– di Giacomo Daneluzzo –
Poco più di un mese fa è uscito Maledetti noi, l’album d’esordio di Domenico Tinelli, in arte Ciliari, che ne è il principale autore di musiche e testi. Il disco è quasi interamente prodotto da Coletti, fatta eccezione per le tracce Maledetto amore ed Enoteca discoteca, prodotti da Riccardo Scirè, che è anche co-autore della seconda insieme allo stesso Ciliari e ad Adel Al Kassem, che invece si è occupato del mix e del master del disco. Per concludere, le tracce Acqua tonica, Puntifragola (in cui sono presenti l’assolo di chitarra di Wrongonyou e i cori di Enrica Macaro) e Maledetto amore sono scritte a quattro mani da Ciliari e Marco Rossi.
Il cantautore pugliese d’origine – per la precisione di Noci, in provincia di Bari – ma da parecchi anni milanese d’adozione, a tre anni dal singolo d’esordio Nebbia e dopo aver fatto uscire un paio di EP, Lato C e Lato D, ha “finalmente” pubblicato il suo primo album da solista: in realtà come frontman de Gli Amanti ne ha pubblicati già due, nel 2014 e nel 2019, ma questa è un’altra storia. E Maledetti noi è esattamente il prosieguo ideale del percorso artistico di Ciliari, che fino ad ora è stato soprattutto volto a definire l’immaginario d’appartenenza di un cantautore “di cuore”, contraddistinto da una grande sincerità che emerge da ogni brano, tanto in quelli più spensierati e leggeri quanto in quelli più riflessivi e d’introspezione.
Quello di Ciliari – che si è dato questo pseudonimo perché il suo soprannome di sempre è “Domi” (dal suo nome, Domenico) – è un cantautorato pop, fruibile, che si fa ascoltare volentieri, e che abbraccia sonorità morbide e dal gusto rétro, sintetizzatori e chitarre sognanti, raccontando una Milano ideale, presente sullo sfondo e nei dettagli: per fare un esempio, Puntifragola si riferisce proprio alla raccolta punti dell’Esselunga, catena di supermercati che opera prevalentemente in Lombardia (e che a Milano è ovunque).
È interessante notare come in Maledetti noi ci sia la scelta ponderata di aprire l’album con brani più leggeri e “sorridenti” come Giradischi e Acqua tonica, per poi proseguire con i brani più impegnativi del disco – Ciao, Sono già morto e Basta – e infine tornare a un mood più spensierato in Ma che notte fantastica, Puntifragola ed Enoteca discoteca. Maledetti noi non poteva che chiudersi con Maledetto amore, un brano agrodolce che fa da manifesto dell’intero disco, il cui titolo proviene infatti da questo testo.
Ciliari in Maledetti noi s’inserisce nel solco di un pop elegante e cantautorale, con frequenti rimandi sonori al passato, ma allo stesso tempo ancorato nella contemporaneità: Ciliari infatti si dimostra capace di raccontare la vita nelle sue sfumature e nei suoi chiaroscuri, passando con naturalezza da un tono all’altro. Un disco che si contraddistingue per la sua autenticità nella scrittura e per la cura dei dettagli sonori e delle produzioni, come testimoniato anche dalla vera e propria chiusa del disco, la traccia Fine, una bella strumentale in cui fanno capolino gli strumenti usati nel disco, come quando si presenta la formazione in un live, ricordandoci che Maledetti noi è un disco pensato anche dal punto di vista compositivo.