Sin dal primo ascolto di questo nuovo disco di Novamerica dal titolo “A nessuno piace lavorare” ci sembra strano sentirlo prendere distanze da ispirazioni indie pop moderne. I cliché sembrano assai rispettati, quel certo modo di cantare e mixare la voce come anche i gustosi rimandi ad un passato non troppo recente ormai. A noi queste nuove 7 tracce piacciono come piace anche la chiusa che in fondo tradisce direzioni post rock made in Italy. Eh si… per “semplice” intendevo proprio “superficiale”. Lo capirete leggendo cosa intendo… Novamerica l’ha capito subito.
Tanti i cliché di un suono indie pop di qualche tempo fa. È questa la tua vera radice musicale?
Credo che le mie radici musicali provengano principalmente dal cantautorato italiano più celebre e forse anche dall’indie pop anglosassone degli ultimi 20 anni. Ho amato gli Strokes, Beck e MGMT, se intendi questo. Sicuramente non mi sento influenzato dall’indie pop italiano. Posso dirti che nei nuovi brani che sto scrivendo cerco di farmi ispirare da molte cose, senza farne capire l’origine, mi sembra una evoluzione come artista.
Riproporlo oggi per te che significa?
La musica di questo album si ispira a molte cose del passato, alla musica che amo e ascolto. Credo e spero che sia un linguaggio e uno stile senza tempo. Nei testi, invece, cerco di essere contemporaneo e di parlare dei problemi di oggi, dei ragazzi come me tra i 30 e i 40 anni. Mentre componevo queste canzoni, non mi sono mai chiesto se la musica che stessi facendo fosse adatta o meno al presente; ho cercato di fare cose che mi sembravano belle, sperando che la mia sensibilità e il mio gusto possano vibrare con quelli di altre persone.
Anche nell’immagine di te sfidi la modernità… dunque mi piace pensare che sia questa “sfida” il vero centro di tutto. Sbaglio?
Di sicuro non amo il tempo di oggi e la sua estetica; preferisco i vestiti usati di alta qualità ai materiali sintetici del fast fashion. Ascolto un album dall’inizio alla fine per avere il tempo di capire l’artista, piuttosto che skippare da un pezzo all’altro su Spotify. Non mi piace l’effetto lobotomizzante che i cellulari hanno su di noi. Sto sfidando la modernità? Probabilmente sì. Cerco di osservarla e vedere i suoi punti deboli, in modo tale da vivere una vita più consapevole. Nei miei testi mi interessa comunicare i miei punti di vista per cercare di risvegliare qualcuno.
Un titolo interessante: non ci piace lavorare perché costa fatica o perché nel mondo di oggi il lavoro ha perduto il senso che dovrebbe avere?
Perché costa fatica e richiede un sacco di tempo. Qualcuno potrebbe dirmi: “A me piace lavorare”, sì, una piccola percentuale di persone prova piacere nel lavorare, ma la stragrande maggioranza no. Però bisogna lavorare per sopravvivere e vivere, per dare un ruolo a se stessi all’interno della società, per avere una utilità nei confronti degli altri. Le mie domande sono: come posso bilanciare lavoro e “vita”? Posso lavorare 9-10 ore al giorno ma avere comunque tempo per crescere come individuo, per conoscere più cose, per conoscermi me stesso? Oppure, alla fine di una giornata lavorativa, ho bisogno di staccare la testa e guardare una partita di calcio, bere, drogarmi perché non voglio pensare ad altro? Posso lavorare e guadagnare meno ma vivere comunque bene?
Nel singolo sbaglio o c’è una fotografia assai sfacciata del modo semplice con cui preferiamo stare al mondo oggi?
Se per ‘semplice’ intendi ‘superficiale’, sì, vedo che tutti facciamo mille cose in modo superficiale, senza approfondire. Chattiamo con cento persone e non approfondiamo la relazione con nessuna, il dating è diventato frenetico, si esce una o due volte con una persona e poi si cambia; per sapere una cosa, leggiamo due righe su Wikipedia e siamo a posto. C’è bisogno di andare a una velocità minore e andare più a fondo, i tempi di oggi sembrano non consentirlo, ma penso che tutto sia possibile, sta a noi.