– di Martina Rossato –
SALOPETTE BOYZ è il nuovo album di Refo, pensato per i club e caratterizzato da energia, BPM alti e un immaginario che nasce direttamente dalle notti passate a suonare live. Pubblicato da Lukania Sound Digital con il contributo di Nuovo Imaie, il disco recupera sonorità anni ’90, filtrate attraverso breakbeat, rave ed eurodance, fondendole con una produzione contemporanea da dancefloor.
Classe ’97, lucchese e membro del collettivo Pseudospettri, Refo porta in questo progetto tutta la sua esperienza: brano dopo brano si vive una serata tipo in un club, in un racconto autobiografico e ironico fatto di personaggi e situazioni reali.
È disponibile su YouTube anche la live session registrata a Est Radio, dove il disco è stato presentato e suonato per intero.
Com’è andata la serata di presentazione del 17 ottobre a Est radio?
È andata molto meglio di quanto mi aspettassi. È venuta davvero tanta gente: non solo amici, ma tanti altri artisti, magazine, etichette… c’è stata una risposta enorme. Non pensavo di vedere così tanta partecipazione e invece mi sono ritrovato con un locale pieno e un pubblico estremamente eterogeneo. E adesso disponibile anche la live su YouTube: due ore di DJ set registrate quella sera.
Cosa devono aspettarsi le persone che vengono a sentirti?
Energia, velocità e tanta, tanta festa. È una cosa che cerco sempre: non stare fermi, mai. BPM alti, scelte sonore d’impatto, un clima da rave ma con un’anima pacata. L’idea è che, quando suono, ci si debba divertire sul serio.
Parlavi di velocità. Come nascono i tuoi brani? Sei veloce a lavorarci o ci rimugini sopra?
Sono molto pragmatico. Credo che un brano debba nascere e vivere nell’emozione del momento: se lo tieni fermo troppo a lungo, lo svuoti. Per me una canzone è una fotografia di quello che senti in quell’istante, quindi preferisco non trascinarla per mesi, cambierebbe natura!
Com’è iniziato il lavoro su SALOPETTE BOYZ?
All’inizio le idee erano molto diverse dal risultato finale: alcune erano melodie più pop, altre più legate al mondo dei beatmaker, con influenze hip hop, breakbeat. Poi ho iniziato a suonare quei pezzi nei live mentre li stavo ancora creando, e lì tutto è cambiato. Portarli subito in console mi ha fatto capire che il disco doveva essere da club, al 100%. Ogni pezzo è diventato suonabile e pensato per il dancefloor.
Ogni brano rappresenta scene reali di una serata in un club: come nasce questo concept?
Da sé! Inizialmente avevo scritto tre brani ma non riuscivo a trovare un filo conduttore. A un certo punto li ho guardati da un’altra prospettiva e ho capito che raccontavano momenti diversi di una serata tipo. Passo tanto tempo nei club, e senza rendermene conto stavo semplicemente raccontando quello che vivo di solito. Ogni traccia è un pezzo di realtà, a volte esasperato, a volte ironico, ma tutto autobiografico.
E il titolo SALOPETTE BOYZ?
Nasce dal mondo street, che mi appartiene da sempre: graffiti, skate, rave. Io mi sento un artigiano della musica, lavoro con qualcosa che è astratto ma che diventa fisico quando lo suono. La salopette è la tuta da lavoro per eccellenza, quindi è il simbolo perfetto del mio essere “un lavoratore” della musica.
Come hai fuso influenze così diverse nel disco?
Mi sono dato dei paletti perché il disco avesse un filo logico: batterie breakbeat, sonorità anni ’90, una certa ruvidità elettronica. Poi ogni brano ha una sua identità: IL PHISCHIATORE è più moderno e dance, TRANSENNA BOYZ vira all’electro-punk anni ’90, A CAZZOTTI ha un mega sample anni ’90. Ho unito tutto con quello che ascolto e quello che vivo nei club.
A CAZZOTTI parla dell’importanza di dare il giusto peso alle cose, è il tuo modo di vivere?
Sì, lo è diventato. L’ho imparato sulla mia pelle, soprattutto a partire dal periodo del Covid. Da allora cerco di vivere con più leggerezza, senza farmi travolgere dalle “cose”. È qualcosa che cerco di trasmettere anche agli altri: spesso vedo persone schiacciate da emozioni, situazioni: non lo meritano. Un po’ di tranquillità farebbe bene a tutti.
Nel disco alterni momenti energici e momenti più pacati: è un equilibrio cercato?
In realtà è semplicemente la mia natura. Sono uno che esplode di energia ma poi ha bisogno di fermarsi. Quello che sembra un su e giù, per me è equilibrio. Il disco rispecchia perfettamente questa cosa: carica totale e poi respiro in un alternarsi per me sano.
Come sono nate le collaborazioni con Selmi e Gima?
Con Selmi abbiamo lavorato in maniera tradizionale: per POGOBANG e A CAZZOTTI avevo scritto testo e melodia, poi ci siamo confrontati, abbiamo limato e sistemato i concept insieme.
Con Gima invece è stato più immediato: non lo conoscevo, gli ho scritto su Instagram ad agosto, gli ho mandato il pezzo e in due giorni mi ha girato la voce definitiva. Una cosa velocissima e molto naturale.
Come si collega questo progetto agli altri che hai fatto?
È il punto in cui tutte le mie esperienze si incontrano. Ho iniziato con cose house, poi un EP elettronico dove cantavo, poi un album più hip hop e indie. Con SALOPETTE BOYZ ho preso tutto questo e l’ho reso più consapevole: prima ho toccato gli estremi, ora mi sento al centro.
Dove ti porterà questo progetto?
Altri brani sono già pronti e sono figli diretti di questo disco: stessa atmosfera, ma nuove sfumature. Sto anche lavorando a materiale per il 2026. A fine anno capirò la direzione, ma la strada si sta già muovendo.
Prossimi live?
Sto suonando parecchio, in media due o tre date al mese. Alcune sono già state annunciate, altre stanno arrivando. Continuiamo a portare il disco in giro, soprattutto nei club: è nato per quello.







