– di Martina Rossato –
Santo nasce a Pavia e cresce a Varese, ma solo trasferendosi a Bologna trova un ambiente davvero favorevole alla sua musica. Comincia a far sentire i suoi pezzi e, gradualmente, a pubblicarli, dapprima su Instagram, poi su Souncloud e infine su Spotify, dove approda nel 2020 con il primo singolo “Rouen“.
Ogni pezzo di Santo racconta un mondo a sé e così anche “Ubriaco”, il suo ultimo singolo uscito venerdì 7 aprile via Ghost Records. Nonostante il titolo, il brano non parla di bevute tra amici: al centro della canzone quella sensazione di euforia che si prova incontrando una persona che cattura la nostra attenzione.
Come accade con le bevute, però, anche questa ebbrezza è passeggera e la felicità si trasforma presto in dei brutti postumi.
Hai cominciato a suonare alle medie e adesso hai alle spalle una serie di singoli pubblicati. Come è cresciuto Santo in questi dieci anni?
Ho cominciato a suonare alle medie, è vero, ma al liceo ho un po’ abbandonato la musica. Duranti quegli anni non ho abbandonato pianoforte e chitarra, ma non ho nemmeno avuto modo di crescere molto musicalmente. Dove vivevo [Varese, ndr], non ho ricevuto molti stimoli a farlo, nessuno mi ha detto “Continua, ti ascolterei!”.
Appena mi sono trasferito a Bologna ho fatto sentire quello che sapevo fare e, nonostante non suonassi seriamente da un po’, la risposta delle persone è stata molto positiva. A quel punto mi sono convinto che non potevo più tralasciare la musica.
Quindi cosa hai fatto una volta a Bologna?
Come dicevo, una volta arrivato a Bologna ho capito che dovevo riprendere in mano la musica. È lì che ho cominciato a farmi sentire di più e a suonare nei locali.
Non suono soltanto perché ho capito che le persone mi avrebbero ascoltato, però: semplicemente, mi sono reso conto che dovevo prendere più sul serio quello che avevo sempre fatto. Mi sono trasferito a Bologna per studiare fisica, che rimane il mio piano A, ma mi rendo conto che l’unica “materia” su cui passo otto ore al giorno senza neanche accorgermene è la musica. Ora sto lavorando a pezzi nuovi e ho passato settimane al computer, ogni giorno perdendo la concezione del tempo. È una cosa che mi completa, la musica.
Quanto l’ambiente influenza il tuo lavoro?
Tantissimo. Qui studio fisica, una materia senza neanche un goccio di arte dentro, che non c’entra nulla con il bello estetico. Eppure, nel mio corso tantissimi ragazzi suonano, ad esempio tutta la band con cui suono studia fisica con me. È un contesto molto aperto e qui ho trovato persone che mi hanno molto spronato.
Spazi molto tra i generi, è dovuto anche alla diversità di persone che hai conosciuto?
Penso che sia più relativo al discorso che facevo prima sul crescere e arrivare a capire a cosa mi “serve” la musica.
Quando scrivo un pezzo voglio parlare di un determinato argomento, che ha inevitabilmente un determinato effetto sulla mia vita. Per me ogni argomento ha un suo modo di essere raccontato. Quindi da un pezzo all’altro non solo cambio il modo di scrivere, ma anche le influenze musicali da cui prendo ispirazione. È molto difficile, per me, scrivere più canzoni di un solo genere.
Parliamo di “Ubriaco”: da quale sbronza nasce questa canzone?
Un anno fa ho avuto la gastrite, un dolore atroce [ride, ndr]. Per questo, da un anno a questa parte non riesco più a godermi le bevute allo stesso modo, non dico che sono astemio ma quasi.
Quindi è una sbronza metaforica.
Sì, l’estate scorsa ho conosciuto una ragazza. Sai quando vedi una persona per strada e ti innamori? È un sentimento del tutto effimero, che ha il peso che ha. Questa ragazza però mi piaceva molto ed ero contento perché era molto tempo che non provavo sensazioni nuove come quella.
Volevo tantissimo bene a persone già attorno a me, ma quando incontri una persona del tutto nuova, che non sa niente di te, non è la stessa cosa. C’è una scarica di adrenalina che la rende una sensazione molto diversa, anche se sono semplicemente due modi di volersi bene.
Come è finita con questa ragazza?
