Alice Clarini, cantautrice romana, si presenta al grande pubblico con il suo primo album, “Fuori”, dopo l’EP “Meno di zero” del 2014. Registrato al Village Recording Studio di Roma sotto la supervisione artistica di Bah! (Emiliano Ballarini), “Fuori” è un viaggio intimo e aggraziato tra i panorami accennati di Alice, alla ricerca di un qualcosa che sembra immediato, ma che si afferra solo dopo lunghi, meditati e meritati ascolti.
Primo full lenght discografico per te: come ci sei arrivata? Che canzoni sono entrate in questo progetto e perché?
Dopo un percorso fatto di scrittura, concorsi, riconoscimenti e soprattutto molto lavoro in studio sugli arrangiamenti dei brani. In questo è stato fondamentale l’apporto del Bah! ( Emiliano Ballarini) che ha saputo dare ai brani sui quali ci siamo concentrati per il disco, le giuste atmosfere e un gusto molto raffinato. La scelta dei brani è venuta da sé. Sono quasi tutti brani che ho scritto nell’arco di un anno per superare un periodo difficile ma che mi ha portata ad una nuova consapevolezza di me e della mia forza. Questo disco è il risultato di una crescita importante.
Atmosfere acustiche e intime, quasi a voler far entrare le persone dentro un mondo personale, ma con grazia e delicatezza. Cosa significa per te scrivere musica? Com’è avvenuto il processo di scrittura e arrangiamento delle canzoni?
Io scrivo per una forte esigenza interiore. Scrivere musica è sempre stato il canale preferenziale per entrare in contatto prima di tutto con me stessa e poi con le persone che ho intorno. Molto spesso accade che io mi nasconda molto in profondità, così in profondità che nemmeno io riesco più a trovarmi. Ecco scrivere è il mio modo per entrare in contatto con questo mondo, con le emozioni che nasconde, con la radice della mia essenza. Ritrovandomi posso esprimermi e far arrivare agli altri il mio universo interiore. E’ stato un processo durato un anno tra la scrittura e gli arrangiamenti, che per me sono fondamentali. A volte questi due processi non sono distaccati : è successo per alcuni brani incompleti che lavorare sull’arrangiamento poi mi abbia dato la giusta chiave per terminarli. In questo senso è stato un lavoro a più mani. L’apporto principale oltre il mio è stato quello del Bah! ( Emiliano Ballarini, chitarrista e arrangiatore) con il quale ho lavorato anche al disco precedente. Altra figura essenziale è stato Edoardo Petretti ( pianista e arrangiatore) che ha dato il suo apporto nelle ultime fasi del processo.
Oltre che musicista, sei anche poetessa. Come unisci i due mondi, della musica e delle parole, e quanto peso hanno le liriche delle tue canzoni?
Questi due mondi convivono da sempre su piani paralleli. A volte si incontrano e da una poesia nasce una canzone, ma capita raramente. Sono due mezzi separati che hanno la medesima funzione: ritrovarmi, sentirmi e comunicare. Ciò che unisce questi due mondi sono le parole, che per me hanno un peso importantissimo. Trovo che due parole messe bene insieme siano capaci di evocare forti suggestioni e una grande bellezza. È una cosa che sento nello stomaco. Mi piace mettere insieme le parole per creare bellezza. Quando compongo quasi sempre il processo vede musica e parole uscire contemporaneamente. Per quanto riguarda la poesia, è lo stesso processo ma la chitarra la lascio al suo posto. Credo che ci siano parole che non hanno bisogno di una melodia per arrivare dove devono.
Si trovano molti personaggi nelle tue canzoni, come “Mary” o “Lili”. Le storie che racconti quanto vengono dalla realtà? E quanto di te hai messo nelle tue canzoni?
C’è sempre uno spunto di realtà in quello che scrivo. Poi durante il processo la distorco a mio piacimento per adattare il mondo esterno al mondo interiore e per dare il messaggio che voglio dare. Nelle mie canzoni io sono ovunque, a volte questo lo vivo come un limite perché mi piacerebbe ogni tanto staccarmi da me per lanciare un messaggio che non debba per forza attraversare la mia pelle. Ma per ora il mio fare musica nasce dall’esigenza di “rivelarmi”, e lo faccio attraverso le mie storie, che partono da un terreno di realtà per mischiarsi poi a un qualcosa di più etereo ma non meno vero, che sono i sogni, le fantasie, le immagini che la vita vissuta crea dentro di me.
Il primo singolo – e videoclip annesso – è stato “Raccontami dello yoga”: come mai la scelta è caduta su questo brano?
Volevo distaccarmi un po’ dall’atmosfera intimista, composta, profonda del mio primo lavoro l’ep “Meno di zero” e far conoscere anche l’altra metà di me, quella più spensierata, ironica, colorata. “Raccontami dello yoga” è un pezzo molto allegro, irriverente, un pezzo che ha conivolto in maniera forte il pubblico. La gente me lo chiede sempre durante i live. Mi sono quindi accorta da subito che era il pezzo giusto come primo singolo del disco. Il videoclip, per la regia di Doni Corrado (che ha curato anche quella del video del secondo singolo “Lontano da te”) si adatta perfettamente al brano, riuscendo a comunicare in maniera ancora più decisa il suo mood.
L’album è attraversato da una malinconia quasi “autunnale”, come un sorriso a metà che nasconde qualcosa. Quale pensi che sia il percorso interno dell’album? Da cosa parte e a cosa arriva?
Mi piace questa definizione dell’album. Trovo che sia perfettamente centrata e che mi rispecchi. E mi dà la misura di quanto io sia riuscita a rimanere me stessa durante il percorso di creazione del disco. La risposta a questa domanda invece è difficile. È un po’ come chiedermi da cosa parto e dove arrivo io. E non saprei rispondere. Sicuramente c’è la ricerca di un senso da dare a quello che mi accade e che vivo. Tutto l’album parla di un cammino, un cammino un po’ accidentato e non sempre lineare. In questo senso parte da un accadimento reale: una separazione, un momento di riflessione e di solitudine, la scoperta di avere risorse per poter trovare la mia indipendenza, la mia forza, la mia strada anche da sola. In quasi tutte le canzoni si ritrova questa “lotta” per l’individuazione. Il titolo “Fuori” come anche la copertina molto simbolica (di Matteo Giuntini, amico e artista livornese) vogliono significare quell’uscita dal proprio guscio che a volte diventa una gabbia, per andare nel mondo finalmente forti della propria identità ritrovata. È un disco che parla dell’amore e delle sue due facce contrapposte : l’amore infantile, fatto più che altro di bisogno, che ingabbia e l’amore maturo, che prima di tutto deve partire dall’amore per se stessi, che libera.
Infine, quale pensi che sia il contesto migliore per ascoltare l’album? Che consigli daresti a un ascoltatore per cogliere appieno tutto quello che hai da dire?
Io amo ascoltare questo disco viaggiando. Sul treno, in macchina, ovunque basta che ci sia movimento. Proprio perché è un percorso credo che chi lo ascolta possa comprenderlo appieno stando in movimento. Credo inoltre che ogni canzone possa avere più significati a seconda di chi l’ascolta. C’è sempre in una canzone qualcosa che ci riporta al nostro vissuto. Per questo è così bella la musica, perché unisce così tanti mondi diversi, perché ognuno può vederci quello che vuole.
Non ci resta, allora che sentire il nuovo album di Alice Clarini, “Fuori”, e godere delle buone vibrazioni della musica di questa ottima cantautrice.
Riccardo De Stefano