Uno, due e tre squilli: risponde. Genova-Roma non sono proprio due metri, e noi volevamo sentirli prima del live (16 marzo @Qube Roma) questi bei ragazzi genovesi. Mi risponde Maurizio, la voce degli Ex-Otago.
Partiamo dall’inizio, perché Ex-Otago?
M: Quindici anni fa, quando ci siamo formati, vedemmo questo film “Scarfies”, da non confondere con Scar Face, ambientato in Nuova Zelanda dove c’era questa squadra di rugby che si chiamava appunto Otago, che incredibilmente riusciva a vincere il campionato di massima serie.
Ci aveva colpito il concetto di come alcuni ragazzi “scappati di casa” riuscivano a far parlare di sé. Così nacquero gli Otago, facevamo un genere particolare: un po’ punk, jazz, funky con influenze americane e sudafricane con un tocco di hip hop in mezzo. Eravamo un po’ strambi. Ci siamo subito resi conto, dopo un quarto d’ora, che era qualcosa di non accettato, un genere un po’ troppo di ricerca, e ci siamo sciolti.
E da lì in poi abbiamo fatto pop, tutto in quarto d’ora (ride).
Altro che pop, siete punk! Tutto nacque nel 2002 circa, sono quindici anni che suonate in giro per l’Italia e non solo. In questo album si nota, sì un’evoluzione, ma anche un ritorno a casa dopo un lungo viaggio “In capo al mondo”. Si percepiscono versi più riflessivi e introspettivi diversi dalla leggerezza e la spensieratezza che vi contraddistingueva negli scorsi album…
M: Gli Ex-Otago in quanto genovesi doc hanno quest’anima sempre malinconica, purtroppo il genovese è fatto così! Gode delle cose belle della vita, ma mentre ne gode pensa già a quando finiranno…è quello che mi piace definire il “genovesismo” e se usato con parsimonia e cautela può regalare anche cose interessanti. E’quell’agrodolce caratteristico degli Ex-Otago.
A dir la verità un po’ di malinconia l’abbiamo sempre avuta, in ogni disco. In Marassi (ultimo disco) forse c’è più contrasto: c’è più allegria e spensieratezza nei suoni e nei testi ci sono note più intime e nostalgiche.
A proposito di suoni, venivamo dall’album precedente pieno di sonorità spesso etniche e particolari. Questo ritorno all’elettronica?
M: Nasce dalla voglia di tornare a casa. Il disco precedente In capo al mondo ci ha portato in giro sia col furgone che con le sperimentazioni musicali e di scrittura, regalandoci tantissime soddisfazioni. Bene, Marassi è tutto il contrario. E’come lo studente che va in erasmus sei mesi e ne ha le palle piene, poi torna indietro e si rende conto che la sua provincia o il suo paesello non è poi così male e riesce a trovare una dimensione bella anche lì. A volte si va chissà dove per trovare chissà cosa e in realtà poi ce l’hai a un metro. Marassi è proprio così, è la narrazione delle cose più comuni, vicine e abbordabili che avevamo.
Dalla semplicità poi ne è uscito un grandissimo lavoro…
M: Senza dubbio, le piccole cose sono quelle che ci fanno svoltare le giornate.
Qualcosa di divertente che vi è successo durante la produzione di Marassi?
M: Di cose simpatiche ne sono successe tanti, a parte che a Marassi (che è un quartiere della periferia di Genova) siamo diventati delle star (ride). Eravamo in macchina, o meglio, con il furgone Ex-Otago e in una via si era fermato il camion dell’immondizia creando un casino di fila. E mentre eravamo lì ad aspettare abbiamo visto diverse persone che sono scese dalle macchine per venirci ad abbracciare a dirci “bravi ragazzi!” facendo aumentare la fila. E siamo stati felici, perché voleva dire che eravamo riusciti a parlare proprio a tutti, anche alle persone più diverse tra loro.
“Gli occhi della luna” è diventato un singolo/hit. Come è nata la collaborazione con Jack la furia?
M: E’nata in maniera molto naturale. Lui ci ha scritto perché si era innamorato del disco (Marassi), e ci ha chiesto di collaborare. Noi col rap qualcosina avevamo fatto, prima avevamo un componente del gruppo che faceva “rap sbilenco”, e abbiamo detto: perché no?
Poi a Milano abbiamo fatto una data in cui è venuto anche lui, ed è venuta una figata. Abbiamo semplicemente provato a dare spazio a questa cosa e ha funzionato da matti!
Anche da dietro un telefono si percepiscono l’allegria e l’amore per la musica di questo fantastico gruppo. Niente impegni per giovedì: gli Ex-Otago arrivano a Roma ad infiammare il palco del Qube. Siamo già lì.
Benedetta Barone