Dopo un paio di uscite ci siamo resi conto che i nostri modi di pensare erano inconciliabili, completamente diversi. La situazione non mi piaceva affatto [ride, ndr], però lei mi piaceva molto. Ho voluto paragonare la sensazione che ho provato con lei a quella di un post sbronza: parlando con lei l’adrenalina saliva, come succede quando bevi, ma poi ho capito che stavo “bevendo” giusto per gusto di bere, ma il giorno dopo mi sarei svegliato stando peggio di prima.
Dal punto di vista pratico, come hai lavorato al pezzo?
Il pezzo, come tutti gli altri, è nato al piano. È il primo di serie di pezzi nuovi che usciranno e che ho composto dopo aver seguito qualche breve corso di improvvisazione jazz. in “Ubriaco” ho provato a mettere qualcosa di modulare, note che non sono giuste ma se inserite al momento giusto suonano bene.
Armonicamente parlando è uno dei miei pezzi preferiti perché dentro ci faccio di tutto e di più. È nato quasi come un esperimento: cambia tonalità, usa diminuite a tutto spiano, ci sono tantissimi accordi… sono molto contento che mentre lo si ascolta non si percepisca il casino che in realtà c’è dietro [ride, ndr].
Quindi sei soddisfatto del lavoro?
Sono molto contento di come è uscito! Per la produzione poi ho inviato piano e voce a un mio grande amico, Enimrak, che ormai collabora con me da più di un anno. È un batterista, ha pensato lui alle percussioni. Di solito gli mando piano e voce e lui fa una prima bozza. Dalla sua prima bozza risistemo le idee e gliela rimando. È una serie di compromessi, fino a quando non arriviamo a una versione definitiva che piaccia a entrambi.
https://youtu.be/0_UZnEbmaF0
Cambiando totalmente argomento: come è stata l’esperienza a X Factor?
Per me è stata un’esperienza meravigliosa, soprattutto perché è successo tutto da sé.
Non ho mai spinto per andare al programma: degli scout mi hanno scritto e ho pensato fosse una bella vetrina sia per me che per conoscere gente nel mondo della musica. Arrivare lì e suonare davanti a 1600 persone è stato assurdo, anche se ero un personaggio secondario, infatti mi hanno eliminato alla seconda puntata a favore di gente che c’entrava molto più di me nel programma. Dico così perché io sono più un cantautore che un cantante. Mi viene difficile fare cover, non è proprio il mio, la parte della musica che mi piace è quella creativa. Mi sono presentato con sette inediti, ma nessuna cover, quindi a X Factor sia io che la produzione eravamo consapevoli che c’entrassi poco lì in mezzo.
La prima puntata ho preso quattro sì e ovviamente mi sono gasato, ma sapevo che sarei uscito subito. Comunque era la prima volta che cantavo davanti a così tante persone, in più si sono alzati in piedi a fine spettacolo, mi hanno dato quattro sì e ho ricevuto un sacco di complimenti: non potevo essere più felice.
Che bello un’esperienza positiva a X Factor! Sono contenta sia stato così forte per te.
Sì, be’, non è una realtà facile, ma è tutto scritto nel contratto. Quando firmi sai a cosa stai andando incontro. Ad esempio, dei complimenti che ho ricevuto dai giudici ne hanno fatto vedere solo uno, e nemmeno il più entusiasta. Hanno montato l’audizione così perché giustamente la puntata dopo sarei uscito.
Ma non mi aspettavo niente di più. Andare avanti mi sarebbe piaciuto, certo, ma per me che devo ancora capire come ci si muove nel mondo della musica (purtroppo non è un mondo puro come sembra) è stato tantissimo così.
Nel pezzo dici “Parlami tu di quello che ti fa felice” quindi ora chiedo a te cosa ti fa felice.
Generalmente preferisco chiederlo io agli altri, che domanda è? [ride, ndr]
In generale mi ritengo felice. Penso che essere felici sia una scelta più che una cosa che capita. Mi sveglio la mattina e apprezzo anche le piccole cose che mi svoltano la giornata. Essere felici è ovunque, in tutte le cose, bisogna soltanto respirare e dire: “Ok, questa cosa è il meglio che mi potrebbe succedere”. Mi sento più rilassato mentre suono, mentre canto con altre persone: lì sento la testa libera e non ho neanche bisogno di pensare: “Mi sento felice”.
Se non pensare a sforzarsi di essere felici vuol dire essere felici, allora sono felice quando suono e mi piacerebbe che tutta la mia vita diventasse quella felicità.