Giordano Sangiorgi nasce a Faenza (RA) il 23/02/1960. Nel 1997 ha prima ideato e poi organizzato il MEI (Meeting delle Etichette Indipendenti), la più nota e importante manifestazione delle produzioni indipendenti in Italia. È presidente dell’AudioCoop, il coordinamento delle etichette discografiche indipendenti italiane di area pop-rock, e coordinatore del Tavolo della Musica, che riunisce le principali associazioni nazionali discografiche e di promozione della musica in Italia. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per parlare con lui del suo lavoro e per raccontarci la sua esperienza, e per avere anticipazioni della prossima edizione del MEI che si terrà a Faenza il 27, il 28 e il 29 settembre 2013.
Il MEI (Meeting delle Etichette Indipendenti) e AudioCoop sono da tempo due realtà affermate nel settore musicale e due punti di riferimento per il panorama indipendente. Volevo chiederti di parlarci delle tue esperienze personali e professionali che ti hanno portato all’ideazione e allo sviluppo di questi due progetti.
Ho iniziato ad organizzare concerti intorno ai venti anni, complice anche il mio impegno politico e la ricerca di occasioni di aggregazione. Erano occasioni di incontro, di comunicazione e di solidarietà, che trovavano molto consenso tra i giovani, un modo per contrastare i disagi dell’epoca, come l’avvento delle droghe pesanti o il disinteresse generale verso forme di socializzazione o di volontariato. Questo tipo di esperienza, estremamente soddisfacente, mi ha portato successivamente alla realizzazione di eventi a Faenza, come alcune Feste delle Autoproduzioni, dove mi accorsi – anche grazie alla mia adesione al Circuito Nazionale dell’Arci – dell’esistenza di una forte necessità di espressione da parte di tutte le forme musicali meno note, attraverso l’autoproduzione e organizzazione di dischi ed eventi live. Da tutto questo sono quindi nate due idee: la creazione di un festival, il Meeting delle Etichette Indipendenti, che avesse al centro il disco, il progetto musicale, e riunire attraverso Audiocoop le piccole etichette discografiche indipendenti ed essere i loro portavoce. Queste intuizioni hanno dato vita ad uno dei marchi più importanti della nuova scena musicale e ad un’associazione di piccoli discografici che prima non avevano alcuna rappresentanza nelle istituzioni, nella SIAE, e in tutti i luoghi in cui si discute delle politiche del settore e delle ripartizioni.
Nell’evoluzione di queste iniziative, oltre al vostro lavoro, quanto è stata determinante la risposta degli artisti, delle etichette e dei fruitori di musica, tanto da fare del MEI la grande manifestazione che è oggi?
Quando abbiamo iniziato certo non ci aspettavamo che il MEI diventasse una manifestazione di rilievo nazionale, con partnerships anche al di fuori dei confini italiani. In questi venti anni il MEI ha subito cambiamenti radicali nella struttura e nella proposta, riuscendo a espandersi e a crescere perché è riuscito a invertire una certa forma mentis, per cui essere indipendenti significava essere degli “sfigati”: al contrario abbiamo valorizzato il concetto di indipendente come colui che riesce a proporre validi percorsi artistici alternativi arrivando comunque a una più o meno ampia fetta di pubblico. Questo è stato dimostrato da tutti gli artisti che con noi hanno voluto condividere questo percorso: per il MEI sono passati Afterhours, Subsonica, Baustelle, Negramaro, Caparezza, solo per citarne alcuni, che in seguito hanno scalato le classifiche di concerti, dischi venduti e downloads. Oggi abbiamo Erica Mou, i Blastema, i Cani, lo Stato Sociale, che insieme ad altri sono destinati a costruire la musica futura del nostro Paese. Siamo anche contenti di essere riusciti a dare coraggio a tanti altri promotori di iniziative legate alla scena indipendente: per me è stato motivo di orgoglio quanti “figli” e “fratelli minori” (non certo dal punto di vista qualitativo, ma semplicemente anagrafico) del MEI hanno cercato dopo di noi di valorizzare il marchio dell’indipendenza, marchio che fino a metà anni Novanta (prima della nascita del MEI) non veniva considerato.
Riallacciandomi a quanto hai appena detto, noi di ExitWell nello scorso numero abbiamo intervistato Andrea Appino, storico frontman degli Zen Circus, in occasione dell’uscita del suo primo album solista. Con l’occasione abbiamo fatto con lui un’interessante riflessione sull’evoluzione del panorama indipendente, sui suoi incontri/scontri con il mainstream e la percezione che il grande pubblico ha di questo specifico settore musicale. Qual è la tua opinione in merito?
