Rieccoci qui, benvenuti nella seconda parte della nostra ricerca del tono!
Nel precedente articolo siamo partiti dalla nascita dello strumento elettrico e della sua evoluzione storica. Abbiamo studiato come una corda vibrante si trasformi in segnale elettrico e quindi abbiamo analizzato i legni che compongono il corpo e quelli utilizzati per il manico.
È ora tempo d’analizzare l’ultima parte lignea dello strumento: la tastiera. Le tre essenze più comunemente utilizzate per costruire la testiera sono:
– Acero (maple)
– Palissandro (rosewood)
– Ebano (ebony)
Negli ultimi anni la scarsa reperibilità di questi e le leggi sulla tutela dell’ambiente hanno portato le aziende a sperimentare legni e tecnologie alternative, che qui eviteremo di affrontare in quanto ancora in fase sperimentale e non ancora sostituti validi.
Per quanto la tastiera sia in proporzione solo una piccola parte dello strumento ricopre un duplice ruolo, fondamentale per il sound e il feeling. È esattamente da qui che la vibrazione della corda inizia a trasmettersi ed è fondamentale che sia estremamente risonante, motivo per cui vengono utilizzati solo legni molto duri. Oltretutto è anche la parte dello strumento con cui noi entriamo di più in contatto e che ci permette di avere o meno una buona scorrevolezza sulle corde.
Facciamo una duplice analisi della tastiera :
– Acero : l’attacco della nota è velocissimo, il tono risulta molto brillante e carico di frequenze medio alte. Essendo un legno molto chiaro solitamente viene verniciato per evitare che si annerisca suonando, ma la presenza della vernice può risultare fastidiosa e creare attrito durante l’esecuzione.
– Palissandro : dall’attacco più morbido, ben bilanciato ma dal tono sicuramente caldo, risulta particolarmente persistente il sustain , in particolare sulle frequenze medie. I colori variano dal marrone al viola scuro, passando per arancioni carichi e venature rosso intenso. La grana porosa ma compatta lo rende gradevole e veloce al tatto.
– Ebano : velocissimo, dal suono prepotente, è un tenore in giacca e cravatta, dagli acuti precisi ai bassi tondi e definiti. È sicuramente il legno più compatto che si utilizza in questo settore e in alcuni casi è quasi incredibile credere che sia legno tanto siano invisibili pori e venature. È estremamente veloce e “freddo” al tocco, offre pochissimo attrito e per questo può essere considerato un’arma a doppio taglio.
Parallelamente ai materiali utilizzati, sono fondamentali altri due fattori, poco conosciuti. Il primo è il radius, un tratto dell’arco che il legno assume equivalente al raggio del cerchio. L’altra componente fondamentale per il tono e l’espressione sono i tasti. Se guardiamo la nostra chitarra o il nostro basso appoggiando la guancia sulla paletta e guardando verso il ponte notiamo che la tastiera non è piatta, bensì curva. Forma un arco, per convenzione misurato in pollici, la cui misura equivale al raggio necessario a ottenere un cerchio: un tratto di tale circonferenza coinciderà quindi esattamente con la curvatura della nostra tastiera.
Possiamo trovare sui nostri strumenti le più disparate dimensioni di radius, ognuna con le proprie caratteristiche. Il concetto base però è molto semplice : più una tastiera è curva, maggiore dovrà essere l’action delle corde. Suddividiamoli in 3 gruppi:
– Vintage : radius 7,25” comodo sulle parti ritmiche in quanto la mano si adatta bene alla rotondità della superficie. Lo si trova principalmente sulle vecchie Fender o chitarre anni ’60-’70.
– Normal : radius 9,5” 10” 12” essendo una via di mezzo risulta abbastanza comodo sia per le parti ritmiche che per quelle soliste. Molto comune, dagli strumenti più vintage a quelli più moderni.
– Modern : radius 16” 20” molto piatto, ci offre la possibilità di abbassare notevolmente l’action del nostro strumento rendendolo velocissimo ma a discapito della parte ritmica, in quanto le corde centrali risultano scomode da schiacciare durante l’esecuzione del barrè.
