Cari appassionati musicofili, nei precedenti articoli mi sono speso nel mostrarvi come un palco dovrebbe essere circa le sue caratteristiche tecniche, ma anche su come un musicista dovrebbe, a mio modesto parere, scegliere la propria scena. Questo sia per chi suona solo per divertimento (molto pochi in verità), sia per chi, oltre che per divertimento e passione, “ci prova con la musica” o ancora per chi lo fa per lavoro.
Un piccolo ripasso da Wikipedia: “Il palcoscenico (o palco) è la parte dell’edificio teatrale che ospita l’azione scenica. È riservata ai tecnici e agli attori. Comunica con la sala mediante il boccascena, dove ha sede il sipario o velario, oltre il quale sporge il proscenio, delimitato dalla ribalta”.
In tutti i casi invito i molti che salgono da tempo o che saliranno prossimamente su di un palco a guardarsi bene dal farlo in condizioni di poca professionalità da parte di chi vi ospiterà: farete del bene a voi stessi, innanzitutto. Ricordiamoci sempre che fare musica prevede una certa propensione all’artigianato e quindi anche alla praticità tanto manuale quanto di pensiero. Ci sarà capitato di trovarci in un club di musica dal vivo, e con l’ausilio di un buon fonico aver sistemato il nostro stage plan (ovvero la mappatura della nostra disposizione sul palco, compresi amplificatori, spie ecc.) in maniera più adatta alla metratura e alla forma del palco stesso.
Ma come preparare il nostro stage plan correttamente in modo da facilitare il lavoro di tutti? Eccone un esempio: Questo stage plan raffigura una situazione abbastanza “normale” con una band di sei elementi.
Abbiamo quindi una disposizione per sezioni per quanto riguarda gli strumentisti, ovvero sezione ritmica (dietro): batterista e bassista; poi i due chitarristi (ai lati – accompagnamento e solista), il pianista e poi le voci, con i cori (a destra e sinistra) e il cantante principale in avanti a prendere il “proscenio”. Per ognuna delle sezioni, in teoria avremmo uno o due monitor (anche dette casse spia) utilizzate come aiuto per l’ascolto del proprio strumento altrimenti nascosto e difficile da distinguere. In questa immagine è assente (come purtroppo spesso accade nella realtà) il fonico di palco, che è quella figura di tecnico in sostegno al fonico di sala che si occupa non soltanto di garantire un buon ascolto sul palco, ma anche assistenza per musicisti prima e durante il live.
Sarà la band a fornire al fonico lo stage plan con anticipo rispetto alla data della serata. Ricordo poi che il suddetto andrà allegato insieme ad una scheda tecnica della band che solitamente consiste nell’elenco delle strumentazioni strettamente personali, ad esempio: tipi di amplificatori, pedaliere, modelli di tastiere, eventuali sequencer, Pc, midi controller, D.I. mixer, e via dicendo.
Avere in anticipo lo stage plan e la scheda tecnica significa, per il fonico, avere tutto chiaro sin da subito, essere puntuale nel darvi il servizio che vi serve e sopratutto impedirà in situazioni caotiche, quali festival con molte band o rassegne importanti, di perdere il controllo e di scadere in un lavoro frettoloso e superficiale. Non ci sono regole ferree su come stendere o organizzare uno stage plan funzionale, ma siate più chiari e diretti possibile, sarà un ottimo biglietto da visita.
Il punto di vista
Siamo in tempi non facili per chi lavora con l’Arte, d’accordo. Essere informati è già un’ottima cosa, ma ci vorrebbe un antidoto per la crisi, un modo, un sistema, un rimedio. Si sa che la via per la soluzione di un problema passa quasi sempre per strade impegnative, ma a volte è la praticità la migliore delle soluzioni. Ebbene amici, la praticità che vi invito ad avere, il sano senso critico ma obiettivo del vostro essere professionisti, e la voglia di fare le cose per bene, dovrebbe oggi più che mai spingervi a suonare il meno possibile!
Sì, proprio così, non lasciatevi intimidire da chi vi dice: “Devi farti conoscere, devi suonare ovunque”. No, è un’idea vecchia, funzionava negli anni Novanta, e forse neanche tanto. A Roma, per esempio, non si contano più le band originali (compresa la mia) a spasso per la città a suonare ovunque e spesso gratis, nonostante tutte le spese che ci sono fra strumenti (comprarli e mantenerli), trasporto, fatica fisica e mentale; per poi suonare in contesti spesso sotto le aspettative. Questo non fa che alimentare il problema, facendo così il gioco al contrario. Si “rema in tondo” e non si va da nessuna parte.
Vi esorto quindi a selezionare i vostri live, considerandone laddove possibile il luogo e la risonanza, il palco, la professionalità dell’organizzazione, il cachet (dove fosse presente) e infine, non per importanza, l’acustica della sala! Forse qualcuno in questo momento starà pensando: “Mah, a me è andata bene finora, suono in continuazione, qualche soldo me lo hanno dato, perché fermarmi o rallentare?”.
Vi lascio con questa riflessione, al prossimo numero…
Sergio Di Giangregorio (BoilerStudio)
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