Il grande pubblico ignora totalmente la scena della musica indipendente, e comunque non conosce queste differenze, anche perché stiamo andando verso un consumo di massa di singoli brani, e spesso non si conosce neanche il nome dell’artista, figurarsi il tipo di produzione che c’è dietro. In un mercato di massa molto consumistico che punta tutto sui singoli la distinzione tra indipendente e non è praticamente inesistente. Il pubblico – e con esso anche molti artisti – comincia invece a percepire la differenza tra il Made In Italy e la musica globale: ci si accorge infatti molto più di prima di come la globalizzazione, nel settore musicale, stia pian piano colpendo anche gli artisti nazionali più affermati che non hanno più le grandi case discografiche multinazionali alle loro spalle e devono quindi rimboccarsi le maniche e uscire anche loro con progetti che possono essere definiti indipendenti, dando vita a loro case discografiche e creando attorno a loro una crew di professionisti che si occupano dei vari settori (live, booking, management, merchandising, libri, distribuzione cd). Devo aggiungere che se oggi è attiva una rete di distribuzione legata alla musica indipendente lo si deve a chi venti anni fa ha iniziato a costruirla, partendo da una quota di mercato del 2-3% e portandola al 25% per gli album e al 35% per i singoli. Ovviamente utilizzo il termine indipendente non riferendomi a scelte stilistiche legate alla musica, ai testi e al messaggio, ma a chi finanzia i vari progetti: produzioni autonome effettuate da piccoli imprenditori non legati al circuito delle multinazionali.
Quanto è forte l’interesse del mondo politico verso queste realtà? È secondo te in atto una sorta di nuovo processo nelle istituzioni che possa portare a una maggiore consapevolezza delle potenzialità economiche e culturali della musica del nostro Paese, in risposta alla stagnazione degli ultimi anni?
Sono circa due decenni che si parla di una legge sulla musica. Addirittura il primo embrione di questa idea lo troviamo negli anni ‘70, ma una parte dei discografici non voleva fosse fatta, perché molti di essi hanno sempre inteso la musica solo come un prodotto commerciale, mentre gli artisti da sempre la intendono come un prodotto in primis culturale. Dopo una fase di forte interesse nel 1996, con Walter Veltroni vicepresidente del Consiglio e Ministro dei Beni Culturali, e con i tentativi di attuazione di alcuni punti del programma a favore della musica indipendente durante il secondo governo Prodi (2006-2008), occasione purtroppo non concretizzatasi a causa della caduta del governo, oggi il governo Letta – con alcuni suoi esponenti come Massimo Bray (Ministro dei Beni e delle Attività Culturali), Stefano Fassina (Viceministro dell’Economia e delle Finanze) e Cécile Kyenge (Ministro dell’Integrazione) – ha dimostrato un nuovo interesse verso questo tema e verso la volontà di sistematizzare questo settore, riconosciuto come un prodotto d’eccellenza del nostro Paese che offre grandi possibilità di occupazione e di indotto.
Prima di salutarci, volevo chiederti una piccola anticipazione su cosa troveremo al MEI 2013, e su eventuali progetti che hai in serbo per il futuro.
Credo sia necessario, visto l’inasprimento della crisi economica, di aumentare la sinergia tra gli operatori del settore e di fare fronte comune, un appello che noi del MEI stiamo lanciando da diversi anni e che fortunatamente ha già trovato riscontri positivi. Ad esempio a fine settembre premieremo una serie di festival che hanno reagito alla crisi e alla difficoltà di reperire fondi attraverso il lavoro comune, mantenendo vive queste manifestazioni. Nel futuro sarà sempre più necessario avviare progetti in comune tra i diversi operatori del settore: solo così sarà garantita la sopravvivenza della filiera. Inoltre mi auguro si riescano ad ottenere nuove norme che possano essere immediatamente attuative: abbiamo ad esempio richiesto il tax credit (che permette di compensare debiti fiscali con il credito maturato in seguito ad un investimento nel settore, ad oggi esistente solo per quello cinematografico), e quote nelle radio e nelle tv pubbliche a disposizione degli esordienti, in modo che vengano moltiplicati gli introiti per il settore abbattendo i costi. Per quanto riguarda il MEI 2013 – che avrà luogo a Faenza dal 27 al 29 settembre con 72 ore di musica e notte bianca sabato 28 – avranno luogo i festeggiamenti per i venti anni di neo-folk indipendente: festeggeremo il primo ventennio di questa nuova produzione indipendente con forti legami nella tradizione ma sempre proiettata nel futuro.
Ringraziamo Giordano Sangiorgi per la disponibilità e per la gentilezza. Potete trovare altre notizie sulla sua esperienza nel suo libro “Romagna Nostra – Autobiografia semiseria di un promoter predestinato”, edito dalla casa editrice Zona. Ricordiamo anche il MEI 2013, che si terrà a Faenza dal 27 al 29 settembre, dove sarà presente anche ExitWell come media partner! Ci si vede al MEI!
Flavio Talamonti
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