Quanti di voi in questi giorni stanno ricevendo su Facebook inviti-messaggi-link volti a sponsorizzare la candidatura di una band per il concerto del Primo Maggio? “Votami per farmi suonare al Concertone! Basta un clic!” suggeriscono le band in questione. Per contro scorrendo in bacheca incappiamo sempre più spesso in post di gente frustrata che insulta tali band poiché sommersa da inviti e richieste simili. Questo meccanismo, presente da sempre sulla rete grazie all’infinita gamma di contest online a disposizione del volenteroso musicista emergente, ha raggiunto il suo apice in quest’ultimo periodo grazie appunto all’iniziativa del Concertone. È sufficiente infatti visitare il sito del concorso (dove tra l’altro appare anche un countdown da qui al primo maggio con tanto di secondi, che detto tra noi genera un’angoscia terrificante) e in pochi istanti si può effettuare l’iscrizione e candidare la propria band a calcare il palco di San Giovanni.
Al di là della condivisibilità o meno dell’utilizzo del voto popolare da parte dei concorsi in genere, sta di fatto che tutto ciò applicato ad un contesto come quello di cui sopra non poteva che creare dei problemi di “traffico telematico”: Avendo ovviamente una presa nazionale, tale concorso ha finito col mettere in moto un’asfissiante saturazione di Facebook con richieste e inviti da parte delle band coinvolte, “obbligandole” ad uno spam selvaggio e generando una situazione di frustrazione da parte degli utenti, compresi quelli appassionati di musica.
Risultato? Si contribuisce a una disaffezione verso le band presenti su Facebook di cui sono destinati a soffrire tutti i musicisti, compresi quelli che poi a tali iniziative non partecipano.
E accade che anche un innocente invito ad un concerto nella propria città, finisca per dare luogo a fenomeni di isterismo generale. Che la gente stia male non lo scopriamo certo adesso, ma la meraviglia che a volte ancora si può provare di fronte alla tragicomica violenza di certe esternazioni, ci fornisce l’occasione per riflettere sulla questione.
Facebook sta diventando di fatto con gli anni lo specchio virtuale della nostra vita reale. E così come dovrebbe accadere nella vita di tutti i giorni, quando non si è in condizione di attuare delle norme imposte dall’alto dovrebbe entrare in gioco il buonsenso. Ma tale buonsenso bisogna che provenga da tutti i livelli: in primo luogo da chi organizza tali contest, poiché non fa che alimentare il traffico pubblicitario sui social network finendo per far percepire le band come l’outsider sgradito. E così anche l’invito al concerto di una valida band che porta onestamente avanti la sua passione finisce per essere considerato al rango del volantino pubblicitario che intasa la cassetta della posta del proprio condominio. In secondo luogo il buonsenso deve provenire dagli utenti, che dovrebbero mettersi nei panni del malcapitato musicista ed evitare di sfogare su di esso la propria rabbia repressa (un po’ come spesso la si sfoga appunto sulvolantinaro o sull’operatore di call center). Buonsenso infine anche dalle band, che dovrebbero cercare di non sovraccaricare ulteriormente questi meccanismi. Prendiamo come ulteriore esempio quello delle Tribute Band. Molti musicisti che manifestano disappunto nei confronti di esse (poiché a loro detta danneggiano la musica originale) finiscono per metterne in piedi una “perché ci si guadagna”. E così non fanno che alimentare quel fenomeno che loro stessi considerano causa del proprio male. Allo stesso modo urge onestà intellettuale e cognizione di causa nell’adoperare gli strumenti promozionali. Perché va bene che non si butta via niente, ma esagerare nella spasmodica ricerca di pubblicità può danneggiare la reputazione di ciò che si sta faticosamente costruendo. Su Facebook, per antonomasia regno dell’apparenza, altrettanto importante di ciò che si è, è il come si viene percepiti.
Attenzione perciò, colleghi musicisti e addetti ai lavori: fenomeni come questo ci fanno più male che bene. Facebook non è un punto di arrivo ma uno strumento, e ogni strumento può essere utile solo se utilizzato nel modo giusto.
Matteo Rotondi