Terminate tutte le analisi inerenti la parte lignea dedichiamoci ora alla scoperta delle varie tipologie di tasti che il mercato offre, analizzando forme, dimensioni e materiali.
I tasti come forse tutti sanno sono le barrette metalliche che frazionano la tastiera dello strumento. Nella maggior parte dei casi sono composti da una lega di acciaio con quantitativi di argento variabile, ma esistono anche in ottone, acciaio inox, oro e in leghe più morbide (diverse da costruttore a costruttore) utilizzati su strumenti economici. La durezza del tasto è importante non solo per questioni di durata dello stesso, ma anche perché una buona sensibilità alla vibrazione è fondamentale affinché lo strumento suoni
in maniera corretta. Curioso notare che più un tasto è duro, minore sarà la durata della vita della corda, la quale si logora a causa all’attrito tra i metalli.
Affinché uno strumento suoni nitido è fondamentale che le sommità dei tasti siano tutte perfettamente alla stessa altezza: eventuali buchi o dislivelli causeranno dei ronzii dovuti allo sfregamento accidentale della corda in altri punti della tastiera. Una tastiera perfetta ha il crown dei tasti completamente adiacente al legno e quindi anche perfettamente
aderente alla curvatura del radius . Ogni tasto, inoltre, presenta i bordi svasati e stondati affinché non risulti
fastidioso mentre il musicista suona. Ne esistono in commercio svariate forme e dimensioni, tante da parlarne per giorni. Per comodità le suddivideremo in 3 categorie :
– Narrow : sono i tasti vintage, quelli utilizzati in passato e ora praticamente inutilizzati, sottili e bassissimi, molto comodi ma estremamente lenti in quanto i polpastrelli fanno facilmente attrito sul legno. Vengono utilizzati esclusivamente su restauri di strumenti antichi o su rarissime chitarreacustiche o elettriche.
– Medium : come dice il nome, sono una misura intermedia. L’altezza non eccessiva permette di arrivare ad avere contatto con il legno quando schiacciamo la corda, mentre la larghezza può variare. È un tasto comodo e facile da suonare ma non velocissimo, è difficile che la nota risulti stonata in seguito a un’eccessiva pressione dei polpastrelli ma come già detto si ha la sensazione di contatto con il legno.
– Wide : sono tasti molto grandi, sia alti che larghi. Di concezione moderna, vengono montati sia su chitarre che bassi e offrono il vantaggio di rendere nullo il contatto con la superficie sottostante al tasto e di velocizzare l’esecuzione di tecniche come i legati, il tapping e il bending. Al contrario degli altri, bisogna stare attenti a dosare la pressione dei polpastrelli altrimenti il rischio è che la nota risulti crescente.
Per concludere il discorso andrebbero presi in considerazione i dot, cioè i “segna posizione” di riferimento sulla tastiera, ma di cui penso non sia necessario stare a discutere in maniera troppo approfondita. L’esperienza ci ha portato a notare come il feeling sia diverso tra tastiere dotate di binding (bordo di finitura es. Les Paul custom) e quelle sprovviste in stile fender.
Nel primo caso, la bordatura implica la presenza di uno spigolo vivo sul bordo della tastiera il quale può risultare scomodo mentre si suona. A non presentare questo piccolo difetto invece sono appunto i manici senza binding sui quali spesso è presente un lieve stondo che rende più armoniosa la presa del manico.
In alcuni rari casi la tastiera viene estremizzata, presentando dei piccoli avvallamenti che corrono perpendicolari al manico e paralleli ai tasti, i quali servono a eliminare completamente ogni minimo contatto con il legno. Questo tipo di costruzione viene definita “scalloped”.
Con questo chiudiamo l’analisi di tutte le componenti costitutive dello scheletro dello strumento, nei prossimi articoli andremo ad analizzare tutte quelle parti che possono essere “customizzate” e che fanno il colore di ogni nostro piccolo gioiellino.
Dario Ferrari & Matteo Gherardi
(Voodoo Guitars)
ExitWell Magazine n° 1 (marzo/aprile 2013)