– di Roberta Matticola –
Lucrezia è una giovane cantautrice che porta da sempre la musica nel suo cuore e nella sua testa. Si trasferisce dalla Toscana (sua terra d’origine) a Roma per studiare songwriting pop presso il Saint Louis College of Music e nel 2023, con il nome d’arte di BLÙNDA, pubblica con Zoo Dischi tre singoli che la introducono ufficialmente nel mondo della musica; ha inoltre partecipato a programmi televisivi come Ti lascio una canzone, Viva Rai Due e ItaliaSì.
Nonostante sia discograficamente giovane ascoltando i suoi singoli Controluce, Respiro e Libera si percepisce una certa sicurezza: sono brani completi che rappresentano tre diverse sfaccettature della sua autrice nonché tre generi che riesce e calzare con disinvoltura. Affascinata dalla sua voce e fortemente coinvolta dalla melodia e le parole di Libera, il suo ultimo singolo, l’ho raggiunta telefonicamente per parlare della sua musica sbirciando anche un po’ nel suo futuro.
Ti faccio una prima domanda sul tuo ultimo singolo, Libera. È un brano che, come hai detto anche tu, è molto introspettivo e nasce dall’esigenza di rientrare in contatto con noi stessi, all’interno di una società in cui, hai dichiarato «siamo sempre bombardati da informazioni sempre nuove, che ci distolgono dal contatto che ognuno di noi ha col proprio io». Volevo quindi chiederti di parlarci di questo brano e dei motivi che ti hanno spinto a scriverlo.
Oltre che da quest’esigenza, Libera è nata in modo molto inconscio, una cosa che mi capita spesso nella scrittura: scrivo e mi rendo conto dopo di quello di cui ho parlato. In realtà l’ho scritto e ultimato poco tempo prima della pubblicazione e non è un caso, perché in questo periodo questo tema è molto centrale in me, sia come artista che come persona, perché sentivo e sento l’esigenza di concentrarmi più sull’ascoltare me stessa, il mio flusso ed il mio istinto rispetto al resto: le informazioni, le cose che abbiamo intorno e ci bombardano costantemente con i social, con i quali siamo sempre esposti. Nasce quindi da questo e, nello stesso periodo, avevo anche la voglia di sperimentare un po’, musicalmente. Avevo voglia di creare qualcosa che fosse un po’ un gioco, che fosse liberatorio: mescolando queste due cose, è uscito questo brano che ha dei temi, direi, di una certa profondità. Poi però la musica si esplica in un modo molto più giocoso… Perché poi quando canto questo brano mi diverto, mi fa ballare, mi fa muovere, mi fa divertire.
Questa cosa emerge anche all’ascolto! Infatti il «cha cha cha» che canti nel ritornello, molto onomatopeico, accompagna proprio il ritmo della batteria, che è molto coinvolgente. Poi parlare di tematiche importanti, per come la vedo io, anche con ritmi più allegri, tende ad essere ricordato molto di più: è come se questo contrasto permettesse di cogliere meglio il tema. Alla luce delle tue parole, il «devo andare un po’ più in là» [frase del brano, nda] assume un significato più forte: oltre all’allontanarsi dal bombardamento mediatico c’è anche uno spostamento fisico. Ti chiedo: ti sei mai sentita oppressa, sia fisicamente che mentalmente?
Be’, si, assolutamente! Mi è successo… Ma in realtà succede relativamente spesso, nel senso che io sono una persona che va costantemente alla ricerca della dinamicità, di cose nuove, di esperienze e va da sé che, ciclicamente, arrivano quei momenti in cui mi sento un po’ ferma e statica e a volte anche oppressa, perché mi capita spesso di sentire il senso del dovere rispetto a quello che magari vorrei fare ed essere. E fisicamente è una cosa che ho affrontato quando mi sono trasferita dalla Toscana a Roma, perché ho ricercato qualcosa di nuovo, degli stimoli nuovi anche per il mio progetto. Però, in realtà, questi momenti di difficoltà, così come anche la noia, trovo siano molto utili: sono delle fasi fondamentali, nella vita, per capire poi effettivamente da che parte si voglia andare e prendere delle decisioni…
Come stimoli di crescita!
Si, esatto! Mi fa sempre molto ridere questa cosa perché ho questi momenti e se da una parte è normale viverli con difficoltà, dall’altra parte sono sempre un po’ felice perché dico: «Cavolo, allora sta arrivando qualcosa, sono in una fase di cambiamento» e per me il cambiamento è sempre una direzione giusta da intraprendere. È sempre un sinonimo di crescita!
È vero! In Controluce, il tuo singolo d’esordio, canti: «Brinderò al mio perdere», una frase che mi è piaciuta moltissimo perché, nell’epoca di oggi, in cui siamo tutti in constante competizione, avere la meglio sugli altri e arrivare primi (ma non si sa dove!), questa frase crea un contrasto forte. Anche il momento più negativo alla fine nasconde sempre un velo di luce, un bagliore, un punto di rinascita. In Controluce intravedi già uno spettro di luce nell’ombra.
