna” è avvolta nel mistero. È un’amica che mi ha aiutato a dare un senso a quel senso di nostalgia per anni irripetibili. Le scelte fatte da altre persone hanno aiutato a liberare alcuni canali che erano chiusi nella nostra società. Era facile sentirsi come una strega su un rogo, che probabilmente ancora oggi non è del tutto spento. Abbiamo cercato un modo per immedesimarci dentro queste sensazioni ed è uscito poi “Black Donna”.
L’eros che ovviamente rimanda ad un certo scenario poetico… dunque non mi ha stupito trovare la voce di Vincenzo Costantino Cinaski. È questo il filo conduttore?
Sicuramente la poesia e la musica hanno un legame profondo con l’eros. Aiutano ad amplificarne la gioia o la malinconia. Vincenzo è un poeta incredibile. Collaboriamo spesso insieme ed era l’unica persone che secondo me poteva fare uscire un pensiero così efficace e profondo su Laura Antonelli. Un’inizio vita da profuga la porta prima a Napoli e poi a Roma dove inizia la sua professione di attrice. Il successo, la notorietà, il cinema d’autore, la sfortunata reazione a un intervento estetico e poi la successiva depressione la fecero trovare in un’altra sceneggiatura tragica e purtroppo reale dalla quale non si è più riuscita a risollevare. Una figura romantica ed elegante protagonista di un finale tragico. Noi le abbiamo voluto restituire dolcezza e una musica che facesse da sfondo a tutto quell’immaginario che lei ha lasciato.
Esiste tracce di futuro dentro questo disco? O hai usato (come spesso accade nelle tue produzioni) strumenti vintage?
Se il futuro venisse identificato con una Ford Capri o un T3, allora probabilmente ci sarebbe del futuro in questo disco. Gli strumenti sono tutti vintage. Il più giovane sarà comunque degli anni novanta. Questi brani sono nati ricercando il suono giusto per registrarli. Mi piace usare microfoni datati e usare equalizzatore ed effetti in ripresa piuttosto che lavorarli in post produzione. È una pratica che può rallentare molto la produzione perchè è una pratica quasi da alchimista. Andiamo spesso alla ricerca di tutto quello che ci fa risparmiare tempo sulla creatività. Credo che se ti sembra troppo il tempo che stai impiegando per registrare un brano, forse alla fine non ti stai divertendo. La registrazione di un disco è come un viaggio in cui il percorso è importante quanto la meta. A volte non è male uscire dall’autostrada e continui a viaggiare lentamente su una provinciale. Ovviamente se ti piace viaggiare, se ti piace guidare, se ti piace osservare.