– di Martina Antinoro –
Sara Loreni esce il 4 marzo con il suo nuovo album “Cavalco la tigre”. All’interno del disco si trovano otto tracce che raccontano l’amore nelle sue varie declinazioni: l’amore verso sé stessi, verso gli altri, l’amore finito, l’amore verso un animale. L’artista ci ha raccontato la nascita dell’album, parlandoci del lockdown e delle esperienze di vita che l’hanno ispirata.
Ciao, come stai?
Molto bene, in questa giornata soprattutto sono molto carica. A mezzanotte esce il disco e stasera [3 marzo, nda] porto ad un concorso due canzoni che fanno parte dell’album, quindi sono molto contenta.
Da dove nasce l’idea di questo album?
L’album nasce dal lavoro fatto negli ultimi due anni. Le canzoni sono state scritte durante il lockdown, quindi secondo me dentro ogni brano c’è molto slancio sia verso la profondità, perché mi sono molto ascoltata e sono riuscita ad approfondire una serie di sensazioni, sia verso l’esterno perché nel momento che abbiamo vissuto con il lockdown, chiaramente l’attenzione all’incontro e alla condivisione era molto forte. Uno dei temi importanti è l’amore declinato in tanti aspetti diversi. C’è un amore, sensuale, un amore più etereo, un amore che finisce, un amore verso sé stessi, ci sono tanti tipi di amore. Un altro aspetto che mi sta tanto a cuore è l’ambiente, il mondo, tutto quello che chiaramente alla luce dei recenti sviluppi è sceso un po’ in secondo piano come priorità, però resta un tema che sento ancora molto.
“Cavalco la tigre” è il titolo dell’album: come l’hai scelto? E cosa simboleggia la tigre?
La tigre è un animale potentissimo, fortemente attraente, ma allo stesso tempo spaventa. La tigre è incontrollabile, è feroce e secondo me, è uno dei simboli ancestrali molto radicati. La tigre non si può domare, quindi l’unico modo per controllarla è fidarsi e cercare di indirizzare l’energia della tigre, piuttosto che contrastarla. A volte per fare questo bisogna lasciarsi andare.
“Himalaya” e “Eroticamente” sono i brani che hai scelto invece per lanciare il disco.
Sono legata ad entrambi i brani per motivi diversi. “Eroticamente” è un brano che mi ha permesso di parlare di sensualità ed erotismo in modo delicato ed in un modo che si contrappone ad una pornografia di cui il nostro mondo è abbastanza saturo. Ho voluto porre l’accento sul fatto che l’erotismo sia un gioco della mente e in più ho voluto parlarne dal punto di vista dell’esperienza femminile.
“Himalaya” invece è un brano che rappresenta più di tutti le sensazioni che ho provato durante il lockdown: la sensazione di vedersi crollare tutte le certezze, di veder disgregare tutto il mondo che abbiamo attorno, con la consapevolezza che l’amore, le persone care, gli affetti, sono la cosa più importante quando non resta nient’altro.
Com’è nato invece il brano “Universo in un caffè”?
“Universo in un caffè” nasce dalla volontà di celebrare il fantastico quotidiano, cioè cose normali, come un caffè, che possano diventare fantastiche, meravigliose semplicemente grazie al nostro sguardo. Il nostro sguardo talvolta diventa magico grazie alla presenta di un’altra persona.
In più con “Amarsi un po’” hai dichiarato di aver voluto omaggiare uno dei pezzi più belli della musica italiana. Com’è nata quest’idea?
È stato il primo brano della mia collaborazione con Daniele Cavalca, che poi ha fatto parte della lavorazione del disco e tutt’ora mi sta accompagnando nei live. Ci siamo incontrati la prima volta in un periodo in cui stavo ascoltando veramente tanto Battisti e questo brano in particolare mi era entrato dentro, perché ha una melodia bellissima e una coppia basso-batteria che mi piace da impazzire, insieme a questo cantato molto rilassato in cui lui dice delle cose estremamente vere e profonde, lavorando su due livelli: c’è una prima lettura immediata, ma poi andando a leggere il testo ci sono molti riferimenti. Con Daniele abbiamo provato a rifare questo brano, un po’ per gioco, ma ci è piaciuto tantissimo e abbiamo deciso di tenerlo: mi sembrava un omaggio all’altezza.
Qual è la traccia a cui sei più legata?
“Millo”, perché è un pezzo che ho dedicato ad un cavallo che ho avuto (ho fatto dieci anni di equitazione a livello agonistico) e che è morto il giorno del mio sedicesimo compleanno. Per me è stata una botta e di fatto per lui ho provato un amore incredibile, perché un amore verso l’animale è un amore disinteressato, un amore che non conosce le dinamiche dell’amore tra esseri umani. È un amore pulito. Ho sempre voluto rendergli omaggio, ma non sono mai riuscita a trovare le parole giuste, fino a quando lo scorso inverno non è arrivata questa canzone, un brano che comunque faccio fatica ad eseguire senza mettermi a piangere.
Quali sono i tuoi progetti futuri? C’è l’idea di fare un tour?
Sì, assolutamente, io ho molta voglia di suonare live. Speriamo che la situazione per le realtà medio-piccole, come i club, migliori. Quindi insomma spero che ci sia modo di ripartire tutti. Ci stiamo lavorando.