Si, esatto! Ma infatti Controluce, in termini di tematica, ha un filo conduttore con Libera, si ritrovano molte cose. È un tema che ho trattato in entrambi i brani ma, ovviamente, è stato poi tradotto in modalità differenti; sono comunque due canzoni diverse. Controluce è più un dialogo… Quelli che scrivo sono sempre dei dialoghi che faccio, sostanzialmente con me stessa. Però Controluce era un dialogo con una persona e un brano intimo, perché riguardava e riguarda qualcosa di personale, facendo riferimento ad una situazione che coinvolge me e una terza persona. Mentre in Libera ho cercato di affrontare questa cosa in un senso più ampio, più collettivo.
A questo proposito ho trovato una sorta di connessione tra tutt’e tre i tuoi brani. In Controluce ho percepito che canti la sensazione del disagio, capendo che c’è un problema da risolvere; segue poi una sorta di calma, anche a livello musicale, di maturazione del problema in Respiro, per poi evolverti completamente in Libera, che, come abbiamo detto, implica la rinascita. Ti volevo chiedere se c’è un’associazione voluta tra i brani, ma in parte mi hai già risposto!
La correlazione, quando si è in fase di scrittura, non la si ricerca: io mi muovo sempre in modo molto naturale e istintivo, mi approccio in questo modo alla scrittura. Il fatto che ci sia questa correlazione forse nasce dal fatto che, come accennavo prima, questa tematica è molto centrale nella mia vita sia artistica che personale. Sono contenta e mi fa piacere che sia emersa questa cosa, che rappresenta una maturità sia personale che artistica. Hai sintetizzato il tutto perfettamente!
Una cosa che ho colto in questi brani è che, anche se hai pubblicato solo tre singoli, muovi dei “passi sicuri” nella tua musica. Sono tre brani musicalmente diversi tra loro e Respiro, cantato insieme al coro gospel Flowing Cords, è un brano molto profondo, che fa risaltare tantissimo la tua voce; tre approcci musicali che uniscono pop, R&B, soul, dance: ti rivedi di più in uno di questi universi musicali, rispetto agli altri?
In realtà non lo so! [Ride, nda] Non lo so se questa sensazione passerà mai. Sicuramente arriverà il momento in cui avrò più chiare delle cose. Però in questo momento mi ritengo ancora in ricerca e mi piace perché questo mi permette di tenere delle porte aperte: ognuno di questi mondi mi appartiene. Forse adesso, in questa fase della vita, mi sento più vicina ad un contesto come può essere quello di Libera o di Controluce, più che quello di Respiro. Ma… nì, ecco!
Agli inizi di un percorso artistico è difficile trovare la propria dimensione e la sicurezza con cui ti muovi è un grande pregio: questi tre brani ti “calzano” perfettamente, sono ben strutturati e calibrati e secondo me consentono un ascolto piacevole.
Grazie! Nonostante come ho detto io mi ritenga ancora “in ricerca” mi rivedo molto in queste parole che mi hai detto, ritrovo questa sicurezza…. Grazie per le belle parole!
Hai sempre avuto le idee chiare su quello che sarebbe stato il tuo futuro? Ho letto che hai studiato musica e ti trasferita a Roma per studiare più dettagliatamente il campo.
Si! Io ho iniziato a cantare da quando avevo circa due anni e ho sempre coltivato questa passione, ho sempre avuto questo pallino di fare la cantante e la performer! Non ho mai avuto dubbi su quello che volessi fare.
Tornando al tuo approccio di scrittura dicevi che nasce in modo naturale. Ma, al di là degli stati d’animo, qual è il tuo flusso d’spirazione? Vedi delle cose e inizi a “fantasticare” su una possibile storia?
Ho analizzato quello che facevo e ho capito che, di base, sono una persona che osserva molto: mi pongo delle domande, però poi le lascio lì. Sinceramente non mi è mai capitato di avere un approccio diretto ed immediato, sono più un’osservatrice che accumula informazioni e poi le rielabora, anche in modo inconscio.
Sei al lavoro su un disco attualmente? Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sì, stiamo lavorando ad un disco e di questo sono molto felice! Poi ho avuto da poco una notizia molto bella ovvero quella di essere passata tra i finalisti del 1MNEXT, quindi adesso mi sto preparando per questo: ne sono molto fiera! Sono in una fase molto piena di cose perché sto iniziando anche a muovermi un po’ con i live, sto iniziando ad avere un po’ di materiale in mano. Il mio desiderio più profondo in questo momento è quello di poter portare live il mio progetto e poter fare dei concerti.
Un’ultima domanda: il tuo nome è particolarissimo, mi fa pensare all’oriente, alla notte… Ma che significa “BLÙNDA”?
In realtà Blunda è il mio cognome!! [Ride, nda] Ho scoperto avere anche dei significati nel senso che in svedese vuol dire «chiudere gli occhi»: non ricordo di preciso se è il verbo però mi ha incuriosito molto, è molto particolare! Quindi quando ero alla ricerca del mio nome d’arte ho avuto anche una certa fortuna perché, avendolo scelto istintivamente, mi piace. Questa domanda è sempre molto divertente perché effettivamente da fuori, essendo anche un cognome poco usuale, uno si chiede: «Ma chissà che cosa vuol dire» [ride, nda] e io a quel punto smonto tutto!