Delicatissima poetica di mare e di dettaglio acustico nel suono nuovo di Ella Nadì, lavoro che troviamo in rete dal titolo evocativo “Nel bene e nel mare”, progetto realizzato con il contributo del Nuovo IMAIE. Sono dipinti che di quando in quando si lasciano anche andare a dinamiche sfacciatamente pop… ma di base, la solitudine, la contemplazione… forse avremmo richiesto un suono meno industriale, più lasciato alla stato di greggio che in quello di raffinato. L’inevitabile è un processo che spaventa spesso ma che in fondo, ad accettarlo, si raggiunge una quiete che al mare associamo, dal mare arriva… e al mare torna!
Il nuovo disco di Ella Nadì che conferma un percorso personale. Che la direzione sia sempre più l’intimità e la semplicità?
Può essere.. certamente sono due elementi in cui la mia musica, ad oggi, si riconosce. Rispetto a quella che la mia direzione sarà d’ora in avanti, il solo obiettivo che voglio darmi è di essere me stessa. Il mondo della musica, più che mai oggi, è saturo di proposte, perciò penso realmente che l’autenticità sia il requisito fondamentale per scegliere di buttarsi in questo mare. Anche perché credo possa essere l’unica ancora di salvezza, per chiunque.
Oggi la canzone emergente e comunque quella d’autore per te che vita stanno avendo? E tu come ti rapporti ai nuovi media e alle nuove normalità sempre più liquide? Te lo chiedo perché questo disco è proprio figlio di altri tempi…
Domanda di riserva? .. A parte scherzi, so di aver realizzato un album abbastanza controcorrente, per quanto non abbia fatto nulla di rivoluzionario per il mondo della musica. Penso però di aver fatto qualcosa di rivoluzionario per il mio percorso artistico, perché nei lavori precedenti ho sempre cercato di stare al passo coi tempi, sacrificando le potenzialità che avrei forse potuto esprimere se fossi stata me stessa al cento per cento. Avendo, però, realizzato un disco, come dici tu, “figlio di altri tempi”, non è sicuramente semplice riuscire a divulgarlo, perché i mezzi che gli artisti emergenti hanno oggi per comunicare sono i social. Il punto è che questa comunicazione, secondo me, non dipende solo dal rapporto che un artista ha con questi nuovi media, ma anche dal pubblico potenzialmente interessato, che forse non andrebbe mai su Instagram o Tik Tok a cercare nuova musica da ascoltare. Quindi, per concludere, mi piacerebbe che la situazione si evolvesse, ie che tornasse al centro la musica, che, per chi ama scrivere canzoni o ascoltarle, è la cosa principale.
E poi questo disco ricerca la calma e la contemplazione nonostante momenti come “Altrove” o “Vederti ballare” o ancor più la coda finale di “Outro” siano sinonimo di un fremere interiore (almeno così l’ho letta eh)… che ne dici?
Dico che mi piace questa visione e penso che ben descriva, non solo questo disco, ma la mia musica in generale. Nel senso che penso ci siano due caratteri nella mia musica, entrambi fondamentali, e tra cui ricerco sempre un equilibrio. Uno è sicuramente un carattere più “timido” nell’espressione, meno d’impatto forse, ma allo stesso tempo profondo, che richiede più attenzione per essere compreso; l’altro è più energico, e forse l’attenzione la cattura da sé. A pensarci bene, la mia musica mi assomiglia parecchio.
Bellissimo questo titolo. Da dove nasce? Nella sua verità, quella nuda, che cosa sta a significare?
Grazie! Sono felice ti piaccia! Innanzitutto volevo che il mare fosse nel itolo, perché è nei miei testi ed effettivamente nel mio immaginario quando scrivo. Questo gioco di parole “nel bene e nel mare” che sostituisce il “male” con il “mare”, mi trasmette possibilità e in un certo senso, quindi, anche speranza. Seppur scriva canzoni malinconiche, provo sempre a comunicare un messaggio positivo. Chiaramente il dolore esiste, e ne sono consapevole, e spesso è proprio il dolore il motore per nuova musica, ma mi piace credere che questo dolore non sia mai fine a sé stesso, bensì un mezzo necessario col quale possiamo comprendere meglio chi siamo e ciò di cui abbiamo bisogno.
Perché il finale di “Outro”? Mi ha colpito… questo disco non conclude un processo ma lo ha appena risvegliato?
Mi piaceva l’idea di un finale “col botto”, di un crescendo che culminasse in un’esplosione di suoni ed effetti, come a voler far riflettere l’ascoltatore su quanto ascoltato fino a quel momento, ripercorrendolo o riguardandolo anche con un altro punto di vista. Per scorgere, ad esempio, la forza nella delicatezza, o il disperato bisogno di arrivare agli altri anche nella ricerca di intimità. E quello che dici, ovvero che ti sembra un brano che non chiude un processo ma che lo risveglia, mi rende felice.. mi piace pensare che sia un disco che ha bisogno di un secondo ascolto.