Omonimo disco per intitolare l’esordio lanciato poi in rete dal primo estratto dal titolo “GELIDO” (videoclip di Bastanimotion). Non esistono etichette come si legge da più parti anche se al nostro orecchio risuonano forti quei sentori anni ’90 in bilico tra pop ed elettronica, quel mood rapito all’America per mano di realtà come Bluvertigo o Afterhours e successivamente reso popolare per il nostro commercio. C’è un po’ di tutto in questo disco, c’è la grinta, c’è la riflessione, c’è l’energia. Si parla di trasformazione come di rivoluzione. Ci piace sottolineare il brano “Radio Sputa” come bandiera di protesta all’omologazione culturale della musica e non solo. Di sicuro un brano che si staglia dal resto del disco assumendo maggiori connotati pop da tormentone radiofonico.
Rock targato Italia (tanto per fare una citazione). Scelta di stile o naturale condizione?
È difficile cantare in italiano nel rock ma l’ho sempre fatto e capisco chi ne sta lontano scegliendo l’inglese.
Insomma perché non espatriare date le vostre innumerevoli esperienze?
Forse perché la nostra discografia non ne è capace, si è comodi e non si vuole rischiare. È una domanda che mi hanno fatto quando sono andato all’estero a suonare: non si sa che in Italia si produce musica esportabile e non sto parlando delle comunità italiane in giro per il mondo. Siamo visti come quelli della lirica e della musica leggera. Dovresti fare questa domanda ai nostri discografici. È anche vero che pochi reggerebbero il confronto con realtà musicali straniere. Se poi mi chiedi perché non partite e ci provate la ragione è puramente economica. Non ci piace l’hobbismo.
Casablanca e quel sound anni ’70 e ‘80. Di preciso cosa avete voluto riportare al futuro?
Quello che in Italia sta dormendo da tempo: la musica rock è stata messa in secondo piano, del resto saper suonare o cantare costa fatica. Abbiamo amato gli anni ’70 e ’90 musicalmente e ci sembrava ovvio ritornarci, anche se ci sono realtà che non hanno mai smesso di farlo.
Elettronica e contributi? Come, dove e quando?
Poca e dove serviva, è un disco molto chitarristico, pochi synth analogici e parecchio pathos.
Una domanda che mi ha sempre incuriosito. Cosa spinge a dare per un disco il proprio nome?
La mancanza di un titolo che convinca tutti, ahah.
Casablanca nel panorama di oggi. Voi che siete veterani della scena, come immaginate il futuro del vostro e di tutti i dischi che verranno?
È difficile ma cercheremo di suonare tanto, registreremo ancora tanto materiale e faremo del nostro meglio per dare un’alternativa alla musica che sta annichilendo quest’arte e con noi mi auguro tante realtà spesso sottovalutate.
Angelo Rattenni