Si intitola “Messaggi” il nuovo estratto dall’ultimo disco della cantautrice milanese Amelie. Un altro lancio, un altro video…ancora voce da dare alla cronaca discografica per raccontare questo disco che ha raccolto solo interessanti riscontri lungo tutto un percorso di mesi e mesi. Di sicuro citiamo il premio Lunezia o anche il premio Targhe D’Autore che decreta “Il Profumo di un’Era” di Amelie come una delle 10 opere migliori del 2015. La lista par essere lunga…noi ci soffermiamo su un’opera che mostra eleganza e gusto raffinato proveniente da altri confini e da altre tradizioni. Sicuramente sono contaminazioni di moderna fattura e di occidentalissima specie. Musica pop la definirebbe la massa. Musica d’autore la etichetterebbe il saccente di nicchia. Musica…ne parla così chi ascolta musica.
“Il profumo di un’Era”. Che profumo ha? Quest’Era di crisi…
Ha un profumo molteplice. Dipende dai brani. Per quanto riguarda i brani riferiti all’Era del Passato il profumo è quello della nostalgia, del ricordo conservato con amore e grande cura. Nei brani in cui si parla dell”Era Presente il profumo si fa amaro, più “aggressivo”, più graffiante nei confronti di una società attuale in crisi, fondata sui “click” e sulla presenza costante di “nuovi mostri”. Nell’Era del Futuro il profumo sa soprattutto di speranza.
Singoli. Video. Interviste. Magazine. Radio. Secondo te, oggi, a cosa serve tutto questo? Ma soprattutto: serve?
Non serve di certo a vendere migliaia di copie o scalare le classifiche. Serve per provare a diffondere la propria musica con i mezzi che sono rimasti a disposizione per noi indipendenti. Esistono ancora (per fortuna) spazi che si occupano di progetti di nicchia. Alcuni poi lo fanno davvero con grande curiosità ed interesse. Sono tutti spazi grazie ai quali gente appassionata e curiosa scopre ed ha la possibilità di ascoltare “musica diversa” rispetto a quella che passa sulle radio e tv nazionali. Pubblico disposto a conoscere ciò che ancora non conosce secondo me ce n’è più di quanto si possa pensare.
Come anche il gusto di produzione che hai studiato con il tuo staff: quanto pensi venga raccolto da chi come tutti (o quasi tutti) della musica fa un ascolto superficiale?
La mia produzione non si è posta troppe domande. In realtà non ho nemmeno uno staff che pensa per me e studia con me. La produzione è nata spontaneamente con Giovanni Rosina in base a mie esigenze espressive, al mio gusto e al mio bisogno di dare ai suoni e agli arrangiamenti il compito di sottolineare il significato di ogni pezzo. Ti faccio un esempio: “ti ho ucciso con un click” parla del mondo della rete, un mondo sospeso in una dimensione irreale che “deforma” spesso il reale. Per questo l’arrangiamento è volutamente elettronico: volevo sottolineare l’artificiosità del web. Allo stesso tempo, il tutto è sottolineato da una composizione armonica spiazzante. Sul bridge è come se da uno stato di sospensione, da una bolla irreale e falsamente rassicurante, si cadesse di botto ad uno stato di maggiore coscienza dopo essere stati assuefatti da qualcosa di ipnotico. Sicuramente i brani più orecchiabili e “immediati” vengono colti da un pubblico più vasto. Quelli più complessi da un pubblico attento. Però quando fai un disco non puoi solo pensare “Come coglierà il pubblico il mio lavoro?” Sennò rischi di tenere a mente più il mercato o il gusto altrui che l’aspetto artistico.
Ci hanno detto che odi le categorie. Proviamo a farne a meno. Ci racconti la tua musica?
Si odio le categorie perché credo siano parecchio riduttive. È difficile però “raccontare” la musica, perché il miglior modo per farlo è lasciarla ascoltare. Sicuramente posso dire che la mia musica non si è mai imposta cliché, regole, limiti. Mi piace definirla “coraggiosamente” libera.
Nel video di “MESSAGGI” ho letto tra le righe che vorresti stare altrove piuttosto che a Milano. Sei d’accordo? E vorresti per caso anche essere un’altra?
Bhe non farti ingannare dal fatto che io abbia scelto paesaggi di Natura per la doppia esposizione del video. La Natura è stata scelta perché rappresenta metaforicamente precisi stati d’animo. Ma il fatto che all’interno della mia sagoma non abbia inserito la Madunina del Duomo di Milano non significa che vorrei essere altrove. Amo la mia città (nel disco ho anche scritto un brano intitolato proprio “Milano”). Amare una città non esclude l’amore per la Natura e viceversa. Essere un’altra? Mah…si, forse da piccola…. avrei voluto essere la fidanzata di Dave Ganah dei Depeche 😀
E se invece dell’Italia fossi nata in America o in Giappone. Se la tua musica finisse la…
Probabilmente in Giappone mi troverei bene. Ci sono amici che mi prendono in giro dicendo che siccome ho gli occhioni grandi somiglio ad un Manga 😀
Ma pure in America rinascerei con piacere, soprattutto se potessi scegliere il decennio (tutta la vita anni 80). Ma infondo mi va bene qualsiasi posto, diciamo che mi sento molto cittadina del Mondo.
Angelo Rattenni